Quando i Litfiba facevano la storia del rock italiano…

 

Litfiba – Desaparecido (1985, I.R.A. Records)

DesaparecidoNel 1985 frequento il Liceo Classico e sono un ribelle borghese in una scuola borghese, ascoltare U2 e Iron Maiden fa di me la persona di gran lunga più stramba di una scuola in cui imperversano Dylan e De Gregori. Mia sorella di un anno più giovane va all’Artistico e un giorno mi torna a casa coi capelli blu e una serie di dischi di gruppi che non conosco: Litfiba, CCCP, Ritmo Tribale, Joy Division. Superato lo shock di essere sorpassato a destra in quanto a ribellione, li ascolto e… Roba fortissima, da perderci la testa!

Prendiamo questi Litfiba per esempio. Desaparecido inizia con un pezzo epico che si chiama “Eroe Nel Vento”: musicalmente è diverso da tutto quello che conosco, non capisco del tutto, ma mi fa impazzire. Tutt’oggi mi parla molto. E ci sono altri pezzi che ricordo bene: Istanbul, La Preda, Tziganata, Guerra…

C’è un aneddoto sul particolare approccio vocale di Piero Pelù, cantante dei Litfiba: pare che uno dei loro primi concerti, quando erano ancora una cover band, fosse di spalla a un gruppo progressive di Lugo, di quelli col batterista che canta, sapete… Tutta roba molto arzigogolata e teatrale. Bene, pare che Pelù da allora si sia ispirato allo stile di questo cantante, partorendo così il suo mitico “Hua!”. Ma attenzione alla facile ironia: i Litfiba sono stati per anni un gruppo pazzesco, anche con gli album seguenti 17 Re, Aprite I Vostri Occhi e 3. Poi arriva il meritato successo e con esso una minore carica esplosiva, un abbandonarsi a un rock classico da stadio. Con El Diablo inizia l’inevitabile calo, che il sottoscritto vive dolorosamente sulla propria pelle quando, al loro concerto al Palatrussardi di Milano, si vede sciorinare di seguito una molle versione ballad di “Eroe Nel Vento” e una versione di “Tequila” di circa 15 minuti, con tanto di assolo di percussioni. Esco dal concerto sapendo che purtroppo quell’epica è finita.

Ma massimo rispetto, comunque. E ancora anni dopo, incrociando Pelù tra i vari festival, devo dire che si tratta di un animale da palco incredibile. Uno che a sessant’anni suonati salta a piè pari sui monitor mantenendo un’emissione vocale circa doppia rispetto a un uomo normale.
Ricordo ancora gli Afterhours in camerino dopo un concerto in cui lui aveva cantato come ospite: “siamo diventati piccoli così”, commentavano ammirati Agnelli e Iriondo. Per cui ok, “Hua” fa ridere anche me, ma giù le mani da chi ha fatto la storia del rock italiano…

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