Da oltre trent’anni, Cantieri Danza è il punto di riferimento per la danza contemporanea e d’autore in città. Fondata nel 1994, l’associazione è cresciuta nel tempo sviluppando progetti, azioni e “buone pratiche” che hanno contribuito a trasformare il sistema della danza a livello nazionale, inteso non solo come linguaggio artistico, ma anche come strumento politico e sociale, assottigliando le distanze tra artisti, operatori e pubblico. Ogni settembre, la sintesi del lavoro di Cantieri Danza si presenta alla città con il Festival Ammutinamenti, che si prepara quest’anno per la sua XXVII edizione.
In occasione della Giornata Internazionale della Danza del 29 aprile, abbiamo intervistato Giulia Melandri, presidente dell’associazione dal 2019 e parte del team composto da Francesca Serena Casadio (coordinatrice dei progetti di formazione e co-curatrice di Ammutinamenti), Christel Grillo (coordinatrice organizzativa Network Anticorpi XL e co-curatrice del Festival Ammutinamenti), Simona Pucciarelli (comunicazione) e Roberta Galassi e Daniela Camerani (amministrazione) mentre le fondatrici Monica Francia e Selina Bassini, oltre a portare avanti progetti personali di ricerca, si occupano ad oggi rispettivamente di amministrazione e dei progetti di rete.

Qual è oggi il ruolo di Cantieri Danza a Ravenna?
«In linea con i valori con cui è nata, continuiamo a promuovere la danza contemporanea e di ricerca sul territorio, cercando al tempo stesso di accogliere assecondarne le tante sfaccettature e le visioni eterogenee degli artisti. Oggi più che mai le pratiche legate al corpo sono in trasformazione, si contaminano e dialogano con altri saperi per creare immaginari con i quali raccontare il mondo, stimolare pensiero critico, apertura e consapevolezza attraverso la corporeità. Questa è la direzione verso cui ci stiamo muovendo: rendere lo spettacolo di danza un’esperienza da vivere e non solo un prodotto da fruire».
Come si concretizza questo approccio comunitario e esperienziale?
«Come Cantieri Danza promuoviamo diversi momenti di incontro durante l’anno, che trovano la massima espressione nei giorni del Festival. Qui invitiamo la cittadinanza al dialogo con l’artista e all’esperienza diretta della pratica corporea. Questo approccio comunitario ha preso il via nel 2021, nel pieno delle difficoltà portate dalla pandemia. Prima ci rivolgevamo quasi esclusivamente alle scuole di danza, riscuotendo un buon successo, poi, in un momento segnato dalla solitudine e dalla fragilità, abbiamo deciso di dare vita a Sguardi e pratiche intorno alla danza d’autore, un progetto che coinvolge cittadini di tutte le età nella scoperta delle potenzialità del movimento, che prende vita tra i parchi e i luoghi simbolo della città».

Com’è stata accolta l’iniziativa dalla città?
«La risposta è stata molto positiva. Ravenna si è mostrata fin da subito partecipe e curiosa: i tre laboratori della prima edizione hanno coinvolto circa cento persone, molte più di quelle che ci aspettavamo, soprattutto in un momento tanto delicato. Da allora abbiamo riproposto il progetto ogni anno, diversificando il pubblico di riferimento, dall’infanzia alla terza età. Oggi i laboratori coinvolgono più di 250 persone a edizione».
È necessaria una conoscenza pregressa per partecipare e apprezzare l’esperienza?
«No, al contrario. Nella sfera della danza contemporanea spesso “meno si sa” più si è disposti a lasciarsi sorprendere ad entrare in sintonia con il lavoro dell’artista. Chi ha conoscenze più radicate invece talvolta tende a farsi influenzare da bias o a manifestare diffidenza verso le nuove proposte. La danza d’autore è un territorio in continua trasformazione, e così vasto, che anche chi opera nel settore è dentro un processo di conoscenza continua e scoperta. Tra i neofiti, a volte, si avverte una certa diffidenza, ma a Ravenna il pubblico si è dimostrato molto aperto, pronto a lasciarsi guidare anche davanti a proposte sperimentali e molto diverse tra loro. Immergersi nella pratica di movimento di un artista è un momento particolarmente stimolante. Il dialogo tra cittadino e artista si fa ancora più intimo attraverso gli incontri vis-à-vis che organizziamo a seguito della visione degli spettacoli, incontri che non si traducono mai in una spiegazione didascalica, ma in uno scambio di suggestioni e prospettive.»
Qual è il rapporto invece con i luoghi della città, in particolar modo con il quartiere Darsena, teatro di grandi trasformazioni e da sempre casa di Cantieri Danza?
«La Darsena è e resterà sempre il nostro luogo del cuore. Negli anni è cambiata insieme a noi: le prime edizioni del festival si svolgevano in una darsena vuota, ancora zona di lavoro, inaccessibile agli esterni. Ci siamo inseriti all’interno di questa trasformazione silenziosamente, abitando questa zona con progetti performativi di diversa natura contribuendo, nel nostro piccolo, a rigenerare questa parte della città. Abbiamo sempre cercato di agire per valorizzare l’unicità di questo spazio, particolarmente amato anche dalla cittadinanza, assecondandone i cambiamenti senza forzature. Negli anni, abbiamo provato a riflettere questo approccio anche in altre zone “dimenticate” della città».
Può anticiparci qualcosa sulla prossima edizione del Festival?
«Sono giorni intensi, di fermento e organizzazione. L’intenzione è quella di portare la danza urbana non solo in Darsena e nei luoghi del centro storico, ma di scovare qualche altro nuovo angolo della città che ancora non abbiamo ancora esplorato con la danza. Sarà data particolare importanza alla Vetrina della giovane danza d’autore: una ricerca che accompagna artisti emergenti durante tutto l’anno e che culmina durante il Festival con la presentazione delle loro creazioni. Infine, verrà riconfermata una ricca sezione con artisti internazionali e tanti incontri e laboratori con un focus particolare sull’infanzia».
Cosa c’è nel futuro dell’associazione?
«Tanto spazio per le pratiche collaborative. O almeno, questo è ciò che ci auguriamo. Settembre ormai è il momento clou della danza contemporanea a Ravenna, ma vorremmo unire le forze per creare una rete estesa e trasversale. Sarebbe bello immaginare una programmazione che si estenda in altri momenti dell’anno, con laboratori duraturi e continuativi, dedicati anche alla cittadinanza, grazie alla collaborazione tra diverse realtà artistiche della città».