martedì
02 Settembre 2025
turismo

«Una così lunga distesa di ombrelloni non serve più a nulla»

Il calo delle presenze in spiaggia fa discutere sulla necessità di cambiare modello. Esperti e imprenditori concordano: serve un’offerta più integrata tra natura e cultura. Ma mancano gli investimenti

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L’estate 2025 è stata segnata dal dibattito mediatico sul calo delle presenze in spiaggia. I dati ufficiali Istat sui pernottamenti devono ancora essere pubblicati, ma il Sib-Confcommercio ha già stimato il -25% a luglio nei lidi dell’Emilia-Romagna. Un fenomeno ricondotto superficialmente al “caro ombrellone”, che in realtà ha spiegazioni più complesse. I rincari negli stabilimenti balneari ci sono stati, ma in linea con l’inflazione e gli aumenti dei prezzi che hanno riguardato ogni comparto. Piuttosto, la questione riguarda un ventilato calo generale del turismo in riviera romagnola, che ha a che fare con la perdita del potere d’acquisto degli italiani (i salari reali sono inferiori del 7,5% rispetto al 2021 secondo l’Ocse) e con la crisi di un modello ormai superato e da ripensare, anche per effetto della crisi climatica.
Le 3S su cui storicamente si fonda il turismo locale (sea, sun, sand) oggi non bastano più, e lo riconoscono sia gli esperti che gli imprenditori del settore.

Il caro ombrellone non c’entra nulla
«Collegare il calo delle presenze al caro ombrellone ha banalizzato la questione», afferma Maurizio Rustignoli, presidente della Cooperativa spiagge Ravenna. «Da sempre in riviera romagnola ci sono prezzi per tutte le tasche: un ombrellone con due lettini va dai 18 ai 30 euro al giorno e gli abbonamenti settimanali da 150 a 180 euro. Poi è ovvio che chi vuole servizi aggiuntivi ed esclusivi spende di più». L’aumento dei prezzi «c’è stato – ammette Rustignoli – ma molto contenuto e in linea con l’inflazione». Piuttosto, aggiunge il presidente, «c’entra il calo del potere d’acquisto: già a marzo si prevedeva che 4 italiani su 10 avrebbero rinunciato alle vacanze per questo motivo».

Secondo Giuseppe Giaccardi dello studio Giaccardi & Associati, specializzato in consulenze e analisi sul turismo «il dibattito sul caro ombrellone è stato innescato dai media per celare un dato che il governo cerca di sottacere, quello del crollo della domanda nazionale, in corso dal 2023 in quasi tutte le destinazioni balneari. Gli italiani non hanno più soldi in tasca e spendono meno per le vacanze. Il lieve aumento dei flussi internazionali non può bastare a compensare, anche perché non riguarda luglio e agosto bensì i mesi spalla di giugno e settembre».

-35% di presenze nel Ravennate

Resta il tema delle presenze in spiaggia in picchiata. Fabio Ceccarori, presidente della Cooperativa bagnini Cervia, preferisce non fare stime: «I conti si fanno alla fine, ma il calo di luglio e agosto è innegabile ed è dovuto soprattutto ai giorni di pioggia. Speriamo di recuperare qualcosa a settembre». Rustignoli invece azzarda qualche cifra: «Giugno è stato in linea col 2024, ma va detto che lo scorso anno il meteo fu negativo, mentre quest’anno è stato buono. Luglio è stato un disastro: dal lunedì al venerdì abbiamo registrato il 30-35% in meno di presenze; un po’ meglio i weekend ma sono stati pizzicati dal maltempo. Ad agosto invece abbiamo registrato buone presenze». In termini di fatturato, ipotizza Rustignoli, «temo che a fine anno gli stabilimenti balneari del territorio chiuderanno intorno al meno 20-25%». Se si tiene conto che un’impresa balneare, secondo uno studio Nomisma del 2023, fattura in media 260mila euro all’anno, questo può significare un ammanco superiore a 50mila euro.

«Non è dovuto solo al calo di presenze – precisa il ravennate – ma anche perché i turisti spendono meno in alimenti e bevande, che sono aumentati dall’8% al 15% per imposizione dei fornitori, a loro volta condizionati dai rincari sulle materie prime».
Le abitudini sono cambiate Ceccaroni mette sul tavolo un altro fenomeno: «È avvenuto un forte cambiamento tra le abitudini dei turisti. Fino allo scorso anno ci facevamo meno caso perché il meteo ci ha assistito, ma quest’anno è stato molto evidente perché ci si è messa anche la pioggia». Il presidente dei balneari cervesi sostiene che «la famiglia che prendeva l’ombrellone per tutta la stagione non esiste più. Oggi le vacanze sono dinamiche e i turisti vogliono esplorare ogni anno nuovi luoghi in un mondo che si è aperto. Sud Italia e isole, ma anche Spagna, Croazia, Grecia, Albania e Montenegro sono diventati i nostri diretti concorrenti. Inoltre la montagna sta volando e gli stessi emilianoromagnoli nel weekend preferiscono andare in un agriturismo sulle colline circostanti: non fanno ore di coda, trovano parcheggio, stanno al fresco, prendono il sole ugualmente e fanno il bagno in piscina».
Rustignoli aggiunge che «il Mezzogiorno e l’estero stanno spingendo con offerte molto convenienti per il turista, a parità di costi di viaggio. Un tempo si diceva che in questi luoghi mancavano l’organizzazione e i servizi della Romagna; ora ci sono e perciò i flussi si spostano lì».
Non solo: «Prendono sempre più piede i campeggi e villaggi all’aria aperta, in quanto offrono più libertà e meno rigidità rispetto agli alberghi tradizionali del nostro territorio, che stanno perdendo appeal».

Fa troppo caldo per stare in spiaggia

Un altro elemento da non sottovalutare è il caldo sempre più estremo a causa del riscaldamento globale. Nei giorni dell’ondata di giugno, stare in spiaggia non era un piacere bensì un sacrificio. Lo scorso marzo lo studio Giaccardi & Associati ha presentato una ricerca che si interroga proprio sui mutamenti del turismo indotti dalla crisi climatica. «Mentre le spiagge romagnole erano semivuote, sulle Dolomiti c’erano le code di persone alla ricerca di fresco», sottolinea Giaccardi. Il turismo è anche vittima degli eventi estremi, come quello avvenuto il 24 agosto in tutta la riviera, che ha visto cadere centinaia di pini sulle auto dei vacanzieri pronti a rientrare per l’ultimo giorno di ferie.
È stato il terzo evento simile in sei anni. La prossima estate torneranno oppure sceglieranno mete percepite come più sicure?
«Gli enti locali, gli imprenditori e le forze dell’ordine hanno sistemato la viabilità e i servizi in poche ore. Uno sforzo encomiabile, ma non ci si può limitare a questo. Serve una visione più lungimirante», afferma l’esperto. «Il turismo locale ha bisogno di una radicale innovazione e per capire la direzione da prendere non bisogna interrogare solo gli operatori, ma anche i turisti». Da “hotspot climatico” a causa della sua conformazione territoriale, la Romagna subirà sempre più eventi estremi e questo influirà anche sulle vacanze.

Natura, libertà e dinamismo: il nuovo modello di vacanza

Per quanto riguarda le esperienze, secondo Rustignoli «le nuove generazioni di turisti cercano il contatto con la natura, l’esperienza gastronomica e culturale, la libertà di spostarsi. In Romagna lo percepiamo da tempo, ma il processo di rinnovamento è troppo lento e va accelerato». Ceccaroni invita a «prendere come modello la montagna, dove le presenze estive stanno volando grazie alla possibilità di una vacanza dinamica, con escursioni a piedi o in bicicletta». In questo senso la provincia di Ravenna potrebbe avere tutti gli elementi vincenti, grazie alla presenza di una città d’arte unica al mondo e di un vasto ambiente naturale rappresentato dal Parco del Delta del Po. Tuttavia, fa notare Rustignoli, «i turisti in spiaggia a Punta Marina non sanno nemmeno che possono arrivare in città in dieci minuti con l’autobus. Servirebbe più comunicazione, insieme all’architettura di un’offerta integrata tra spiaggia, centro storico e parchi naturali».

Puntare sui servizi retrobalneari

Per Giaccardi, tutto ciò si riassume in un concetto: «Aumentare l’offerta retrobalneare. È come per gli aeroporti: il loro modello economico non si fonda sui voli che atterrano, bensì sui servizi di terra variegati, innovativi ed efficienti. Per questo ormai sono diventati degli ipermercati con un trasporto pubblico capillare. Col balneare accade lo stesso: per far lavorare la spiaggia bisogna migliorare l’offerta retrostante». Per esempio, secondo il consulente «si potrebbe risparmiare qualche milione in promozione per investirlo sui servizi e sul trasporto pubblico, a partire dalla linea ferroviaria Ravenna-Rimini che è ancora a binario singolo, con città come Cervia che non hanno nemmeno il sottopassaggio pedonale».
Fondamentale è anche il verde: «Se i pini cadono facilmente perché non resistono più agli eventi meteorologici estremi, bisogna consultare gli esperti e capire quali altre specie piantumare. Probabilmente servono alberi adatti al clima tropicale». Una presenza, quella delle piante, che è indispensabile anche in spiaggia per ridurre l’effetto del calore, come già avviene in alcune località ravennati dove le concessioni balneari si alternano a lunghi tratti di spiaggia libera con dune, vegetazione e pineta. «Oggi questo è un elemento competitivo da valorizzare», afferma Giaccardi. «Gli amministratori e gli imprenditori devono prendere atto che la distesa di migliaia di ombrelloni ormai non serve più a niente. Vanno ridotti a favore dei servizi di spiaggia libera e del verde; integrando l’offerta balneare con l’entroterra. Oltre alla città di Dante e dei mosaici, che è già di per sé un formidabile attrattore culturale, abbiamo la più grande necropoli etrusca d’Italia situata tra Ravenna e Comacchio».

Impossibile investire senza certezze

Tuttavia, per gli imprenditori balneari resta lo spettro delle gare previste dalla direttiva Bolkestein. Il governo Meloni ha fissato la scadenza al 30 giugno 2027 e non ha ancora varato il decreto per calcolare gli indennizzi ai concessionari uscenti, che era atteso per lo scorso marzo. «Siamo in una fase troppo incerta per poter ragionare su come rimodellare il modello turistico balneare», dice Ceccaroni. I Comuni non hanno ancora iniziato a ragionare sulle evidenze pubbliche, ma secondo Rustignoli «dovranno iniziare a farlo dal prossimo autunno. Chiederemo un tavolo in merito».
Il tema degli indennizzi è dirimente: il ministero delle Infrastrutture aveva elaborato un decreto per calcolare il valore delle aziende che i nuovi concessionari avrebbero dovuto riconoscere agli uscenti, ma la Commissione europea e il Consiglio di Stato hanno respinto il testo. «Gli operatori sono molto preoccupati», chiosa Rustignoli. «L’incertezza sul rinnovo delle concessioni non ci permette di programmare gli investimenti necessari per innovarci. Inoltre non è pensabile arrivare alle gare senza riconoscere il valore economico delle nostre imprese; sarebbe un vantaggio improprio per i subentranti. Il rispetto delle norme europee deve essere conciliato con i diritti degli attuali concessionari».

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