mercoledì
25 Giugno 2025
l'intervista

A “scuola” di Cina per far cadere le barriere: «Ma a Ravenna l’integrazione è reale»

Ne parla l'esperta Paola Bianchi, che conduce corsi e laboratori per adulti e bambini

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Paola Bianchi Cina

«Conoscere la cultura di un paese è l’unico modo per capirlo veramente. Ciò che sembra assurdo, anche a livello linguistico, prende significato e le barriere iniziano a cadere».

Paola Bianchi, di origine bresciana ma ravennate d’adozione, è un’esperta di cultura cinese che lavora sul territorio per assottigliare le distanze tra due patrimoni intellettuali tanto diversi. La passione per l’Oriente nasce quasi per caso: «Sono cresciuta in una casa frequentata da artisti provenienti da ogni parte del mondo. Questa dimensione internazionale mi ha portata a essere sempre più curiosa verso gli altri popoli, senza avere però una particolare predilezione per la Cina. Gli studi di lingue e culture orientali a Cà Foscari sono stati una vera folgorazione». Nel 2003 – dopo aver conseguito la laurea nella prestigiosa università veneziana e un corso di perfezionamento linguistico a Pechino – Bianchi lavora per quasi un anno per un’azienda francese a Shangai, entrando sempre più in contatto con la cultura locale. «Durante i miei studi ho capito che è impossibile comprendere una lingua straniera così lontana dalla nostra senza conoscere gli aspetti culturali che la formano».

Per questo motivo oggi la sua occupazione principale è legata alla divulgazione culturale, ancor prima che all’insegnamento della lingua, organizzando laboratori per adulti e bambini. I corsi dedicati agli adulti riguardano principalmente esercizi di calligrafia con china su carta di riso o talk di approfondimento su tradizioni antiche ma ancora poco conosciute nel nostro paese, come il capodanno cinese.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la preparazione di commerciali e addetti marketing all’incontro con clienti cinesi: «Al fine di concludere una buona trattativa, il linguaggio del corpo e il contesto culturale sono fondamentali. Con la globalizzazione le distanze sono più sottili, ma una buona preparazione ha sicuramente il suo impatto. Il numero 4, ad esempio, porta sfortuna nella tradizione cinese. Sarebbe bene non far alloggiare mai un cliente al quarto piano dell’hotel, o nella stanza 4, 14, 44… L’8 invece è un buon numero, simboleggia l’abbondanza». Anche al ristorante va seguita una certa etichetta: «Infilzare il cibo con le bacchette è un gesto di pessimo gusto, perché ricorda un rito funebre. Meglio appoggiarle in parallelo vicino al piatto. Anche il bianco è considerato un colore da funerale, nonostante per noi simboleggi la purezza e l’innocenza».

Corsi Cinese

Per i bambini, la scoperta della cultura cinese diventa invece un gioco, tra realizzazione di maschere del drago e lanterne tradizionali. «Spesso, gli adulti che scelgono di frequentare questi corsi hanno già una passione particolare per l’oriente, o un fine lavorativo per cui farlo. I bambini invece, sono davvero delle “spugne”, accolgono la diversità con entusiasmo e devo dire che Ravenna è particolarmente ricettiva in questo. Uno degli esercizi più emblematici è quello della “Via della Seta”, dove io interpreto un mercante cinese e gli studenti gli abitanti degli stati che si trovano lungo il percorso. Il gioco consiste nello scambio di tipicità locali, approfondendone l’origine e il valore. Nel Ravennate, l’esercizio assume una connotazione diversa: molte classi sono composte da bambini di provenienza diversa, felicissimi di portare e scambiare oggetti appartenenti alla loro cultura. Così, nelle vesti del mercante cinese che cammina lungo la “Via della Seta” invece che passare per Uzbekistan, Iran e Kazakistan mi ritrovo ad attraversare Marocco, Italia o Europa dell’Est, in una bellissima esplosione di multiculturalità».

I corsi di Bianchi si rivolgono anche ai ragazzi cinesi che vogliono approfondire la lingua italiana, esercitandosi nella conversazione: «Si tende a pensare alla comunità cinese come “chiusa”, ma non è così. I giovani, soprattutto, hanno tanta voglia di ibridazione. Ravenna, da questo punto di vista, è ineccepibile. Nonostante la comunità cinese sia presente e vivace, non esiste una “chinatown” né una ghettizzazione di sorta. I cinesi sono perfettamente stratificati nel tessuto sociale ravennate, gestendo attività di diversa natura e integrandosi in maniera sempre più efficace, una volta superata la barriera linguistica e valutando il giusto contesto sociale, età e provenienza. Noto anche la partecipazione sempre più nutrita ai progetti dedicati all’integrazione e alla multiculturalità, come i miei. Sarò di parte, ma lo trovo un mix meraviglioso».

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