giovedì
30 Ottobre 2025

Shyamalan torna con un film che ti “intrappola”

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Trap (di M. Night Shyamalan, 2024)
Shyamalan è uno di quei registi che o si ama o si detesta, e chi scrive appartiene storicamente al secondo gruppo: da Il sesto senso in poi ho sempre trovato i suoi film un po’ tronfi, fintamente autoriali, di fatto un po’ banali… A conti fatti mi dispiace e proprio per questo non mi do per vinto e continuo a provare le sue nuove opere. Con Trap, almeno in parte, ci siamo leggermente riconciliati: il film è innegabilmente inverosimile, e certe situazioni richiedono allo spettatore una dose di sospensione dell’incredulità degna di un corso universitario, ma il risultato finale è sorprendentemente godibile. La storia (che non conviene svelare troppo, pena rovinare l’effetto sorpresa) parte da un contesto apparentemente ordinario: un padre accompagna la figlia adolescente a un concerto.

Fin qui tutto normale, se non fosse che l’aria comincia a farsi sospetta, il clima si fa teso e, senza che quasi ce ne accorgiamo, ci ritroviamo intrappolati in un meccanismo narrativo che è un misto fra thriller, dramma familiare e grottesca messa in scena della paranoia collettiva. Shyamalan gioca come al solito con la percezione dello spettatore, ma stavolta lo fa con una regia sorprendentemente asciutta, che rinuncia alle solite trovate enfatiche e si concentra sul ritmo, mantenendo viva l’attenzione dall’inizio alla fine. Molto convincente il protagonista (Josh Hartnett), che regge il film sulle proprie spalle con un carisma che non si vedeva da tempo, e curiosa la scelta di inserire nel cast dandole una vetrina importantissima la figlia del regista, Ishana Night Shyamalan, che si rivela più che all’altezza, anche a livello musicale, essendo lei la protagonista del concerto.

Certo, le situazioni non sempre stanno in piedi se le si analizza con un minimo di logica, ma la tensione è calibrata bene, e la colonna sonora contribuisce a creare quell’atmosfera sospesa che rende difficile staccarsi dallo schermo. Interessante anche il drastico cambio di location, riservato per l’ultima parte del film, una scelta sorprendentemente efficace e che riesce a portare il film al di fuori di una logica di “cortometraggio allungato”. In definitiva, Trap non è il film che farà ricredere i detrattori del regista, e anzi forse saranno i suoi fan a storcere il naso, ma è uno di quei casi in cui, pur scuotendo la testa per l’assurdità di certi snodi, ci si diverte a lasciarsi trascinare nel gioco e farvi in qualche modo parte. È cinema di puro intrattenimento, e a volte va bene così: chi cerca il realismo farà meglio a rivolgersi altrove, chi invece vuole un paio d’ore di tensione ben confezionata troverà pane per i suoi denti. E in fondo, nonostante tutto, ci si ritrova a pensare che magari, stavolta, Shyamalan abbia intrappolato anche noi.

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