martedì
17 Giugno 2025
Ambiente

I geologi intervengono sulle criticità del territorio

Secondo Paride Antolini, presidente dell’Ordine regionale, la pulizia intensiva dei fiumi può solo aggravare una situazione già precaria: «No alle soluzioni semplicistiche, o la salvezza di un paese può trasformarsi nella fine di un altro»

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Vista aerea delle infiltrazioni di acqua attraverso l'argine del fiume ricostruito a Traversara (foto Robert Gavrelescu)

«In questa situazione di conclamata  crisi climatica si sentono ancora slogan che dicono “noi alle piogge eccezionali non ci abbiamo mai creduto”, oppure chi pensa che soluzione finale sia la pulizia dei fiumi commentando la visione di tronchi e ramaglie trasportati dai fiumi come la prova di quanto dicono, ignorando che su una asta fluviale esiste un reticolo idrografico di migliaia di chilometri che si estende con i suoi fossi, rii, e torrenti in tutto l’appennino.  Con le piogge intense, tipiche di questa crisi climatica il ruscellamento dell’acqua provoca oltre che a un elevato trasporto solido di terra causato dall’erosione, anche la raccolta e il trasporto verso i torrenti del legname delle alberature morte» così Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia-Romagna commenta la situazione del territorio dopo le ultime esondazioni. Secondo gli esperti, il susseguirsi di piene eccezionali unito all’intervento dell’uomo che ha visto come prima soluzione quella di ripulire gli alvei, avrebbe peggiorato le criticità del territorio, innalzando la portata dei corsi d’acqua e favorendo la discesa verso valle.

«Sotto la spinta emotiva dell’opinione pubblica, abbiamo pulito i fiumi e adesso incominciano i problemi di erosione. I corsi d’acqua romagnoli non sono fiumi nella eccezione del termine ma neppure canali nell’eccezione del termine. Sono il frutto di secoli di adattamenti non più sufficienti con la crisi climatica in atto. L’estrema pulizia dei nostri fiumi può un aumento della portata, rimandando e concentrando una tracimazione più a valle. La salvezza di un paese a volte è la condanna di un altro. La semplificazione della rete idraulica con la progressiva costrizione degli alvei entro limiti prefissati, fa sì che i danni idraulici si vadano sempre più enfatizzando».

Antolini ricorda dunque l’importanza di non eliminare a prescindere la vegetazione, ma di valutare la giusta modalità a seconda delle condizioni del tratto fluviale interessato. A fare la differenza, più che alberi e legname, sono i ponti e le costruzioni operate dall’uomo: «Oramai è chiaro a tutti che i ponti sono il fulcro della questione, non ci fossero avremmo risolto alcuni dei nostri problemi. In futuro, se non riusciremo a spostare gli argini, occorrerà assolutamente rifare i ponti a campata unica. Nel passato i problemi non erano diversi da oggi, ma la memoria dell’uomo è sempre molto corta. Nella piena del Po del 1951, il materiale legnoso, flottante in grande quantità, formava ammassi di notevole dimensione utilizzati, nel Polesine, come natante di salvataggio per decine di persone. In conclusione, la gestione di un fiume è un qualcosa di estremamente complicato che non può essere semplificata con slogan e soluzioni semplicistiche» conclude il presidente.

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