Se il mondo della cultura non trova abbastanza spazio

C’è fame di spazi dove creare e lavorare nel mondo della cultura ravennate. Ma vista la densità di appuntamenti spettacolari che da oltre un mese ha segnato le serate estive di Ravenna e provincia, spiagge comprese, potrebbe sembrare un’affermazione paradossale. Vi assicuro che non è così, dato che ho raccolto questa esigenza dalla viva voce dei protagonisti locali dello spettacolo e dell’arte (organizzatori, produttori, artisti…).

L’occasione è stata una delle tante serate promosse recentemente del ricandidato sindaco De Pascale per “ascoltare” interrogativi e proposte “dal basso”, avanzati dai suoi potenziali elettori, e magari stilare una lista di questioni da affrontare nella prossima legislatura. Ammesso che venga rieletto alle amministrative di ottobre. Il tema che mi incuriosiva come osservatore era la politica culturale.

Il parterre che ne doveva discutere era folto, autorevole e motivato. E visto che gran parte dell’esito della discussione è tendenzialmente andato a parare sulla carenza di spazi e la necessità di realizzarne di “nuovi”, ho provato a capire perché. Perché Ravenna è da decenni una città molto intraprendente e feconda nella produzione, organizzazione e divulgazione di eventi culturali e performativi, peraltro capace di distinguersi per questa sua virtù a livello nazionale e internazionale. La città genera, alleva e attrae artisti e operatori anche da fuori: vanta teatri, centri produttivi, festival e grandi rassegne in quasi tutte le discipline. E varie generazioni di attori, registi, autori, tecnici, promotori si affiancano. Sono tante persone che creano, preparano e donano bellezza ed emozioni, per l’anima e la conoscenza del pubblico, ma sono anche lavoratori. Che hanno bisogno di luoghi adeguati dove operare e crescere.

Ecco cosa significa esigenza di spazi: ne servono di più di quelli che ci sono ma soprattuto devono essere più flessibili, efficienti, capaci di accogliere funzioni diverse, tecnologicamente avanzati, sicuri e confortevoli, per chi ci lavora ma anche per gli spettatori che partecipano. Peraltro i soggetti culturali più giovani o più piccoli, per crescere artisticamente e come impresa – visti i criteri premianti per ottenere contributi pubblici – hanno bisogno di fare rete ed essere accolti e sostenuti dai più esperti e strutturati, che gestiscono già sedi stabili. Questa rete a Ravenna è già attiva ma è evidente che va allargata e consolidata.

Sempre a proposito di cosa vuol dire “nuovi spazi” va sottolineata questa bella novità di una importante ristrutturazione funzionale del teatro Rasi, avviata in questi giorni, che lo trasformerà in una sala multifunzionale più al passo coi tempi e accogliente, venendo incontro alle istanze di cui appunto si sta discutendo. Altri spazi molto attivi – come ad esempio l’Almagià in Darsena e il Cisim di Lido Adriano – se passassero sotto la gestione dell’assessorato comunale alla Cultura (oggi sono legati a quello delle Politiche Giovanili) potrebbero intercettare fondi strutturali per lavori di innovazione funzionale e tecnica, come è accaduto per gli storici palcoscenici dell’Alighieri del Rasi.

Certo il sistema culturale ravennate pone anche questioni molto più vaste, ma già il tema degli spazi su cui sviluppare ulteriormente il valore della città in questo campo, suggerisce al prossimo sindaco e assessore competente alcune cose importanti da fare.

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