Quanto la memoria altera il mondo?

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Silvia Calderoni

Quanto la memoria altera il mondo? In molti romanzi contemporanei si ragiona, in diversa maniera, del tema della memoria personale e collettiva. Nel ciclo di incontri Il Tempo Ritrovato che curo alla Biblioteca Classense stiamo attraversando questo tema con romanzi solo apparentemente molto distanti tra loro.
Emanuele Trevi in La casa del mago (Ponte alle Grazie) ha ripercorso ricordi di suo padre, mescolando i suoi ricordi personali a quelli di altre persone che lo avevano conosciuto: Trevi lo ha fatto partendo da un luogo: la casa in cui prima viveva il padre in cui posi si è traferito lo scrittore stesso.

Paolo Di Paolo invece in Romanzo senza umani (Feltrinelli) interroga il suo personaggio Barbi su ciò che gli altri ricorderanno di lui. Quando Barbi, che di professione è storico, scopre quanto la memoria che gli altri hanno di lui sia diversa da quella che vorrebbe lasciare dopo la sua morte tenta invano di ristabilire una coerenza storica alla sua biografia.

Con Eleonora Mazzoni abbiamo invece parlato di una delle figure letterarie italiane più fraintese: Alessandro Manzoni, a cui lei ha dedicato Il cuore è un guazzabuglio (Einaudi). Siamo partiti dal paradosso per cui moltissimi imparano sui banchi a detestate l’autore de I promessi sposi considerandolo un paludato e vecchio modello di perbenismo. Al contrario Manzoni in vita fu un personaggio molto ambiguo, donnaiolo, giocatore d’azzardo e uno scrittore pigrissimo. Manzoni mise nel suo più celebre romanzo tutte le contraddizioni degli esseri umani che lui conobbe (e spesso incarnò in prima persona) nella sua lunga e travagliata vita.

Con Silvia Calderoni parleremo invece – lunedì 6 novembre alle 17.30 alla Classense – di Denti di latte (Fandango) in cui l’attrice e autrice trasfigura la sua infanzia. Denti di latte è il racconto di una bambina che, se da un lato è l’autrice stessa, dall’altro è una fanciulla timida e introversa a cui Calderoni guarda con tenerezza e alterità. In questo caso il ragionamento sulla memoria si spinge al suo estremo. Forse non conosciamo nemmeno noi stessi. Come ci guarderemmo con gli occhi di oggi se potessimo osservarci bambini? Ci valuteremmo sciocchi, sprovveduti e puerili? E soprattutto riusciremmo ad osservarci senza giudicarci? Senza cadere nel ruolo di giudice/maestro, del genitore di noi stessi? Questa è una delle sfide più interessanti della letteratura di oggi.

In conclusione: se tanti autori, così diversi per provenienza, età e formazione, stanno indagando tutti su diversi aspetti della memoria, forse significa che viviamo un’epoca in cui la memoria ci pare di averla definitivamente perduta. E chi perde la propria memoria è costretto a vivere sempre come un fanciullo che non riesce a crescere, e forse questa è l’immagine più nitida dell’Italia in cui viviamo oggi.

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