I traghetti che attraversano il mar Caspio dall’Azerbaigian al Turkmenistan non hanno orari prestabiliti, si va al porto di Baku e si aspetta che ne parta uno. Tra i veicoli in attesa nel piazzale oggi, 29 luglio, c’è anche “la Fogna”, il soprannome dato da tre trentenni ravennati alla Toyota Yaris con cui stanno partecipando al Mongol Rally, la corsa non competitiva ideata da una società inglese per raccogliere fondi a scopo benefico. Il trio, che ha scelto di ribattezzarsi “Topi di fogna” prendendo spunto dal film Rat Race, ha lasciato Ravenna il 12 luglio a bordo dell’utilitaria da mille centimetri cubici di cilindrata (limite massimo concesso dal regolamento) e in due settimane e mezzo ha macinato circa un terzo dei 14mila km previsti per raggiungere la regione di Oksemen in Kazakistan (il traguardo ufficiale non è più in Mongolia per evitare il passaggio nel territorio russo). Non vince chi arriva primo, ma vince chiunque riesce ad arrivare.
Un solo imprevisto meccanico finora: «Nello spostamento da Istanbul alla Cappadocia – ci racconta Massimiliano Farina con un vocale inviato via Telegram sfruttando la benevolenza di una pessima connessione internet – all’altezza di Ankara ci siamo trovati ad affrontare una salita con 37 gradi di temperatura e il liquido del radiatore è andato in ebollizione». Rifiutata l’offerta di un meccanico turco che proponeva di smontare tutto il motore, Farina & Co (Luca Senni e Antonio Capone gli altri membri dell’equipaggio) hanno sfruttato la consulenza telefonica dell’officina Contessi di Ravenna e hanno proseguito.
La curiosità: a Istanbul in vendita souvenir con mosaici di Ravenna
A parte il tentativo truffaldino del meccanico asiatico, finora l’italianità è stata un pass molto efficace: «Quando diciamo che siamo italiani la gente si illumina e di solito cominciano a parlarci di calcio. Ma in generale è una bella sensazione essere accolti così». E, a proposito di patriottismo, un aneddoto arriva dai negozi di souvenir di Istanbul: «Abbiamo trovato dei portachiavi con mosaici che non sono in Turchia ma sono a Ravenna».
Per la vettura l’ultimo tratto di percorso prima di Baku è stato meno faticoso perché fatto a bordo di un camion: «Non è possibile attraversare la frontiera tra Georgia e Azerbaigian in autonomia. Il motivo? Non lo sa nessuno. Ufficialmente è per Covid, ma ormai non è più credibile. E quindi si può solo spedire l’auto via camion e noi abbiamo preso un aereo da Tblisi». La Yaris è arrivata più leggera: i controlli alla frontiera non hanno risparmiato nessun angolo del veicolo e rispetto alla partenza mancavano un po’ di provviste di cibo, dei medicinali e un rotolo di nastro adesivo americano.
«Finora abbiamo fatto la parte più facile del viaggio – riconosce Farina –. Quando riusciremo a partire con il traghetto comincerà la parte più difficile». Le voci al porto ipotizzano che alle 5 di domani, 30 luglio, potrebbe salpare la nave per Aktau (Kazakistan). In atteso di imbarco anche altri quattro degli oltre duecento equipaggi iscritti all’avventura. Anche sull’attraversamento sembrano esserci numeri incerti per la durata: «Qualcuno dice 8 ore, qualcuno dice 12, qualcuno 30». Una volta tornati al volante, rotta verso il Turkmenistan: «Ci vorranno cinque giorni per attraversarlo, saremo senza connessione internet e senza accesso ad alcun social network. Lo Stato è una dittatura, lo chiamano la Korea del nord dell’Asia centrale».
Burj al Babas, il villaggio fantasma con 500 finti castelli in abbandono totale
Dai cinquemila km già percorsi la foto scelta come cartolina da ricordare viene dalla Turchia nord-occidentale: Burj al Babas Villa, a circa tre ore di distanza da Istanbul. Nel 2014 venne annunciata la costruzione di un villaggio residenziale esclusivo extra lusso, ma dopo dieci anni è uno dei fallimenti immobiliari più ingenti e catastrofici della Turchia. Nel 2018 furono costruiti più di cinquecento edifici da 325 mq tutti uguali che copiano i castelli francesi e tedeschi (fonti di stampa dicono che 350 furono venduti a cifre tra i 370mila e i 500mila dollari). Nel 2019 il fallimento delle aziende costruttrici ha lasciato tutto in abbandono. «Oggi c’è un guardiano che impedisce l’ingresso, ma se pagato sotto banco consente di entrare e ci si trova a visitare una città completamente deserta».
Infine un aggiornamento sulla raccolta fondi online sulla piattaforma Gofundme: quasi tremila euro. Gli avventurieri ravennati – che lavorano tra Milano e Bologna nel mondo della consulenza aziendale e dell’informatica – hanno scelto di aiutare l’assistenza ai malati di Alzheimer della casa di riposo Rosa dei Venti e l’associazione che aiuta le bambine affette dalla sindrome di Rett.