Il protagonista agli ultimi premi Oscar 2025 è stato un film outsider: parlo di Anora di Sean Baker, regista americano indipendente non legato alle major hollywoodiane. Baker però non è un neofita. Intanto Anora ha vinto a maggio 2024 la Palma d’oro a Cannes come miglior film; e anche nei suoi precedenti film Tangerine (2015), Un sogno chiamato Florida (2017) e Red Rocket (2021), Sean Baker ha sempre mostrato un bel talento pieno di idee fresche e sbarazzine, partecipando sempre a festival come Cannes, Sundance e Roma.
Anora ha appena vinto 5 Oscar, tutti di peso: Miglior film; regia; sceneggiatura; montaggio; e Miglior attrice protagonista Mikey Madison (la ricorderete in C’era una volta a Hollywood di Tarantino, dove era la discepola di Charlie Manson che muore bruciata col lanciafiamme), punta di diamante di un cast molto frizzante e talentuoso.
Anora, detta Ani, ha 20 anni ed è una giovane ragazza di New York. Lavora come strip girl ed escort di lusso in un night club pieno di ricchi annoiati. Spogliarelli, sesso a pagamento, una disincantata vendita del proprio corpo. Una sera al locale conosce Ivan, un giovane ragazzo russo. Ivan le chiede un appuntamento extra per il giorno dopo a casa sua: che è una villa enorme, lussuosa, esagerata, il segno di una ricchezza inimmaginabile. Ivan è figlio di un oligarca russo, ed è in vacanza negli Usa. Ivan si invaghisce di lei, e la “assume” per una settimana, dove sarà la sua fidanzata, in un crescendo di feste, alcool e droga. Una settimana di pazzie, passata dai due giovani tra sesso e videogiochi, finché non vanno a Las Vegas, e lì Ivan le chiede di sposarla, e Ani accetta. Ma quando tornano, novelli sposi, la famiglia di lui scopre la cosa, e i nostri protagonisti diventeranno molto diversi…
Anora segue quasi alla lettera l’inizio di Pretty Woman, qui declinato in versione Rich Kids of Instagram russo-oligarca, con la favola di Cenerentola che sposa il ricco Principe Azzurro, ma incontrando poi la classica opposizione alla Romeo e Giulietta. Il film mescola bene il tono da commedia col dramma dell’amore contrastato, un po’ Cassavetes nelle sue meccaniche di relazione, un po’ inseguimento rocambolesco nella metropoli, con personaggi ironici e caricaturali. Ma c’è un retrofondo molto amaro. Se in Pretty Woman c’è la trasformazione di Richard Gere da squalo della finanza a onesto cittadino solidale con i deboli, grazie all’amore per Julia Roberts, qui nulla di tutto questo: si assiste alla messa in scena di un tragico vuoto esistenziale, dove Ivan è solo uno straricco viziato e Ani solo alla fine si manifesta nelle sue debolezze, con un contrasto giovani-vecchi sincero ma molto scontato. Cosa rimane? Solo l’umana empatia tra gli ultimi della scala sociale, comprati e divorati dai pochi ricchi, in un finale desolato e scorante, una triste favola che sfiora solo la critica al sistema. Un buon film, ma tutti questi Oscar mi sembrano eccessivi.