Nel 1971 lo storico dell’arte Antonio Paolucci – che all’epoca era poco più che trentenne – dava alle stampe per le Edizioni Salera una guida d’arte dedicata a Ravenna, corredata da 119 illustrazioni. In questa guida pensata per il grande pubblico, in cui venivano descritti i principali monumenti e musei, dedicava parole intense alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe: «Una delle ragioni principali del fascino intenso che esercita sui visitatori questa grande chiesa […] è offerta dalla sua posizione isolata, lontana dal centro della città, in mezzo alla vasta campagna che lascia presagire il respiro del mare Adriatico. […] All’ascetico, antimonumentale aspetto esteriore fa riscontro, non appena si varca la porta della chiesa, la sfarzosa e veramente paradisiaca ricchezza dell’interno; il visitatore ha l’impressione di immergersi in una dimensione astratta e spirituale, lontana dalle contingenze del mondo e la luce che filtra dalle finestre laterali e absidali, riverberandosi sulle superfici musive, trasfigura il vano architettonico e suggerisce uno spazio vibrante, misticamente aperto che fa veramente pensare all’immateriale splendore del regno di Dio […]. Il cuore artistico ed emotivo dell’ambiente sacro è costituito dall’amplissima curva absidale interamente coperta, come l’arco trionfale che la precede, di splendenti mosaici: vero e proprio golfo mistico che irresistibilmente assorbe con la sua luce diffusa, con i suoi colori teneri e irreali, l’attenzione degli astanti».
Condividi