martedì
04 Novembre 2025
femminicidi

Linea Rosa: «Non tutti nelle forze dell’ordine sono formati sulla violenza»

La presidente Bagnara: «Molte donne se ne rendono conto solo quando parlano con altri»

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«Forzare una donna a denunciare violenze subite non porta, nella maggior parte dei casi, buoni risultati. Peggio ancora fare denuncia al suo posto. Il percorso di uscita dal maltrattamento è fondamentalmente un percorso dentro se stesse e chiede tempo e dedizione». È la riflessione di Alessandra Bagnara, presidente dell’associazione Linea Rosa di Ravenna che si occupa di violenza di genere da più di trent’anni.
«Il consiglio che posso dare a chi vuole aiutare una donna vittima di abusi – dice Bagnara – è quello di metterla in contatto con un centro antiviolenza del territorio perché possa trovare una professionista che l’accompagni nel percorso, compresa la denuncia di quanto ha subìto».

Il tema della mancata denuncia è un aspetto cruciale. Quali ragioni frenano le donne?
«Principalmente per paura o per il timore di non essere credute. Molte ci raccontano anche di sentimenti di vergogna e sfiducia nelle forze dell’ordine o genericamente nella giustizia. Non è da trascurare anche il legame affettivo con il maltrattante e la paura che il padre dei propri figli venga arrestato».

Tra le forze dell’ordine c’è una tendenza a sottovalutare le denunce?
«Non sempre e non tutti i componenti delle forze dell’ordine sono formati in tema di violenza domestica. Informare e formare le forze dell’ordine è importante ed è uno degli impegni che il nostro centro antiviolenza sta portando avanti da sempre».

In base al vostro osservatorio, le vittime di violenza hanno la percezione di essere tali?
«La consapevolezza non è scontata. Molte donne si rendono conto di subire violenza solo dopo averne parlato con qualcuno all’esterno della relazione. Ma la violenza psicologica getta le basi in primis nell’isolamento sociale della propria vittima in modo che quando avviene l’escalation violenta la stessa si trovi completamente sola ad affrontarne le conseguenze. Spesso le donne entrano in contatto con il centro antiviolenza in seguito a episodi particolarmente cruenti che le spaventano. E solo dopo un percorso di elaborazione emergono decine e decine di episodi che erano stati classificati solo come litigi».

Quale dovrebbe essere la soglia oltre la quale la vittima non può più trascurare la gravità dei fatti?
«Esistono decine di “red flag”, segnali d’allarme, che ci possono far pensare di essere di fronte a un uomo maltrattante. Molti di questi atteggiamenti sono talmente comuni che spesso è la società stessa a ritenerli accettabili. Nel nostro podcast “Non son degna di te”, disponibile gratuitamente su Spotify, seguendo la storia di “Aria”, si ha modo di apprendere tutti i numerosi segnali d’allarme».

La cronaca locale riporta anche vicende in cui la donna trovò il coraggio di chiedere aiuto a associazioni antiviolenza, forze dell’ordine e amici eppure è stata ammazzata. Significa che c’è una percentuale di impossibilità di evitare i femminicidi o che il sistema di protezione ha delle falle?
«Sarebbe bello se esistesse una soluzione per eliminare definitivamente i femminicidi. A mio avviso possiamo cercare di ridurli con una serie di azioni integrate che gettano le basi nel cambiamento culturale. L’educazione dei nostri giovani al rispetto di sé e dell’altro/a è un punto di partenza importante unitamente alle campagne informative e di sensibilizzazione della cittadinanza ma la presenza dei centri antiviolenza sul territorio è ciò che fa sempre la differenza».

Come si riesce a misurare se l’attività di un centro è efficace?
«Vedere che ogni anno oltre 400 donne si rivolgono al nostro centro antiviolenza ci fa pensare che è in atto una importante emersione del fenomeno della violenza domestica. Anche i numerosi casi di successo delle donne che sono riuscite ad appropriarsi della propria autonomia affettiva ed economica ci spinge a proseguire nella direzione intrapresa».

 

I casi del 2024 in crescita del 15 percento

Nel 2024 sono 448 le donne che hanno chiesto aiuto a Linea Rosa a Ravenna, un aumento di circa il 15 percento rispetto al 2023. La fascia di età più rappresentata si conferma quella 40-49 anni: un caso su quattro, percentuale superiore rispetto all’anno 2023. Si registra un leggero incremento del numero delle donne sotto ai 29 anni che potrebbe evidenziare una efficace ricaduta delle attività di prevenzione e sensibilizzazione rivolte ai giovani.

I dati inerenti alla nazionalità delle donne confermano la tendenza degli anni precedenti, con un circa 30 percento di donne straniere che si rivolgono al centro antiviolenza. I dati rispecchiano anche le rilevazioni effettuate a livello regionale.

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