martedì
24 Giugno 2025
intervista

La rivoluzione del Ravenna Fc parte dal vivaio: «Dobbiamo diventare un riferimento»

Federico Turchetta è il nuovo responsabile del settore giovanile, affiancato per la cura della metodologia da Giulio Pastecchia (ex Empoli): «Aspettiamo il nuovo centro sportivo, ma intanto alziamo il livello. E dobbiamo distinguerci per stile, in campo e fuori»

Condividi

La rivoluzione, nel calcio a Ravenna, parte dal settore giovanile. Il nuovo responsabile Federico Turchetta usa termini e si pone obiettivi probabilmente mai visti e sentiti da queste parti, a livello di vivaio. E ad affiancarlo ci sarà Giulio Pastecchia, in arrivo nientemeno che dall’Empoli. [pro_ad_display_adzone id=”326058″]Con esperienze all’estero (tra cui quella in Kuwait per conto dell’academy del Milan) e una recente esperienza in una delle realtà più innovative d’Italia nel settore, il Sudtirol, Turchetta si definisce «un eterno studente», lui che in realtà anche insegna, come la passata stagione trascorsa a fare formazione per allenatori.

«Ho fatto studi psico pedagogici-umanistici, amo gli approcci multidisciplinari su più campi e materie, dalle neuroscienze alla pedagogia e alla filosofia», ci racconta. «Oggi – continua – i formatori-allenatori fanno la differenza, perché i ragazzi giocano meno fuori dal centro sportivo e sono sempre più digitali, “istantanei” mi verrebbe da dire, quindi con una soglia di attenzione più bassa. Sono quindi affascinato dalle varie metodologie con cui trasferire qualcosa ai ragazzi, la comunicazione deve essere diversa, si deve basare sull’aspetto caratteriale, sulla gestione dell’emotività»..

Dall’alto di varie esperienze all’estero, qual è il limite dei vivai italiani?
«Io credo sia il pensiero, la cultura, che banalizza, che guarda al risultato nel breve periodo e che spesso vede il settore giovanile solo come una spesa. All’estero investono in infrastrutture, in seconde squadre, che sono un ponte di mezzo per i ragazzi, che invece da noi a 20 anni giocano ancora in Primavera».

A Ravenna può nascere quindi un progetto diverso?
«Il progetto che mi ha proposto Davide (Mandorlini, ndr), che è una persona di grande profondità, vuole far diventare Ravenna un punto di riferimento per i ragazzi del territorio, che non devono più andare via a cercare fortuna. Si respira già aria di cambiamento. Per raggiungere i nostri obiettivi ci vuole pazienza, si dovrà instaurare un rapporto con le società del territorio, dovremo essere “aperti”, collaborare, organizzare incontri di formazione per i loro allenatori».

Le strutture, a Ravenna, però ancora mancano.
«Il progetto del nuovo centro sportivo deve essere un obiettivo, ma cito l’esempio del Medio Oriente, dove il calcio si fa anche “in mezzo alla guerra”: noi in darsena, o a Fosso Ghiaia, possiamo farcela, dobbiamo alzare il livello».

Cosa chiedete ai nuovi mister?
«Non mi interessa il curriculum ma la condivisione e la passione in quello che si fa. Devono essere giovani di testa, con continui stimoli a voler crescere. Con Giulio metteremo in atto un percorso metodologico che dovranno seguire tutti, dagli under 8 alla Juniores, in modo che tutti i ragazzi si riconoscano all’interno del “gioco”. Un progetto in cui più che la struttura a noi interesserà l’intensità cognitiva: andremo a incidere anche negli aspetti emozionali, relazionali e psicologici. Io e Giulio siamo i responsabili ma anche gli allenatori di tutti, saremo sempre sul campo, tra le varie annate».

Che scelta avete fatto sulle rose?
«Quella di confermare tutti, perché bambini e ragazzi non li valuto dal percorso precedente. Li valuteremo invece con le nuove metodologie di allenamento, diverse da quelle precedenti. E al tempo stesso attiveremo il nostro reparto scouting per schedare e prendere informazioni. Credo molto nella ripresa video per velocizzare il processo di apprendimento. Deve essere comunque chiaro che ora l’asticella si alza, che Ravenna fa selezione. Con la consapevolezza che ogni ragazzo va allenato, che ha margini di crescita ed è patrimonio della società, non del mister. E se merita, per esempio, è giusto metterlo sotto età».

E i genitori?
«Ci teniamo molto a educare l’ambiente, a spiegare come i figli vadano accompagnati in maniera serena. Non esistono fallimenti. Vogliamo che i genitori vengano a vedere le partite con un atteggiamento corretto, che possano pensare di essere fortunati ad averlo, un arbitro, che è un ragazzo come i loro figli. La prima cosa che ci chiedono, dall’alto, è che ci vuole stile, che Ravenna deve essere riconosciuta per un percorso di profondità nella formazione ma anche nei comportamenti in tutta Italia».

Condividi
Contenuti promozionali

DENTRO IL MERCATO IMMOBILIARE

CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

Un appartamento storico dallo stile barocco e la rinascita di Villa Medagliedoro

Alla scoperta di due progetti di Cavejastudio tra Forlì e Cesena

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi