L’elegia di Enard, a riprova di quanto stia dando la Francia alla letteratura d’oggi

EnardIl tempo interminabile che impiega il treno a raggiungere Bologna da Ravenna è uno scandalo che dovrebbe portare un popolo a scendere in piazza armato di tizzoni ardenti. Se però vogliamo prendere con filosofia il fatto che ci voglia più tempo a raggiungere Bologna da Ravenna di quello necessario ad andare da Bologna a Londra, possiamo decidere di impiegare bene quel varco temporale.
Se iniziate a leggere L’alcol e la nostalgia (E/O traduzione di Yasmina Melaouah) a Godo lo avrete terminato prima di Ozzano. Nelle cento pagine che compongono questo piccolo volumetto è condensata una storia ambientata nella carrozza di un treno.

L’autore è Mathias Énard, uno di quegli scrittori che, assieme a Emmanuel Carrére, Malyse de Kerangal, Michel Houellebecq e Annie Ernaux rendono probabilmente la Francia il paese che sta offrendo l’apporto più significativo alla letteratura contemporanea. Il treno su cui viaggia Mathias attraversa la Russia per raggiungere la Siberia. Il narratore ha con sé le spoglie dell’amico Vladimir che sta riaccompagnando nella sua terra natale per essere sepolto. Questo tragitto è un pretesto per ricordare la loro amicizia, e ragionare sul complesso rapporto tra Occidente e Russia.
Il lento scorre di quel paesaggio ghiacciato lo aiuterà a pensare, a cercare di capire cosa lo avesse risucchiato in una storia d’amore folle e ad alto tasso alcolico con Jeanne, la ragazza di cui era innamorato anche l’amico.
Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg, i ricordi muovono la narrazione più veloce del treno, che lentamente si appresta all’ultimo viaggio di quello che resta Vladimir. Ne emergono ritratti struggenti di persone e di città avvolte nella poetica patina della melanconia. L’alcol e la nostalgia è l’elegia di un amore mancato, di un’amicizia finita, di un paese incompreso.
«Da solo con i ricordi, l’alcol e la nostalgia, è tutto quello che rimane, come diceva Čechov il medico morto bevendo champagne, da solo con qualche frase, qualche verso, qualche ricordo; forse Jeanne aveva ragione, finirò per perdermi in capo al mondo, per scomparire nella notte siberiana e colare a picco nel Pacifico, ancora diecimila verste…»

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