Ventisettesima udienza / In corte d’assise al processo che vede Matteo Cagnoni imputato per uxoricidio, appassionato intervento del legale Giovanni Scudellari. Fa sorridere citando l’orco Shrek e fa commuovere recitando la mattanza in prima persona: «Se il marito avesse avuto altri due giorni non avremmo trovato nessun cadavere». Chiesti 4,15 milioni di euro come provvisionale per il danno morale e ereditario
All’avvocato non manca l’esperienza, lo dice lui stesso: tra primo grado, appello e Cassazione questa è la 28esima assise a cui prende parte. Sa dosare bene le pause, gioca con il tono di voce, si muove a destra e sinistra. C’è da chiedersi come siano sopravvisuti gli occhiali da vista: inforcati e lanciati sul banco chissà quante volte, poi stretti nel pugno. Il fratello della vittima, seduto accanto, ha il suo da fare per evitare la manica della toga sulla testa e poi diventa inconsapevole partner con cui Scudellari mima l’aggressione. Prima di andare in scena aveva ripassato in fretta il suo intervento sotto i portici della tribunale. Passeggiando avanti e indietro, tra esercizi di respirazione e labbra che ripetono veloci. L’intento è principalmente uno: dare alla corte più elementi possibili a sostegno dell’aggravante della crudeltà, una delle due contestata dall’accusa e che se riconsciuta in caso di condanna significherebbe ergastolo. Scudellari cita la giurisprudenza dei casi in cui le sentenze l’hanno riconosciuta, ogni volta per una ragione diversa: «Qui troviamo tutte le componenti della crudeltà: la durata dell’azione omicidiaria, il mezzo utilizzato per uccidere prolungando l’agonia anziché ridurla, la modalità di chi si è accanito sulla faccia».
Ma prima di far commuovere, l’avvocato aveva fatto sorridere. Non poteva che essere altrimenti quando ha alzato la foto dell’orco verde Shrek lasciando spazio all’ipotesi, volutamente sarcastica, che fosse il colpevole. Un ragionamento partito dalla pista alternativa fornita dai consulenti della difesa: gli ematomi sul collo di Giulia sarebbero segni di strangolamento, così grandi da dover essere attribuiti a un uomo con guanti molto grandi o a un agromelico. «Lo scrive il dottor Tagliabracci nella sua relazione e si riferisce a una persona che ha un disturbo con l’ormone della crescita. Se cercate su internet trovate un rugbysta che parlava 14 lingue e ha ispirato il cartone animato». Al di là dell’ironia, Scudellari prova a buttare a mare ogni pista alternativa. Come quella del ladro nano che entra per rubare e ammazza Giulia che sarebbe rientrata nella villa da sola per motivi non chiari. Perché i cassetti e la casa non sono in disordine? Perché si prende la briga di frantumarle il volto contro uno spigolo? Perché sta a pulire la casa? Perché porta via gli abiti e gli stracci?
Il difensore di parte civile – chiesti 4,15 milioni di euro come risarcimento danni morali e ereditari – va a ripescare gli elementi salienti offerti alla corte da Cagnoni – nel suo intervento però lo chiamerà quasi solo esclusivamente “l’imputato” – e li confronta con quanto emerso dalle indagini della procura e della polizia a cui riconosce bravura e tempismo: «Se avesse avuto un altro paio di giorni non avremmo più trovato nessun cadavere». Scudellari guarda ai messaggi scritti la notte del ritrovamento del cadavere quando nella villa di Firenze è arrivata la notizia che la polizia è entrata in via Padre Genocchi ma non ha ancora trovato il corpo. Cagnoni parla di tragedia e grosso guaio con un’amica e la segretaria: «A me – dice Scudellari – ricorda quei serial killer che lasciano in giro degli indizi perché è come se volessero essere scoperti…».
Nel sali e scendi di emozioni, tra sorrisi e singhiozzi, Scudellari chiude l’intervento gridando di essere uno schifoso. Così. E lo rivendica. È una risposta indiretta all’imputato – anche oggi assente – che lo aveva definito sgradevole in occasione dell’interrogatorio reso in aula. «No, non sono d’accorso, non sono stato sgradevole ma sono stato schifoso e lo rifarei perché non ti devi permettere di far passare Giulia per una sgualdrina». A quel punto sono passate due ore: «Mi associo alle richieste del pm e chiedo di condannare il mostro che ha spaccato la faccia di Giulia». Si leva i vestiti sporchi di sangue e torna l’avvocato.