“Holy Spider”, thriller politico, sociale e antropologico sull’Iran

Troppe nazioni sono erroneamente associate a un cinema solo “impegnato” e “intellettuale”, che spesso diventano sinonimi di “noioso”: e dubito che l’Iran esca da questo stereotipo. Il problema è in realtà dovuto a una distribuzione che nel passato ha faticato a uscire dal cliché più generale del cosiddetto “cinema d’autore”, per il quale se cinema iraniano (o altro) doveva essere, allora si dovevano proporre solo alcuni tipi di film.Per fortuna le cose sono cambiate e oggi in sala potete andare a vedere il bel film Holy Spider: un film sorprendente che racconta la storia vera di un serial killer iraniano di prostitute. Tra il 2000 e il 2001, nella città santa di Mashhad in Iran, Saeed Hanaei, un ex reduce delle guerra Iran-Iraq degli anni ‘80 e devoto padre di famiglia, uccise 16 donne ai margini della società, tossicodipendenti che si prostituivano, perché per lui peccatrici indegne di vivere nella città santa.

Il regista Ali Abbasi è iraniano, ma da anni abita in Danimarca; lo ricorderete per il thriller-fantasy Border, e lo apprezzate in questi giorni per la regia di due episodi della serie post-apocalittica The Last of Us.

Holy Spider è un’opera straniante. Consideriamo gli elementi narrativi e stilistici del film: un serial killer di prostitute, fondamentalista religioso, veterano di guerra; le indagini della polizia senza successo; la protagonista Rahimi, una tenace e coraggiosa giornalista che cerca di scoprire chi è il mostro che uccide le povere ragazze (interpretata da Amir Ebrahimi che ha vinto come miglior attrice a Cannes); una città che di giorno accoglie i pellegrini fedeli e di notte diventa lo sfogo di tutte le perversioni di una società perbenista solo di facciata.

Tutto compone il tipico plot di un film americano sui serial killer, nel quale il reduce ha fatto la guerra in Vietnam o in Iraq, il fanatismo religioso è protestante e non islamico, e Mashhad assomiglia ai ghetti di Los Angeles. Se quindi è molto interessante vedere il tema del serial killer, anche nella sua componente più horror, declinato in un contesto atipico come quello iraniano, la vera forza del film è nell’essere un thriller politico, sociale e antopologico, che ci spiega il sostrato umano e culturale alla base dei recentissimi movimenti di protesta femminili in Iran. Il vero finale è nel come evolvono i personaggi e tutta la popolazione. L’assassino Saeed è infatti stato considerato da molti un santo e un martire la cui “opera” andrebbe continuata: ed è questa la parte più horror raccontata.

Holy Spider non è un film isolato. Dall’Iran, negli ultimi anni, sono venuti film memorabili come Tehran: Taboo di Ali Soozandeh (2017) e Tehran: City of Love di Ali Jaberansari (2019), che raccontano la schizofrenia di una società in cui amore e sesso non sono liberi, e dove corruzione, prostituzione e droghe convivono con la legge religiosa.

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