“Le otto montagne”, film troppo lungo ma di un’impressionante forza espressiva

Inevitabile, dopo il Premio della Giuria a Cannes 2022, ed essere stato ora riconosciuto come Miglior Film ai recenti David di Donatello, parlare del film Le otto montagne. Molto amato dalla critica e ben apprezzato dal pubblico, che dopo l’uscita a dicembre ora potete vedere in piattaforma streaming. Film dalla nazionalità ibrida, coproduzione tra Italia, Francia e Belgio: i registi sono i belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch; la storia è tratta dall’omonimo libro di Paolo Cognetti; gli attori sono i bravi Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi ed Elena Lietti.
Ricordo Felix Van Groeningen come regista per i bei film Alabama Monroe (2012) e Belgica (2015), e la sua compagna Charlotte Vandermeersch come attrice e sceneggiatrice degli stessi: storie forti e pregnanti su esistenze al limite e vite borderline.

Le otto montagne racconta la storia dell’amicizia tra Pietro, bambino della città di Torino, e Bruno, bambino delle montagne piemontesi. Il padre di Pietro è ingegnere originario della montagna, dove va in vacanza con la famiglia appena possibile; il padre di Bruno è muratore all’estero, e il ragazzo segue l’alpeggio dello zio. L’amicizia tra i bambini si interrompe bruscamente quando Bruno, che avrebbe douto andare a Torino per studiare al liceo, viene invece portato via dal padre per diventare muratore. Solo molti anni dopo i due amici si reincontrano, nella stessa montagna. Il padre di Pietro è morto e ha lasciato una vecchia baita in quota, che i due amici iniziano a rimettere a posto e a vivere. Bruno rileva l’attività dell’alpeggio, Pietro lo sostiene e intanto diventa uno scrittore di successo e inizia a viaggiare per il mondo, soprattutto in Nepal lungo le sue montagne; ma sempre avendo come centro di gravità permanente la montagna della loro amicizia…

Le otto montagne viene descritto come un film su una grande amicizia. È vero: ma il tema centrale del film non è tanto o solo l’amicizia, bensì il come l’uomo cresce e da bambino diventa adulto. I bambini Pietro e Bruno cercano di cancellare le impronte dei loro padri, di ribellarsi ai destini desiderati per loro dai padri, salvo poi ritrovarsi, anche tragicamente, nelle loro origini che per entrambe sono la Montagna: luogo della memoria e della evasione dalla città per il padre di Pietro, luogo da rispettare e dove vivere, lavorare e morire per lo zio di Bruno, suo vero padre putativo.

Un film profondamente spirituale, di quel pensiero che nasce spontaneamente dall’incontro tra la durissima roccia del terreno e l’azzurro limpido del cielo; che visivamente sceglie uno stile povero, da documentario anni ‘60, concentrandosi su lunghe catene di eventi che portano tutte alla radice e all’origine dei due uomini protagonisti. Un limite nel film è la sua lunghezza che, per quanto distillata di verismo poetico e visivo, spesso si ripete senza evoluzioni; ma la sua forza espressiva rimane notevole e impressionante.

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