Untamed (Serie TV, 6 episodi)
Ci sono film e serie che riescono a trasformare la natura in un personaggio principale, se non protagonista, e Untamed appartiene senza dubbio a questa categoria. È proprio quel paesaggio sconfinato, con le sue valli, le cascate fragorose e le foreste infinite, a catalizzare lo sguardo e a rubare la scena a chiunque osi muoversi al suo interno. Gli attori sono di prima categoria (Eric Bana e Sam Neill), e fanno il loro dovere, con prove solide e professionali, ma alla fine la vera star è la natura, che non ha bisogno di chissà quale scrittura per imporsi con una presenza scenica insuperabile. Il problema è che, tolto il protagonista “naturale”, il maestoso parco di Yosemite, rimane ben poco di memorabile, e la causa va ricercata nella storia stessa.
La trama, infatti, è talmente naturale, che risulta telefonata e costruita come se fosse stata assemblata con dosi non indifferenti di banalità. Già dopo i primi due episodi lo spettatore più smaliziato ha intuito dove si andrà a parare, e l’effetto sorpresa, se mai ci fosse, evapora in fretta. A rendere il tutto più prevedibile contribuiscono dialoghi convenzionali e dinamiche tra i personaggi che sembrano prese in prestito da cliché già visti decine di volte. Non è che manchi la struttura cinematografica, anzi le inquadrature sono curate, gli attori, neanche i secondari, non stonano e le musiche dicono la loro, ma la sensazione generale è quella di aver creato un viaggio in un luogo magnifico e mostrato così com’è. L’incipit della vicenda, mostrato in un contesto così potente, offriva possibilità enormi, perché vedere questa ragazza precipitare così nel vuoto (non è spoiler, succede subito) ci spalanca gli occhi con voglia di vedere e sapere; e la voglia di leggere il tutto immerso nell’imprevedibilità della natura, sinceramente lasciava pensare a qualcosa di meglio. Invece il film (perché di film si tratta) preferisce appoggiarsi a un canovaccio rassicurante, come se temesse che il pubblico non sapesse cavarsela senza la solita dose di conflitti prefabbricati e soluzioni già pronte, in primis le solite famiglie problematiche, che sappiamo esistere, ma che vorremmo prima o poi non vedere.
Il risultato è che Yosemite finisce per oscurare tutto il resto, imponendosi non solo come sfondo, ma come vero e unico motivo per cui valga la pena guardare Untamed. Alla fine si esce dalla visione con negli occhi le immagini del parco, certo, ma con la netta impressione che la sceneggiatura sia rimasta intrappolata tra le montagne. Forse sarebbe stato meglio un documentario, perché almeno lì nessuno avrebbe finto di raccontarci una storia che non decolla mai e che viaggia verso un’altra stagione. A proposito di documentari, va assolutamente recuperato Free Solo, che parla di un’arrampicata nella parete El Capitan dello Yosemite, che nel 2018 ha fatto incetta di premi (tra cui l’Oscar dedicato) e di emozioni.



