mercoledì
30 Luglio 2025
l'intervista

La ravennate Martina Piemonte, dai campi di provincia alla semifinale europea

Una carriera anche all'estero, l’emozione della maglia azzurra e un messaggio per le nuove generazioni: «Anche una bambina può sognare di diventare una calciatrice»

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Martina Piemonte, attaccante classe 1997, è uno dei volti più rappresentativi del calcio femminile italiano. Nata e cresciuta a Ravenna, ha mosso i primi passi sui campi locali prima di spiccare il volo verso una carriera che l’ha portata a vestire maglie prestigiose, in Italia (Roma, Fiorentina, Milan su tutte) e all’estero (Siviglia, Betis ed Everton). Oggi gioca e segna nella Lazio (16 gol in 24 partite) ed è stata una delle protagoniste del recente Europeo con l’Italia, terminato in modo beffardo in semifinale contro l’Inghilterra, poi vincitrice.

Avete fatto un grande Europeo, nonostante il finale controverso con il pareggio subito a seguito di un rigore dubbio al 95esimo. Cosa resterà di questa esperienza?
«È stata un’esperienza unica, un ricordo che rimarrà per sempre nel mio cuore. Abbiamo scritto un pezzo di storia del calcio femminile italiano. Anche se l’ultima partita contro l’Inghilterra è stata dolorosa, abbiamo dato tutto. La beffa finale non cancella nulla, anzi, ci dà ancora più forza per continuare a lottare. La semifinale raggiunta non è un traguardo, ma un punto di partenza per crederci sempre di più».

Non resta quindi l’amaro in bocca per una finale sfiorata?
«Non c’è amarezza, c’è voglia di fare qualcosa di ancora più grande. È la spinta giusta per le prossime edizioni e per tutto ciò che verrà».

Com’è stato essere ricevute dal Presidente Mattarella? Che emozioni vi hanno lasciato le sue parole?
«È stato un onore immenso. Essere chiamati e ricevere l’attenzione dal Presidente della Repubblica non capita tutti i giorni e nemmeno a tanti. È stato davvero un momento speciale. Ci ha fatto sentire riconosciute come rappresentanti dell’Italia e penso sia un segnale importante per tutto il movimento femminile».

Facciamo un salto indietro: com’è iniziata la tua avventura nel calcio?
«Ho iniziato giocando con i maschi, fino ai 15 anni. Sono stati momenti bellissimi che non dimenticherò mai. Consiglio a tutti i genitori di far giocare le proprie figlie il più possibile con i maschi, perché ti forma davvero tanto, sotto molti punti di vista. Ho iniziato al Ravenna Lidi, poi al Classe e da lì ho cominciato il mio percorso. Sono passata alla squadra femminile del Riviera di Romagna dove ho esordito in serie A, poi a San Zaccaria. Ho girato molto, ma ogni tappa mi ha fatto crescere come persona e come calciatrice con un susseguirsi di emozioni sempre più forti».

Hai giocato per le migliori squadre italiane e per entrambe le squadre di Siviglia oltre che per l’Everton. Come hai vissuto tutti questi cambiamenti nella tua carriera?
«Non è stato tutto programmato, ma ogni esperienza mi ha lasciato qualcosa. Prima ero molto infantile, oggi mi sento donna. E questo lo devo anche a tutte le esperienze vissute in Italia, Spagna e Inghilterra».

Ci sono differenze nella percezione del calcio femminile all’estero rispetto all’Italia?
«Sì, assolutamente. Basta guardare quanto seguito c’è in Spagna e Inghilterra rispetto l’Italia. Già quando ero a Siviglia a 18-19 anni, si percepiva l’inizio della crescita della Spagna e infatti oggi è una delle nazionali migliori al mondo. In Inghilterra, giochi in stadi davanti a 60.000 persone, è tutta un’altra dimensione. L’Italia sta crescendo come è testimoniato dalle 4 milioni di persone che ci hanno seguito in televisione durante l’Europeo, ma siamo ancora in fase di sviluppo. Siamo professioniste solo da tre anni: è un inizio, ma serve tempo come c’è voluto alle altre nazioni».

C’è una partita o un momento particolare della tua carriera che porti nel cuore?
«Non saprei dirti, ci sono tanti momenti. Mi viene in mente il Mondiale Under 17 in Costa Rica (terzo posto nel 2014, ndr) o la mia prima con la Nazionale maggiore anche se abbiamo perso 4-1 con la Francia. Ci sono tantissimi ricordi che mi restano dentro, anche partite in cui non ho segnato, ma in cui ho dato tutto per la squadra».

Che rapporto hai con Ravenna oggi?
«È casa, è il mio cuore. La mia famiglia è lì, ci torno sempre appena posso. È dove sono nata e cresciuta. Nonostante abbia cambiato tante città, Ravenna resta una parte fondamentale di me».

Che consiglio daresti a una bambina che sogna di diventare calciatrice?
«Di giocare, di divertirsi e di crederci. Realizzare il sogno di fare la calciatrice è possibile anche per una bambina. Non si deve avere nulla da invidiare ai maschi. Questo Europeo ne è una testimonianza: abbiamo vissuto serate indimenticabili, quindi le bambine possono sognare in grande. Questo dovrebbe essere portato avanti e trasmesso anche alle generazioni future».

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