venerdì
26 Settembre 2025
palestina

«Questo è il primo genocidio che possiamo fermare»: applausi in Darsena per Francesca Albanese – FOTO

La relatrice Onu ha dialogato con la giornalista Linda Maggiori: «Recidere ogni rapporto istituzionale o commerciale con Israele»

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«Questo è il primo genocidio che possiamo fermare. In passato c’è chi si è opposto agli stermini, ma non c’era una consapevolezza diffusa. Oggi invece siamo tanti e dobbiamo metterci di traverso». Così Francesca Albanese davanti a una folla di 500 ravennati radunati in Darsena (e altre centinaia sono rimaste fuori, per limiti di capienza). La relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati aveva già incontrato il Comitato autonomo portuale (Cap) nella mattinata, a seguito dei container di armi diretti in Israele delle scorse settimane bloccati grazie all’intervento dei lavoratori.

Dalle 15.30 invece è stata protagonista di un intervento aperto alla cittadinanza nell’ambito di Manualetto, il festival di Denara e Studio Doiz che si propone, tra vari obiettivi, di dare nuovo risalto a luoghi dimenticati della città.

Il civico di via Zara 27 (ex magazzino granaglie) si è riempito in fretta, con un nutrito gruppo di sostenitori che ha atteso il proprio turno per entrare non appena si liberasse un posto e altri costretti a restare fuori. Accolta dal fragore degli applausi e dal coro «siamo tutti Francesca Albanese», la relatrice ha iniziato il suo dialogo con Linda Maggiori, giornalista e attivista faentina che nelle scorse settimane ha firmato l’inchiesta sul traffico di armi e munizioni dal porto di Ravenna a Haifa. Con loro, anche l’assessora alla pace Hiba Alif, che ha introdotto il dialogo con un ringraziamento: «Abbiamo bisogno di voci come quella di Albanese, la pace è difficile, faticosa e richiede coraggio, ma la città di Ravenna ha preso una decisione chiara».

L’intervento di Albanese si apre con un ringraziamento al festival («Sono felice di trovarmi in uno spazio recuperato»), all’amministrazione (nella prima parte della giornata anche l’incontro con il sindaco Barattoni), a Maggiori («perchè se il giornalismo non è investigazione, allora cos’è?») e ai portuali, per il coraggio dimostrato: «C’è chi dice che potevano esporsi prima, ma le vite da salvare sono ancora tante. Non è troppo tardi e ogni persona in più che si unisce alla causa è preziosa».

Il dialogo con Maggiori ha spaziato dalle criticità nazionali, come la posizione di un governo che si preoccuperebbe più «di bloccare la Flottila invece che il genocidio di Israele», ai temi che mettono al centro della questione palestinese anche la stessa città di Ravenna, come i traffici di armamenti e materiali bellici verso Israele o il progetto Undersec, finanziato da fondi europei, con la partecipazione dell’Autorità Portuale di Ravenna e di tre enti israeliani: il ministero della difesa, l’armatore Rafael e l’università di Tel Aviv (ne parlava Maggiori nella nostra intervista a questo link). Qui l’appello è stato netto: «L’Autorità Portuale deve uscire dal progetto: non è così complicato».

L’imperativo della giurista è quello di recidere ogni contratto con il Paese di Netanyahu: «Il problema del porto di Ravenna non è solo il traffico d’armi, ma qualsiasi rapporto commerciale con Israele, che va interrotto. Cosa significa la rottura dei rapporti istituzionali voluta dal presidente della Regione se non si interrompono quelli commerciali? Il traffico di prodotti israeliani è poco meno grave di quello delle armi e non ci sono scambi autorizzati con un paese che sta commettendo violazioni al diritto internazionale. Continuiamo a tenere spazi aerei aperti, questo andrebbe impedito». Le accuse sono quelle di genocidio, colonialismo e sostituzione etnica, sfruttamento delle risorse naturali e territoriali: «La Palestina viene riconosciuta con clausole coloniali. Sapete che deve essere disarmata? Sono d’accordo, ma dovrebbero esserlo anche tutti gli altri Stati» e riferendosi direttamente all’azienda a controllo pubblico Leonardo, produttrice di armamenti: «Non temete, che con intelligenza è possibile riconvertire quell’industria letale».

La parola è passata poi ad Axel Viroli, del direttivo del Cap: «Siamo apartitici, ma non apolitici. Ai tanti che ci chiedono “cosa pensate di fare, tanto non cambierà nulla” rispondo, non lo facciamo perché speriamo che cambino loro, ma per cambiare noi», ha detto commuovendosi.

C’è stato poi spazio per le voci di universitari, la testimonianza di chi è nato e cresciuto in Palestina, le parole del comitato Per il clima fuori dal fossile, di Casa delle donne, Usb (promotori dello sciopero generale del 22 settembre) e dell’avvocato Andrea Maestri: «Linda Maggiori è stata vittima di un depistaggio burocratico, non abbiamo paura e finiremo le indagini per conto nostro».

Durante l’intervento, Maggiori ha avuto modo di sottolineare come proprio in quegli istanti la nave diretta in Israele MSC Melania 3 stesse attraccando al porto ravennate, e in mattinata fossero stati notati camion con il simbolo assegnato ai materiali infiammabili, lasciando presagire, secondo la giornalista, un nuovo scambio illecito di esplosivi. La ripartenza di Melania 3 è in programma per sabato 27 settembre.

L’intervento si chiude con l’invito della relatrice a una battaglia unica e condivisa: «La chiamata a un’unione di popoli, di persone e di cause. Dal queer, all’ambiente, ai lavoratori, se non partoriremo un mondo migliore, continueremo a vedere quello che sta succedendo a Gaza, in tante piccole dosi di repressione» e l’appello alle comunità ebraiche: «Nessuno mette in discussione il vostro amore per Israele, ma se vi considerate religiosi, non rinnegate i valori più belli del vostro credo».

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