Un’assemblea d’istituto diversa dal comune, ma decisamente formativa, è stata quella vissuta da circa mille alunni della scuola Ginanni di Ravenna. A una settimana dalla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Valentina Pitzalis ha raccontato davanti a un Pala Costa esaurito, e più che mai attento, la testimonianza di una violenza atroce subita per mano del marito Manuel Piredda nel 2011, quando aveva 27 anni.
La relazione tra i due era nata come tante altre: un lungo corteggiamento da parte dell’uomo, fino all’inizio della storia che poi sfociò nel matrimonio. «Mi sono innamorata di lui, mi faceva credere di essere sulla stessa lunghezza d’onda, ma una volta firmate le carte del matrimonio diventai di sua proprietà». Con il passare del tempo, le privazioni imposte e la gelosia di Piredda aumentarono. La donna si ritrovò costretta a vestirsi in un certo modo, a cambiare numero di telefono, a uscire dalla propria cerchia di amici, a cercare lavoro solamente insieme a lui e a passare 24 ore su 24 al suo fianco. «Il modus operandi di queste persone è sempre lo stesso – mette in guardia Pitzalis -: isolare da tutto e da tutti». Le violenze psicologiche e verbali non mancavano, anche se Piredda non arrivò mai a quella fisica. «Addirittura, di notte chiudeva la porta a chiave della camera, mettendo davanti una scrivania per paura che potessi scappare».
Il vero punto di rottura arrivò quando l’uomo confessò alla moglie di averla tradita con una prostituta. «A quel punto decisi di allontanarmi e di riprendere la mia vita in mano. Mi sono diplomata, lavoravo ed ero tornata a vedere famiglia e amici». Durante un Capodanno, però, a Valentina venne riferito che l’uomo, già sotto effetto di psicofarmaci, versava in pessime condizioni di salute. «Lui, che è sempre stato narcisista, era molto dimagrito; io avevo la sindrome della crocerossina e decisi di aiutarlo». L’avvicinamento, però, non portò a nulla se non ad altri litigi. A quel punto Piredda capì che la relazione con la moglie era giunta al capolinea. Attirò la giovane nella propria casa con la scusa della consegna di un documento. Dopo averlo ricevuto, le lanciò addosso del cherosene e le diede fuoco. Morì involontariamente tra le fiamme nel tentativo di fuggire, mentre Pitzalis si salvò miracolosamente dopo venti minuti di agonia, grazie all’intervento dei vicini prima e dei medici poi. «Non ho mai perso i sensi, mi vedevo il corpo bruciare e gonfiarsi sotto le fiamme. Un dolore indescrivibile. In quei lunghi attimi speravo che arrivasse con un’accetta e mi ammazzasse. Così non è stato. Ebbi la lucidità di avvisare gli inquilini con dei calci nel pavimento». Dopo oltre 30 interventi chirurgici e anni di sofferenza, i segni di quel tentato omicidio sono ancora visibili in tutto il corpo, ma la sua forza non si è mai spenta. «Non ho più una mano e i segni delle ustioni saranno sempre parte di me. Non è stato facile ma ora la visione della vita è cambiata drasticamente. Ora sembra quasi tutto più leggero. Ho capito che l’aspetto non è tutto nella vita e non mi curo più degli sguardi delle persone o delle prese in giro per strada».
Valentina (a Ravenna grazie alla volontà del Ginanni e alla collaborazione con Giusy Laganà di Fare X Bene Onlus) è stata salutata da una lunga e commossa standing ovation. Il suo appello agli studenti è chiaro: riconoscere i segnali, non normalizzare il controllo, chiedere aiuto. «Quando vi staccate da relazioni pericolose – afferma – staccatevi davvero e denunciate, perché solo così salverete voi stesse e anche la prossima ragazza. La violenza psicologica è subdola, te ne accorgi solo dopo. E l’amore non può coincidere con possesso, prevaricazione o controllo».
Un messaggio diretto, raccolto da un Pala Costa in silenzio, che trasforma una storia personale in un monito collettivo: la prevenzione passa dall’ascolto, dalla consapevolezza e dal rifiuto di ogni forma di violenza.



