Perché Casola Valsenio è uguale a Milano?

 

Senza entrare nel merito delle nuove misure anti Covid, da giornalisti locali, ci viene naturale sottolineare come nei mesi post lockdown un po’ tutti gli amministratori pubblici, a vari livelli, erano concordi nel dire che la prossima volta non ci sarebbe stato un lockdown generalizzato in tutto il Paese. Fu in primis l’ex commissario regionale Sergio Venturi, che abbiamo imparato a conoscere durante i mesi più bui dell’epidemia grazie al suo aggiornamento giornaliero in streaming, a esprimere i propri dubbi sul lockdown. Meglio prendere provvedimenti solo per determinate “zone rosse”, si era detto. Al rialzarsi della “curva” il Governo aveva dato mandato ai sindaci di decidere sul coprifuoco. Pareva quello che si era detto. E invece dapprima sono stati i sindaci a mettere le mani avanti chiedendo di non far ricadere su di loro le decisioni più stringenti, poi sono state anche le Regioni, a chiedere una normativa unica per tutta l’Italia. E il nuovo Dpcm li ha accontentati tutti, con il meraviglioso risultato che, tanto per fare un esempio concreto, i cittadini di Casola Valsenio, comune della Romagna faentina che dall’inizio della pandemia (fine febbraio) ha visto in tutto infettarsi 3 residenti, devono ora rispettare gli stessi divieti di quelli della città di Milano, dove i contagi la scorsa settimana sono arrivati a essere quasi 500 al giorno.

Qualcuno ci spiega, con parole semplici, cosa è cambiato rispetto a quanto era stato auspicato un po’ da tutti?

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