Ne parlano le titolari di due botteghe che vendono alimentari e prodotti per le pulizie, nate a Ravenna dopo la pandemia: i clienti portano recipienti riutilizzabili da casa, approccio slow in contrapposizione al modello supermercato
La spesa del futuro è sfusa. O, almeno, dovrebbe esserlo per ridurre lo spreco. Quello che sembra un ritorno al passato, alle vecchie botteghe di paese tra bilance e involucri di carta, in realtà può essere una soluzione attuale ed efficace. Anche a Ravenna, negozi di questa natura sono sempre più diffusi, e a raccontarci qualcosa di più su questo tipo di spesa sono due titolari di “sfuserie” della città, Eleonora Balella (SfusoPiù, in via Giacomo Battuzzi) e Sara Fenati (Piccoli Gesti sfuso, in via Oberdan).
Entrambe le realtà sono nate a seguito della pandemia e sono accomunate da una vocazione condivisa: «Lavoravo come insegnante di spagnolo – racconta Balella, che all’interno del suo negozio vende prodotti per le pulizie domestiche e del corpo, ma anche accessori per la casa -. Il lavoro mi piaceva, ma l’improvviso tempo libero derivato al lockdown mi ha dato modo di riflettere e di ascoltare quella che per me era una vera e propria necessità. Avrei voluto fare spesa in un negozio simile in città, ma non c’era, così ho deciso di aprirlo». Anche la bottega di Fenati ha uno spazio dedicato a saponi e cosmesi, ma il fulcro dell’attività riguarda il reparto alimentari, tra pasta, cereali e farine, frutta secca, funghi, alghe e proteine vegetali: «Nell’immediato post pandemia tenevo in braccio mia figlia appena nata e pensavo di star vivendo in un ambiente che non mi apparteneva: dopo essermi laureata come educatrice ho iniziato a lavorare nel settore ortofrutticolo, ma vedevo sprechi ovunque. Volevo creare qualcosa che potesse rimanere anche a mia figlia. È un negozio nato per me, oltre che per dare un’alternativa in più alla città».
Nelle botteghe di sfuso i saponi vengono venduti “alla spina” o tagliati sulla bilancia e i generi alimentari si acquistano “al chilo”. La merce è contenuta in grandi vasi vetro, solidificata (come nel caso di alcuni shampoo e balsamo) o impacchettata in modo sostenibile, con certificazioni ecologiche e biologiche.
I clienti sono invitati a portare con sé i propri recipienti riutilizzabili per contenere gli acquisti ma, in caso di dimenticanza, vengono messi a disposizione contenitori di recupero o imballaggi biodegradabili in carta alimentare, in modo da abbattere rifiuti e sprechi ed evitare completamente l’utilizzo di plastica monouso. «È un’idea di spesa diversa da quella che si può fare al supermercato, rapida e senza pensieri, ma che porta con sé un tragico rovescio della medaglia – spiega Fenati –. In un posto come questo inoltre, si crea un rapporto che va oltre all’acquisto: dietro al bancone che può sembrare quello di un bar, si scambiano due chiacchiere in un ambiente intimo e famigliare. Il lato umano diventa preponderante». Balella aggiunge: «Bisogna combattere i preconcetti, in molti pensano ancora che la spesa sfusa sia scomoda o addirittura più costosa. Nulla di più sbagliato. Comprare sfuso dà la possibilità di fare piccole scorte casalinghe evitando l’accumularsi dei rifiuti, avendo anche un ritorno economico non indifferente: i prodotti sono spesso estremamente concentrati, si utilizzano in quantità minori e durano di più. Inoltre, molti articoli sono multiuso e si riduce l’accumulo in casa».
Entrambe le botteghe si trovano volutamente ai margini del centro, in zone raggiungibili con la propria automobile, per consentire alla clientela una spesa famigliare consistente ragionata, e non solo un acquisto sporadico o un’idea regalo.
Ad oggi, la clientela delle “sfuserie” nel ravennate è tipicamente femminile, ma eterogenea per età: «Il negozio è frequentato da giovani universitarie come da casalinghe di mezza età, che stanno riscoprendo una spesa diversa», annota Balella. Fenati racconta invece di come un gruppo di studenti abbia scelto di parlare della sua attività per un progetto legato alla sostenibilità ambientale.
Nel prossimo futuro attività simili sembrano destinate a prendere sempre più piede in città: «Le nuove generazioni stanno aprendo gli occhi, i segnali sono molto positivi e la sensibilità è alta. Mio figlio di otto anni è il mio primo fan – dice Balella –, parla agli amici di quello che faccio e raccoglie pareri entusiasti. Ne sono felice perché ho iniziato questo viaggio anche per lasciargli un mondo migliore in cui vivere. Il passaparola fa il suo, ed è bello vedere clienti sempre nuovi in negozio. Certo, la strada è ancora lunga. Ravenna non è una città facile da far cambiare nelle ideologie, ma si parla sempre più spesso del tema. Penso che uno stile di vita attento potrebbe diventare una bellissima “moda”, e diffondersi sempre di più, qui come altrove, nell’interesse del pianeta».