mercoledì
18 Giugno 2025
l'intervista

Il cibo, che ossessione: «Ora il teatro, poi un libro. Dopo Masterchef posso creare»

Al Rasi uno spettacolo con Niccolò Califano, diventato celebre grazie alla partecipazione al talent culinario in tv. «Aprire un ristorante? Magari come imprenditore. Fare il cuoco può essere alienante, come in una catena di montaggio»

Condividi

Niccolo Califano MANGIARE TUTTO Scaled

L’ossessione per il cibo, spiegata dall’ormai celebre Niccolò Califano, quinto classificato un anno fa a Masterchef Italia, in uno spettacolo scritto insieme allo scrittore ravennate Matteo Cavezzali. L’appuntamento con “Mangiare tutto!”, nell’ambito della Stagione dei Teatri, è per sabato 18 gennaio, alle 21 al Rasi di Ravenna.

Ne abbiamo approfittato per una chiacchierata a distanza con il ravennate Califano, ormai vero e proprio influencer, con 381mila fan che lo seguono su Instagram, che ci risponde durante un viaggio in Giappone (da cui ci manda la foto qui sotto).

Niccolo Califano

Da dove nasce questa ossessione per il cibo?
«L’uomo ne è ossessionato dai tempi in cui eravamo ancora delle scimmie; nello spettacolo cerco di spiegare il perché. A livello personale, per esempio, credo di non aver mai visto mio padre non masticare. Io stesso sono prima di tutto un “mangiatore”, anche perché non penso che basti partecipare a una trasmissione televisiva per diventare chef, mi definisco piuttosto uno che sperimenta cose e a cui piace mangiare. Ovviamente il vantaggio di essere un “mangiatore” è che sviluppi un gran palato, che è fondamentale per poter poi cucinare. In generale credo che il cibo sia l’unico modo per entrare davvero in contatto con la cultura di un determinato Paese, immettendola direttamente nel proprio corpo. Ecco perché ora in Giappone mi sto sfondando di yakitori, sushi e di tutto lo street food: sto diventando giapponese “dentro”…».

Il tuo piatto preferito? Da mangiare e da cucinare?
«Sono un grande mangiatore di riso. Che è un po’ come il pane, o lo yogurt bianco, un elemento neutro che sta bene con tutto. La neutralità, in generale, in cucina mi piace, la vedo come una tela bianca su cui poter inventare qualcosa. Non credo però di avere un piatto preferito da cucinare perché è una cosa che faccio prima di tutto per gli altri. È un modo per suggellare un’amicizia, un rapporto. Quando do da mangiare voglio instaurare qualcosa di profondo: se ci riesco, quello diventa il mio piatto preferito».

Cosa non sopporti invece del mondo della cucina?
«Quando diventa molto ripetitiva. Il cuoco può diventare un lavoro alienante, tipo catena di montaggio, dover ripetere la stessa mansione per lungo tempo e in maniera continua. Quello che mi piace invece è l’atto creativo; quando diventa ripetitivo perdo la voglia di cucinare per qualcun altro, di far sorridere: diventa un lavoro nel senso brutto del termine».

Quindi non vuoi aprire un ristorante?
«Mi piacerebbe, ma da direttore creativo, per occuparmi del menù, del design, del concetto. Da imprenditore, insomma. Ma al momento non ho i soldi necessari…».

Ma come, non sei diventato ricco dopo Masterchef ? Quanto ti ha cambiato la vita?
«(Ride, ndr) Grazie alla popolarità riesco a lavorare come content creator. Mi fermano ancora per strada, è successo diverse volte anche qui in Giappone. Sono in una posizione privilegiata che mi permette di lavorare sull’aspetto “artistico” della cucina, un modo per non ripetermi e fare sempre cose nuove. Questa popolarità è però anche un piccolo ostacolo: essendo un personaggio pubblico devo trattenermi, stare attento a volte a quello che dico».

Ti sei presentato a Masterchef come medico, laureato con lode in Medicina: lavori ancora anche in quell’ambito? Cosa vuoi fare da “grande”?
«Lavoro solo 7 ore a settimana in una casa di riposo per anziani, a Ravenna. Per il resto faccio il content creator, appunto, l’attore, l’autore teatrale e tra poco anche lo scrittore. Vorrei rispondere che sono già “grande” e sto già “facendo”. In pratica, vorrei continuare ad abbracciare la filosofia della vita senza senso, sempre pronto al cambiamento. Finora mi è andata bene: continuerò così, all’insegna dell’incertezza».

Hai lavorato anche al Cau di Ravenna. Ha senso, quel progetto? Cosa ne pensi del mondo della sanità?
«Il Cau avrebbe senso, ma vanno educati meglio i pazienti. Nel periodo in cui ci ho lavorato si perdeva tanto tempo per spiegare a questo o a quell’altro che il Cau non era il posto giusto per loro. In generale, comunque, credo che la sanità vada svecchiata e in particolare rivisto il sistema dei medici di base, ho fatto per un po’ anche il sostituto in ambulatorio: hanno un carico di pazienti disumano e sono travolti dalla burocrazia. Tanto che uno smette di essere medico per diventare qualcuno che deve risolvere problemi di ogni tipo. Non è quello per cui avevo studiato».

La domanda che non sopporti più? Quella su Eleonora?
«Forse quella che mi hai fatto prima, se Masterchef mi abbia cambiato la vita, perché dopo un po’ ti stufi, come quando hai il gesso e devi raccontare sempre la stessa storia quando qualcuno ti incontra. E no, non sto con Eleonora (Riso, la vincitrice della scorsa edizione di Masterchef, con cui Niccolò ha particolarmente legato, ndr)».

Ma davvero a Masterchef è tutto come vediamo? Si riescono a fare certi piatti in mezz’ora?
«Sì, se hai un minimo di preparazione di base, come hanno tutti i concorrenti salvo alcune eccezioni, non faccio nomi. Visti con gli occhi di chi non sa cucinare forse potrebbero sembrare tutti fenomeni, ma in realtà non è così. Guardando la nuova edizione, anzi, più volte ho pensato che se tornassi indietro sarei stato molto più sicuro di me stesso. In tanti però hanno espresso i tuoi stessi dubbi, forse perché in Italia in pochi sanno fare a cucinare e la cultura culinaria media non è elevatissima: per esempio qui in Giappone mi sembra invece siano tutti più preparati ed è impossibile trovare un posto dove si mangia male, non ci sono trappole per turisti».

Chi vincerà la nuova edizione del programma?
«Essendo in viaggio mi sono perso le ultime puntate. Sono partiti tutti un po’ piano. Tra quelli che mi sembrano davvero bravi, pronostico Jack».

Il ristorante dove hai mangiato meglio in vita tua?
«Prima di tutto va detto che non sono mai andato in uno stellato, sono più per una cucina casalinga, le osterie, lo street food. Se devo citare un ristorante però dico Trippa a Milano, sono stato davvero bene. E poi l’altro giorno a Osaka, al Matsuya».

Nuovi progetti? Ti rivedremo anche in tv?
«Per la tv ci spero e incrocio le dita. Sui social di nuovi progetti ne ho tantissimi, che mi permettono di dare sfogo alla creatività, in particolare nella realizzazione di video, che ritegno una bella forma d’arte. E poi, come accennavo prima, uscirà il mio primo libro. Lo inizierò a scrivere dopo lo spettacolo. Non ho ancora ben chiaro cosa ne verrà fuori, di certo non sarà un classico libro di ricette: mi hanno dato carta bianca».

Condividi
Contenuti promozionali

DENTRO IL MERCATO IMMOBILIARE

CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

La casa di Anne

Il progetto di un'abitazione del centro di Ravenna a cura dello studio di Giovanni Mecozzi

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi