L’associazione Ortisti di Strada, che dal 2017 si impegna nello sviluppo di progetti di agricoltura urbana a Ravenna, interviene nel merito della situazione creatasi negli spazi esterni del Centro Sociale Spartaco di via Chiavica Romea, oggetto di recenti polemiche e interventi di sgombero da parte delle autorità.
L’intento dell’associazione è quello di sensibilizzare circa l’importanza di avere spazi di biodiversità all’interno dei centri urbani: «La soluzione – si legge in una nota inviata alla stampa – non può e non deve essere quella di radere al suolo le aree a verde che qui sono state progettate».
In particolare, l’associazione fa riferimento alla zona che si trova di fronte al parcheggio dei camper tra il centro sociale e l’ingresso del Parco Teodorico. Spazio realizzato dagli Ortisti di Strada nel 2018 e oggetto di un Patto di Collaborazione col Comune di Ravenna, che negli anni è stato teatro di numerose attività di carattere laboratoriale, sociale, ambientale e artistico.
«Non si tratta di una selva oscura, come da alcuni affermato (in particolare il riferimento è alla consigliera comunale della Pigna Veronica Verlicchi, che ha registrato un video proprio davanti all’area verde, sottolineando come possa favorire occupazioni abusive e attività illecite, ndr), ma di uno spazio biodiversificato e progettato secondo criteri funzionali a dare origine ad un ecosistema stabile all’interno del quale vengono valorizzati i differenti strati ecologici (orto, sottobosco, piante da frutto e forestali). La logica è quella del “Terzo Paesaggio”, termine coniato dal paesaggista Gilles Clément, ovvero di un luogo non luogo, una periferia “dimenticata” ma non dimenticata, che continua a vivere ed a svilupparsi anche quando non la osserviamo. Un luogo che deve rimanere intatto nella sua rappresentazione di oasi di pace e connessione sottile con la percezione della vita che cresce».
Pertanto, secondo l’associazione, le problematiche di carattere sociale che si sono sviluppate attorno a quell’area non possono essere imputate alla presenza di alberi, fiori o di vegetazione solo all’apparenza disorganizzata, «che anzi rappresentano una ricchezza per tutta la collettività; quindi la soluzione non può essere la loro demolizione».