All’ultimo Biografilm Festival di Bologna ha vinto un documentario molto intenso e drammatico, capace di affascinare nella tristezza e nel dolore, e di suscitare profonde riflessioni non banali. Parlo del film After the Bridge dei registi Davide Rizzo e Marzia Toscano.
Il titolo inglese per questo documentario italiano non è un vezzo esterofilo, perché il ponte citato dal titolo è il London Bridge di Londra, dove il 3 giugno 2017 avvenne un attacco terroristico jihadista a colpi di coltello nel quale morirono 8 passanti e i 3 terroristi. Tra i membri del gruppo terrorista c’era Youssef Zaghba: residente da anni a Londra, nato in Marocco, e di madre italiana: la bolognese Valeria Collina. Il film è la storia di questa madre e dello sconvolgimento della sua esistenza a partire da quel giorno.
Valeria Collina è figlia di un partigiano della Valsamoggia e ha vissuto la Bologna degli anni ’70 nelle sue lotte politiche e contestatrici. È stata femminista e animatrice del teatro povero di Grotowski, dove poi ha incontrato il suo futuro marito, un ragazzo marocchino per il quale si era convertita all’Islam e trasferita con lui in Marocco. Dopo 20 anni, il divorzio dal marito e il ritorno in Italia, senza rinunciare alla religione musulmana.
Una vita avvincente, purtroppo segnata dalla tragedia del figlio. Una storia che ci racconta del terrorismo attraverso lo sguardo e le emozioni della madre del terrorista, le sue scelte di vita ricostruite attraverso super8 personali dell’epoca e interviste attuali, in un dolente intersecarsi di passato e presente. Valeria Collina a 70 anni condanna pubblicamente le azioni del figlio; e si ritrova sola a riflettere sul suo dolore con sobria dignità, con grande autocoscienza critica, cercando di fare pace con la memoria di suo figlio. Il Privato e il Pubblico non sono distinti, e quella che sembra essere il semplice tentativo quasi terapeutico di sopravvivere al proprio personale senso di colpa come madre, si allarga dentro la storia collettiva per comprendere in quale modo gli esseri umani tutti possano migliorare e vivere pacificati con se stessi e col mondo intero.
La crepa della violenza apertasi nella vita di Valeria, vittima anche lei, può e deve ricomporsi, non dimenticando il passato, ma ricominciando l’esistenza, attraversando tutti i sensi di colpa e tutti i rimpianti di una madre che soffre, distinguendo alla fine con grande e faticosa lucidità i propri errori dai valori e dalle scelte che, comunque, furono e rimangono giusti.