venerdì
03 Ottobre 2025
l'intervista

Bonitta: «Mondiali? Il volley può insegnare qualcosa al calcio…»

Il 62enne ravennate fu il primo coach iridato italiano in campo femminile

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Fino al 7 settembre scorso l’unico allenatore ad aver vinto un Mondiale con la nazionale italiana femminile, in 19 edizioni della competizione iridata in 73 anni, era un ravennate. Marco Bonitta, oggi 62enne, era a capo della spedizione vittoriosa nel 2002 in Germania. «Non sono più l’unico, ma resterò per sempre il primo ad esserci riuscito», scherza il coach.

«Noi iniziammo il torneo da outsider – ricorda Bonitta – e dimostrammo di avere forza di volontà e un gruppo tecnicamente forte. Da quel successo è nato un periodo importante per la pallavolo femminile italiana. Anche la nazionale che ha appena vinto è fatta da giocatrici di primo livello come Orro, Egonu, Danesi, Silla, De Gennaro. Molte di loro erano nel gruppo di cui ero commissario tecnico alle Olimpiadi di Rio».

Artefice dell’oro mondiale è sicuramente il coach Julio Velasco. «Lo conosco bene, non ci frequentiamo fuori dalla pallavolo, ma lui e Silvano Prandi sono stati i maestri della mia generazione. Ricordo che andavo a fare corsi di aggiornamenti da loro. La qualità principale di Julio è comunicare con estrema chiarezza e sintesi cose che magari risultano difficili da capire anche a noi professionisti. E poi è un grandissimo studioso: per esempio so che ha dedicato molto tempo alla neuroscienza per capire i meccanismi che portano un atleta a consolidare un gesto tecnico da ripetere molte volte».

Il movimento pallavolistico azzurro può ora godersi il momento del doppio successo mondiale, maschile e femminile: «La squadra femminile è stata brava a dimenticarsi di come aveva vinto le ultime Olimpiadi perché c’era il rischio di sentirsi invincibili e farsi sorprendere di fronte a un tiebreak, che è la norma in un Mondiale dove le differenze di livello sono più sottili. La squadra maschile invece aveva bisogno di trovare la forza per una rivincita dopo essere arrivata solo vicino a grandi vittorie nelle competizioni recenti. È stato molto bello vedere la dedica a Daniele Lavia, che in passato ha giocato anche a Ravenna, che non ha potuto partecipare per un infortunio».

Insomma, è sempre l’approccio psicologico a fare la differenza: «Non può che essere così in uno sport in cui la circolazione delle conoscenze è sempre più facile e quindi le distanze tecniche si riducono. Oggi ci sono tantissimi tutorial professionali online per apprendere tecniche nuove e i professionisti si spostano per lavorare in altre nazioni. Questo fa la differenza».

Bonitta spende parole di plauso per la federazione: «Ha investito molto, non solo sulle prime nazionali ma anche nei settori giovanili». La pallavolo sul tetto del mondo negli uomini e nelle donne può insegnare qualcosa al calcio che non va ai mondiali maschili da due edizioni? «Direi di sì. Forse la prima cosa da prendere come esempio sarebbe un limite alla presenza di stranieri: in A1 tre giocatori su sette devono essere italiani, in A2 quattro su sette e in A3 un solo straniero ammesso. Nel calcio c’è un po’ troppa esterofilia».

Bonitta ha preso parte al mondiale maschile come commissario tecnico della nazionale egiziana: «Il mio incarico è già finito, era previsto che facessi solo il Mondiale. È stata un’esperienza interessante anche a livello personale, ho vissuto per un periodo al Cairo dove le distrazioni nel tempo libero non sono tantissime e a volte subentrava quasi la noia per i giocatori quando finivano gli allenamenti». L’ultima esperienza di club, invece, è stata in America a Austin dove stanno mettendo in piedi un campionato di livello: «Attualmente sono senza incarichi e non ho trattative. Aspetterò cosa si presenterà».

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