Senza la forma, dov’è la sostanza della politica?

Per gli amanti della politica, questa campagna elettorale si sta profilando come un evento non proprio appassionante.
E non solo e non tanto perché l’esito al momento pare quanto mai scontato, ma proprio per quello che sta accadendo intorno ai candidati sindaci.

Le amministrative fanno sempre storia a sé, si suol dire, e in questo caso potremmo dire che la storia è quella di una disgregazione, una parcellizzazione e una personalizzazione che sta nascondendo le idee. Nell’ipotesi ottimistica che davvero di idee ce ne siano.

A oggi, senza ancora una data, tra annunci e dati storici, si può stimare che ci saranno oltre venti liste, all’interno di alcune delle quali andranno poi cercati i candidati di partiti e movimenti che si sono uniti (sic) per semplificare il quadro.

I candidati a sindaco attorno a cui si coalizzeranno saranno almeno sette, pare.
Di questi tre a spartirsi le spoglie del micromondo della sinistra che non vuole allearsi al Pd e gli altri che raccoglieranno vari simboli più o meno storici in coalizione che moriranno all’indomani delle elezioni (o entreranno in letargo per i prossimi cinque anni).

A immaginare quindi la prossima scheda elettorale, con liste personali dei candidati sindaci, liste civiche che camuffano di fatto un partito o più partiti, liste nate per raccogliere il voto dei vicini di casa e altre che aspettano invece benedizioni da Roma, viene davvero da chiedersi cosa sia ormai diventata la politica, cosa significhi oggi fare politica e quanto questo sia in diretta relazione con l’espressione del voto.

Perché se annunci, nomi e simboli (peraltro in gran parte privi di qualsiasi originalità e apparentemente intercambiabili tra tessere di mosaico e poco altro) sono già stati ampiamente diffusi, di idee e proposte vere, pensate, calcolate, ma anche immaginifiche e innovative se ne vedono poche e quelle poche finiscono in un frullato che nasce dal bisogno di emergere dei singoli non tanto sugli avversari, ma sui loro concorrenti più prossimi.

L’unica vera sorpresa che rischiano di riservare le urne saranno le percentuali di voti delle infinite liste in gara tra loro per portare acqua allo stesso candidato sindaco, spesso con radici e trascorsi comuni peraltro, e il numero di voti preso dal vicino di casa (quanti supereranno la stretta cerchia dei famigliari?).

Questa non è la politica dal basso, questa è una deriva iniziata già da tempo (e peraltro ampiamente incoraggiata negli anni da un partito come il Pd, che ora davvero rischia di perdere non solo centralità ma anche qualsiasi sostanza nella campagna elettorale) che mette le persone al centro, ma al centro del nulla, che rende tutti protagonisti per cinque minuti, i cinque minuti utili eventualmente a far votare qualcuno, più che qualcosa.
E alla fine i candidati a sindaco dovranno contare i secchi d’acqua portati dai vari alleati per premiarli come meritano o non meritano.

Si potrà obiettare che è sempre stato così, solo dietro la parvenza di appartenenze e ideologie, solo con un po’ più di pudore e magari di ipocrisia.
Possibile, ma di certo eliminando del tutto la forma data dalle apparenze, non stiamo salvando la minima traccia di sostanza.

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