Febbre (anche alta), tosse, raffreddore: con il progredire dell’inverno i sintomi dell’influenza stagionale tornano a farsi sentire. Per chi teme che il ceppo in circolazione quest’anno sia particolarmente aggressivo, le prime rassicurazioni arrivano da Domenico Dal Re, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Ravenna e titolare della Farmacia di Classe: «Non si tratta di un’influenza più forte della norma, siamo noi ad esserci disabituati, dopo anni di pandemia e di utilizzo costante della mascherina che ci ha tenuti alla larga da influenze e raffreddori generici per lungo tempo. Queste settimane sono considerabili quelle di pieno boom di diffusione del virus e, secondo i pronostici, il picco di contagi è da aspettarsi per la fine del mese. Ovviamente, anziani e fragili restano le categorie più a rischio».
Come ogni anno, i farmaci più richiesti al banco sono antinfiammatori e antipiretici, da usare però con cautela: «La febbre è la prima difesa del nostro organismo: è prassi comune utilizzare medicinali come la Tachipirina per il loro effetto analgesico, finendo spesso col farne un uso improprio. L’ideale sarebbe assumerli solo quando la temperatura corporea supera i 38 gradi». Il farmacista raccomanda massima attenzione anche all’uso autonomo di antibiotici: «Devono essere prescritti dal medico e sarebbero da evitare nei primi giorni di influenza. Il rischio è quello di sviluppare un’alta soglia di resistenza, sempre più diffusa in Italia, e limitare gli effetti quando servono davvero. Spesso le influenze stagionali guariscono da sole in pochi giorni».
Per quanto riguarda invece la prevenzione, le indicazioni non sono troppo diverse dalle buone abitudini consolidate durante la pandemia: lavarsi spesso le mani, preferire gli ambienti aperti a quelli chiusi e eventualmente fare uso di mascherine. «Il vaccino resta comunque la migliore forma di prevenzione. Gratuito e fondamentale per le persone fragili, over 60 e per chi lavora a stretto contatto con i più piccoli. Purtroppo, nonostante le raccomandazioni, la copertura vaccinale quest’anno non è stata ottimale, contribuendo alla diffusione dei virus».
Nelle farmacie della provincia prosegue e si intensifica la ricerca di personale, da tempo sottodimensionato rispetto alle esigenze: «La mancanza di laureati nel settore farmaceutico-sanitario è argomento ormai noto. – precisa il presidente dell’Ordine -. I turni orari delle farmacie occupano quasi tutta la giornata e possono spaventare i più giovani, che spesso deviano su altre strade come quella dell’insegnamento o dell’industria farmaceutica. Anche gli stipendi, alla luce di ciò, andrebbero rivisti. Proprio in questo momento è aperto un tavolo nazionale del lavoro sulla questione, che speriamo porti a un riconoscimento maggiore della professione». Negli anni poi, il modello di servizio farmaceutico è cambiato, ma i corsi universitari non sembrano seguire lo stesso passo: «La pandemia ha segnato un prima e un dopo nel settore: la farmacia non è più intesa come dispensatrice di medicinali, ma come polo erogatore di servizi sanitari. L’università dovrebbe adeguarsi a questo nuovo assetto, con corsi di studi orientati alla parte medica piuttosto che a quella chimica. Il dovere dell’università è quello di formare professionisti sanitari a tutto tondo, che non abbiano bisogno di frequentare in autonomia corsi post-laurea per le pratiche più comuni da svolgere sul lavoro, come iniezioni, tamponi, vaccini e elettrocardiogrammi».
Tra le novità in arrivo nelle farmacie della provincia infatti, anche la collaborazione con Ausl Romagna per la misurazione della frequenza cardiaca: entro la fine di febbraio, circa la metà delle farmacie cittadine si doterà di elettrocardiogramma: «La sperimentazione è già attiva in cinque strutture e ha dato ottimi risultati – commenta Dal Re – questo servizio si tradurrà in un elemento importante per la riduzione delle liste di attesa».