E ci sono famiglie sfrattate che rifiutano di entrare nell’albergo sociale del Comune

Preferiscono restare negli hotel a carico dei Servizi sociali: nel 2014
spesi 280mila euro di fondi pubblici. Ma i padri si devono arrangiare

Domani, mercoledì 28 gennaio, verrà inaugurato il cosiddetto albergo sociale che l’assessore del Comune Giovanna Piaia aveva annunciato a Ravenna&Dintorni già la scorsa primavera (vedi articoli correlati). Si tratta di un ampliamento dello stabile di via Torre (vicino al centro iperbarico di Ravenna) già utilizzato in inverno per il Piano freddo, gestito dalla cooperativa La Casa che, in convenzione con l’Asp (l’ex Consorzio per i Servizi sociali), ospiterà stabilmente nove nuclei famigliari (solo donne e bambini) sfrattati o comunque senza più un tetto, in altrettante stanze attrezzate anche con la cucina e spazi comuni per permettere ai più piccoli di giocare insieme. Il tutto con il coordinamento di un operatore sociale che seguirà le famiglie accompagnandole nel tempo verso una soluzione alternativa, nel mercato privato, cercando di alimentare un certo turnover all’interno dell’albergo sociale.

Un intervento che permetterà di gestire meglio l’emergenza ma che certo non la eliminerà, stando anche a dati sempre più allarmanti: la scorsa settimana, infatti, erano ancora 21 i nuclei famigliari ospitati dai Servizi sociali a proprie spese in alberghi convenzionati. Si tratta di donne e complessivamente 35 bambini, costretti a vivere in una stanza, pagata dalla colletività, con soldi pubblici. E altre 26 famiglie (con 32 bambini), secondo i dati in mano al Comune presto potrebbero fare la stessa fine.

Un’emergenza esplosa improvvisamente negli anni scorsi e evidenziata anche dai numeri: se il Comune, tramite l’Asp, aveva speso circa 20mila euro nel 2012 in alberghi per famiglie sfrattate, l’importo nel 2013 si era alzato a oltre 180mila euro, mentre l’anno scorso si è chiuso con una spesa di circa 282mila euro (per 54 nuclei famigliari assistiti).

Una spesa oltretutto che come detto, riguarda solo donne e bambini, mentre gli uomini devono letteralmente arrangiarsi, trovando una sistemazione o al dormitorio, a casa di parenti o amici, oppure restando con la famiglia in albergo, ma in questo caso pagando di tasca propria la tariffa. È evidente che in questo modo spesso le famiglie vengono divise dagli stessi servizi sociali e tra gli addetti ai lavori monta la protesta. L’avvocato Andrea Maestri dello sportello Avvocato di strada, per esempio, su Facebook minaccia di adire le vie legali. «È illegale – ha scritto sul social network –. Glielo abbiamo spiegato. Se non lo capiscono, sarà guerra giudiziaria». L’assessore Piaia cerca di essere conciliante: «Capisco il problema, ovviamente tutti noi ne siamo consapevoli, ma siamo in un’emergenza e per questo chiediamo anche alle famiglie di reagire con positività, sempre per tutelare i minori. Voglio comunque incontrare Maestri e ragionare insieme su quali potrebbero essere le soluzioni alternative».

Intanto fa scalpore la notizia che, alla vigilia dell’inaugurazione, sarebbero diverse le famiglie che hanno rifiutato il trasferimento all’albergo sociale, preferendo restare nelle stanze di quelli veri, pagati dall’Asp. L’assessore Piaia cerca di giustificarle: «Ci sono famiglie che si sono adattate a questa soluzione di emergenza, magari vivono con il marito che paga la sua tariffa (all’albergo sociale gli uomini non sono ammessi, ndr), magari sono vicine alle scuole dei figli… Organizzarsi è sempre difficile e il cambiamento spaventa, ma il nostro obiettivo è svuotare man mano gli alberghi e utilizzare per l’emergenza la nuova struttura di via Torre».

Intanto, per il terzo anno consecutivo il comitato Rompere il Silenzio e Arci Ravenna hanno attivato la raccolta fondi del progetto Dona Domus per offrire posti letto a quelle stesse famiglie in difficoltà nei mesi più freddi. Partita a inizio dicembre, quest’anno la raccolta fondi si è un po’ rallentata rispetto agli anni scorsi, ma ci sono privati che stanno offrendo stanze a persone senza tetto. Tra i problemi emersi, anche quello di cercare di trovare luoghi dove persone senza più una casa possano lasciare le proprie cose. I versamenti, fiscalmente detraibili, vanno intestati a: Associazione ARCI, Via G. Rasponi 5, 48121 Ravenna, CF 92023160390 IBAN : IT80 W 08542 13103 036000228900. Causale: donazione liberale progetto “Dona domus”. Info di tipo amministrativo: 0544 219721.

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