Un tributo al genio di Vico Magistretti

Rievocazione del geniale architetto e designer milanese nello showroom Biagetti di Ravenna

Deposito MM, Fondazione studio museo Vico Magistretti

Giovedì 20 ottobre, nello showroom Biagetti di Ravenna, si è tenuta una serata in ricordo del decennale della scomparsa di Vico Magistretti, architetto e raffinato intellettuale milanese, le cui opere di design sono esposte nella collezione permanente del Moma di New York e in altri musei in America e in Europa. La pregevole location e la collaborazione all’evento di De Padova, storico marchio milanese del design, ci ha fatto capire nuovamente l’importanza di uno dei maestri dell’italian design e dell’architettura, a dieci anni dalla scomparsa, avvenuta il 19 settembre 2006.
Vico nasce in una famiglia della borghesia milanese nel 1920; suo padre è l’architetto Pier Giulio Magistretti, autore di vari edifici della Milano degli anni Venti e Trenta e gli lascerà in eredità un avviato studio professionale. Studia architettura al Regio Politecnico di Milano dal 1939 al 1945, anni in cui ha l’opportunità di frequentare personaggi come Giò Ponti e poi Ernesto Nathan Rogers che incontra durante il soggiorno in Svizzera quando studia al Champ Universitaire Italien di Losanna. Negli anni Cinquanta diviene uno degli esponenti di spicco nello scenario milanese, firmando edifici come la torre al Parco in via Revere (1953-56, con Franco Longoni) e il palazzo per uffici e abitazioni in via Leopardi (1958-61, con Guido Veneziani).
Manfredo Tafuri lo segnalerà nella sua Storia dell’architettura italiana descrivendolo come un «professionista abile, capace di modulare inquiete aggregazioni volumetriche, come nell’edificio della Società “L’Abeille”», cioè proprio quello di via Leopardi. Parlando della generazione dei giovani architetti che si affacciano sul mondo della professione nel dopoguerra, tra i quali c’è anche Magistretti, Marco Biraghi traccia un quadro illuminante, allorché parla di «una razionalità intesa non come “stile” quanto piuttosto come ragionevolezza dell’approccio progettuale, una volontà di chiarezza, di intelligibilità delle forme e il tentativo di istituire un rapporto con il luogo» (Storia dell’architettura contemporanea).
Le architetture di Magistretti, così come le sue opere di design a partire dalla mitica lampada Eclisse (1966, Premio Compasso d’Oro nel 1967), sono state brillantemente illustrate al Biagetti Design Store da Margherita Pellino, membro della «Fondazione studio museo Vico Magistretti», che dal 2010  ha sede nello storico ufficio a fianco della piazzetta su cui si affaccia la chiesa di Santa Maria della Passione, dove l’architetto milanese ha lavorato dal 1946 al 2006. Qui ferve un’intensa attività di mostre di design e architettura, visite guidate, conversazioni, incontri laboratori e attività educative per gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado.
La giovane relatrice, nipote di Vico, ha raccontato come il nonno, autore di icone che hanno fatto storia, fosse particolarmente ossessionato dal problema della “semplicità”, della quale parlava come della «cosa più complicata del mondo»; basti pensare, potremmo aggiungere noi, alle maniglie disegnate nel 1994 per Fusital o al tavolino Gemini in cristallo curvato del 2006 per Fiam. Nel corso della serata sono state proiettate due testimonianze personali, riprese all’interno dello “studio museo”. Si tratta di Patricia Urquiola, famosa designer spagnola (Oviedo 1961), che nel 1996 firmava la Chaise Longue insieme a Vico, e Stefano Boeri (Milano, 1956), architetto milanese autore del premiato grattacielo “bosco verticale” e professore ordinario di Progettazione Urbanistica al Politecnico di Milano, che ha segnalato le peculiarità del linguaggio e delle scelte compositive di Vico, come quando ha illustrato la particolare scelta del tetto per il deposito MM di Famagosta. Il tributo al maestro quest’anno si arricchisce di una mostra molto interessante, dal titolo Interni milanesi. Architetture domestiche di Vico Magistretti, curata da Vanni Pasca con Manuela Leoni (allestimento di Francesco Librizzi Studio, ricerche d’archivio a cura di Margherita Pellino) visitabile allo “Studio Museo” fino al 18 febbraio del prossimo anno.
Come scrivono i curatori, «la mostra mette a fuoco uno dei molti aspetti inediti dell’opera dell’architetto: la progettazione di ambienti domestici di città, modellati attraverso una minuta opera di cesellatura, che agisce tanto su invarianti spaziali ricorrenti nel linguaggio di Magistretti (scale, camini, aperture sagomate, ecc.) quanto sul piano dell’arredo»; non a caso nel 2005 Vico ha ricevuto il premio speciale “Abitare il tempo”. Si tratta dunque di un tema direttamente collegato agli interessi di questa rivista, che ormai da tempo indaga sui molteplici aspetti dell’abitare, questa volta dalla provincia alla metropoli lombarda.

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