L’Italia d’Oltremare

In mostra a Forlì l’urbanistica e le architetture coloniali  tra Mar Egeo, Balcani e Corno d’Africa

Nel 1937, mentre a Roma si inaugurava Cinecittà, la fabbrica del cinema e della propaganda mussoliniana, in Africa Orientale Italiana si immaginava la capitale dell’Impero da poco proclamato. Il piano urbanistico per Addis Abeba è la magniloquente dimostrazione delle ambizioni colonialiste del regime che subiscono una intensa, quanto effimera, accelerazione proprio dopo la Guerra di Etiopia. L’Italia d’Oltremare, con l’occupazione dell’Albania nel 1939, spaziava dalle Isole dell’Egeo fino ai Balcani, alla Libia e al corno d’Africa. La mostra Architettura e Urbanistica nelle terre d’Oltremare. Dodecaneso, Etiopia, Albania (1924-1943), inaugurata negli spazi dell’Ex GIL di Forlì lo scorso 21 aprile, si occupa di questo particolare capitolo della storia dell’architettura e dell’urbanistica italiana al di fuori della madrepatria, durante il regime fascista.

22 Aprile 2017. Un momento della conferenza inaugurale della mostra

La politica espansionista inaugurata con Crispi, si trasforma sotto la dittatura, in anelito di redenzione e valvola di sfogo per una popolazione operaia e bracciantile in crescita che premeva pericolosamente all’interno dei sacri confini. Così le campagne di colonizzazione, dettate da fattori ideologici (appagare lo spirito guerriero del popolo italiano) ma anche contingenti (dare la terra ai contadini che ne erano rimasti privi), ebbe come conseguenza pratica quella di italianizzare terre, villaggi e città.
Queste trasformazioni interessarono le isole di Rodi e Kos già dalla metà degli anni ’20 e, successivamente, realtà urbane come Tirana, Gondar, Addis Abeba, Massaua. L’approccio progettuale fu dapprima rispettoso e quasi mimetico grazie al recupero di un linguaggio localista caro, ad esempio, a Florestano di Fausto che dopo l’esperienza nella maggiore delle isole egee, sarà chiamato a disegnare la nuova Predappio.
L’esposizione, allestita nell’ambito del Festival Forlì. Citta del 900, racconta anche la storia di distruzioni a volte funzionali alle previsioni urbanistiche ma più spesso finalizzate a cancellare le tracce del patrimonio culturale delle popolazioni occupate. È il caso delle distruzioni della città-convento di Däbrä Libanos come ritorsione al fallito attentato al Viceré Rodolfo Graziani, ancora nel 1937. L’idea era di dipingere la nuova terra di conquista come tabula rasa,1 cancellando ove possibile quelle tracce storiche che avrebbero potuto costituire il simbolo di unità e ribellione allo straniero occupante. Quelle terre, in realtà, vantavano un patrimonio culturale millenario che la politica della spada e dell’aratro, preferiva allontanare (si pensi all’obelisco di Axum) o distruggere.2
È nota la fascinazione provata da Le Corbusier nei confronti di Mussolini e lo stesso progettista del Plan Obus di Algeri considerava l’Italia (compresi i suoi possedimenti), il paese dove era realmente possibile realizzare l’Architettura Moderna (!); tuttavia il Duce non ricambiava la simpatie, considerando l’architetto svizzero «eretico calvinista», come ha ricordato il professore Ulisse Tramonti – curatore della mostra, allestita con la collaborazione di Riccardo Renzi e Marino Mambelli – nel corso dell’inaugurazione.

Furono sempre preferiti, alle soluzioni esterofile, progettisti interni agli uffici del Governatorato, su tutti Cesare Valle e Gherardo Bosio: il primo, romano e progettista dell’edificio che ospita la mostra (vedi scheda di approfondimento), è tra i principali estensori del piano di Addis Abeba, mente il secondo, fiorentino, si è occupato del ridisegno di Tirana.
Sono proprio i materiali originali prestati dagli eredi dei due progettisti a rendere preziosa la mostra: chine e grafite su lucido, schemi alla scala topografica e dettagli degli arredi, copie delle pubblicazioni d’epoca che raccontano una faraonica opera di urbanizzazione che, nel caso della Capitale dell’Impero, era ancora incompleta al momento dell’occupazione inglese del 1941.3
Forlì, con questa esposizione, conferma il percorso inaugurato con l’itinerario Atrium che ormai rappresenta una delle più importanti realtà per lo studio critico delle vicende urbane e architettoniche legate ai regimi totalitari in Europa durante tutto il Novecento. La città e la Regione sono consapevoli del peso di questa “eredità dissonante”, per certi versi ancora scomoda.
Tuttavia la distanza temporale permette già una completa “elaborazione culturale” di questo periodo e per questo è stata approvata nel 2016 la Legge sulla Memoria del Novecento (L.R. n. 3 del 3 marzo 2016), finalizzata allo studio di questa controversa fase storica per capire meglio il presente.

Cesare Valle, Ignazio Guidi, Arturo Bianchi, Addis Abeba, “P.R.G., veduta prospettica della grande arteria che allaccia la vecchia città indigena con il nuovo centro politico-amministrativo, 1937 (Archivio eredi Valle, Roma)

La mostra sarà visibile al pubblico fino al 18 giugno 2017.

 

> La Casa Stadio dei Balilla diventa spazio per la cultura

L’ex GIL con in primo piano il corpo absidato e la torre Littoria (foto dell’autore)

L’edificio che ospita la mostra è testimonianza dello stesso periodo storico all’interno del quale si muovono i progetti in essa raccontati. La Casa Stadio dell’Opera Nazionale Balilla di Forlì, edificio meglio noto come Ex GIL, viene edificato tra il 1933 e il 1935 su progetto di Cesare Valle e in ossequio al programma nazionale di educazione della gioventù, attuata tramite la formazione e lo sport operata proprio dall’ONB, che trasferirà alla Gioventù Italiana del Littorio (GIL) le proprie competenze a partire dal 1937. La Casa Stadio forlivese, riconosciuta dalle riviste dell’epoca, come un modello compositivo poteva vantare in un’ampia dotazione funzionale di spazi interni e all’aperto.

I volumi netti derivavano dall’applicazione di un codice ormai diffuso nel razionalismo di regime; l’accostamento di un corpo absidato all’immancabile torre littoria (30 metri) e il susseguirsi di porticati e cortili sembra trasformare l’edificio dell’istruzione in un moderno monastero dove fin dall’adolescenza si veniva indottrinati alla nuova religione di stato. Anche il contrasto tra l’intonaco rosso cupo e il travertino dei basamenti è in perfetta sintonia con il linguaggio che doveva rendere riconoscibile – dalle Alpi all’Oceano Indiano – l’impronta sul territorio del nuovo ordine che, tuttavia, stava correndo sull’orlo della disfatta.

Dopo anni di abbandono e incuria, l’edificio divenuto proprietà del Comune di Forlì nel 1999 viene recuperato a nuova vita, grazie ad un importante intervento di restauro (costato circa 7 milioni di euro, divisi tra Comune, MIBACT e Fondazione MPS) che ha restituito la stabilità strutturale e la continuità funzionale delle diverse parti ad uno dei grandi monumenti di Viale della Libertà e nuovi spazi per la cultura. L’ex GIL è stato inaugurato nel settembre del 2015 con due mostre: una dedicata al suo progettista (autore nell’ stesso arco temporale di altri edifici pubblici nel capoluogo e nella provincia) e del progetto di restauro ed oggi rappresenta il perfetto contenitore delle attività della rotta culturale ATRIUM.

 

Note

1 U. Tramonti, Addis Abeba. Piano Regolatore 1936-1939, in Architettura e Urbanistica nelle terre d’Oltremare, Bononia University Press, pag. 160. Catalogo della mostra presso l’Ex GIL (22 aprile-18 giugno 2017).
2 L’Italia tornerà ad occuparsi del patrimonio culturale della Chiesa Copta etiope, questa volta proteggendo e valorizzando le chiese ipogee del sito Unesco di Lalibela, grazie al progetto di Teprin Associati che nel 1999 vince un concorso internazionale. Lo studio ravennate realizzerà «Un cielo architettonico bianco, come gli abiti della tradizione locale, e informe, per non intaccare la pura stereometria lapidea dei luoghi di culto copti, resi quasi immateriali dalle stelle artificiali che di notte le sospendono tra la terra alla quale appartengono e il cielo (quello vero) che come un manto nero li protegge». Cfr. D. Mollura, Quando l’architettura incontra la scrittura, “Trovacasa Premium”, n. 77, Ottobre 2012, pag. 41.
3 U. Tramonti, Addis Abeba. Piano Regolatore 1936-1939, cit., pag. 160.

AGENZIA MARIS BILLB CP 01 01 – 31 12 24
NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
AGENZIA CASA DEI SOGNI BILLB 01 01 – 31 12 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24