L’avvocato dei Ballestri: «Condannate il mostro che ha spaccato la faccia di Giulia»

Ventisettesima udienza / In corte d’assise al processo che vede Matteo Cagnoni imputato per uxoricidio, appassionato intervento del legale Giovanni Scudellari. Fa sorridere citando l’orco Shrek e fa commuovere recitando la mattanza in prima persona: «Se il marito avesse avuto altri due giorni non avremmo trovato nessun cadavere». Chiesti 4,15 milioni di euro come provvisionale per il danno morale e ereditario

L'avvocato ScudellariLa toga nera gli scivola dalle spalle e scopre la camicia azzurra bagnata di sudore mentre urla e si agita in piedi davanti ai giudici. Ma a un certo punto è come se addosso avesse invece gli abiti imbrattati del rosso del sangue di Giulia Ballestri. In corte d’assise a Ravenna dove si celebra il processo che vede imputato per omicidio il marito della donna, Matteo Cagnoni, l’avvocato Giovanni Scudellari diventa l’assassino della 39enne. Un abilissimo artifizio retorico dal sapore teatrale: «Ti ho in ginocchio, che sanguini, i tuoi occhi mi guardano e mi chiedono cosa succede, lo saprai pian piano, mi chiederai quando finirà e alla fine saprai anche perché. Hai detto che ti fa schifo l’odore della mia pelle allora vediamo se ti piace l’odore del tuo sangue e il sapore del tuo sangue».

L'avvocato Scudellari parla con la pm Cristina D'AnielloVederlo e ascoltarlo è uno spettacolo che fa male. Parla in prima persona, rivolto a un ipotetico tu che dovrebbe essere Giulia ma diventa chiunque presente in aula: l’avvocato racconta quello che, in base alle consulenze dei periti e alle indagini, si ipotizza sia successo la mattina del 16 settembre del 2016 in una villa disabitata di proprietà della famiglia Cagnoni in via Padre Genocchi a Ravenna. Crudo e spietato, la voce del legale che difende i familiari della vittima riempie l’aula e prende a pugni nello stomaco i giudici e il pubblico. Tanti i visi con gli occhi lucidi. È stato il momento centrale delle due ore delle sue conclusioni nel corso della ventisettesima udienza celebrata oggi, 14 giugno.

All’avvocato non manca l’esperienza, lo dice lui stesso: tra primo grado, appello e Cassazione questa è la 28esima assise a cui prende parte. Sa dosare bene le pause, gioca con il tono di voce, si muove a destra e sinistra. C’è da chiedersi come siano sopravvisuti gli occhiali da vista: inforcati e lanciati sul banco chissà quante volte, poi stretti nel pugno. Il fratello della vittima, seduto accanto, ha il suo da fare per evitare la manica della toga sulla testa e poi diventa inconsapevole partner con cui Scudellari mima l’aggressione. Prima di andare in scena aveva ripassato in fretta il suo intervento sotto i portici della tribunale. Passeggiando avanti e indietro, tra esercizi di respirazione e labbra che ripetono veloci. L’intento è principalmente uno: dare alla corte più elementi possibili a sostegno dell’aggravante della crudeltà, una delle due contestata dall’accusa e che se riconsciuta in caso di condanna significherebbe ergastolo. Scudellari cita la giurisprudenza dei casi in cui le sentenze l’hanno riconosciuta, ogni volta per una ragione diversa: «Qui troviamo tutte le componenti della crudeltà: la durata dell’azione omicidiaria, il mezzo utilizzato per uccidere prolungando l’agonia anziché ridurla, la modalità di chi si è accanito sulla faccia».

Da sinistra: Guido Ballestri e Rossana Marangoni, fratello e madre di Giulia Ballestri. Con loro l’avvocato Giovanni Scudellari

Ma prima di far commuovere, l’avvocato aveva fatto sorridere. Non poteva che essere altrimenti quando ha alzato la foto dell’orco verde Shrek lasciando spazio all’ipotesi, volutamente sarcastica, che fosse il colpevole. Un ragionamento partito dalla pista alternativa fornita dai consulenti della difesa: gli ematomi sul collo di Giulia sarebbero segni di strangolamento, così grandi da dover essere attribuiti a un uomo con guanti molto grandi o a un agromelico. «Lo scrive il dottor Tagliabracci nella sua relazione e si riferisce a una persona che ha un disturbo con l’ormone della crescita. Se cercate su internet trovate un rugbysta che parlava 14 lingue e ha ispirato il cartone animato». Al di là dell’ironia, Scudellari prova a buttare a mare ogni pista alternativa. Come quella del ladro nano che entra per rubare e ammazza Giulia che sarebbe rientrata nella villa da sola per motivi non chiari. Perché i cassetti e la casa non sono in disordine? Perché si prende la briga di frantumarle il volto contro uno spigolo? Perché sta a pulire la casa? Perché porta via gli abiti e gli stracci?

Il difensore di parte civile – chiesti 4,15 milioni di euro come risarcimento danni morali e ereditari – va a ripescare gli elementi salienti offerti alla corte da Cagnoni – nel suo intervento però lo chiamerà quasi solo esclusivamente “l’imputato” – e li confronta con quanto emerso dalle indagini della procura e della polizia a cui riconosce bravura e tempismo: «Se avesse avuto un altro paio di giorni non avremmo più trovato nessun cadavere». Scudellari guarda ai messaggi scritti la notte del ritrovamento del cadavere quando nella villa di Firenze è arrivata la notizia che la polizia è entrata in via Padre Genocchi ma non ha ancora trovato il corpo. Cagnoni parla di tragedia e grosso guaio con un’amica e la segretaria: «A me – dice Scudellari – ricorda quei serial killer che lasciano in giro degli indizi perché è come se volessero essere scoperti…».

Per dire che il colpevole è il marito, bastano due cose secondo il legale: il padre che fa visita al figlio in carcere e poi a un’amica al telefono dice «giustizia è fatta» e la faccia dell’imputato quando in aula si voltò per gridare della vacca contro la suocera. «In quel momento mi sono immaginato nella casa di via Genocchi e ho capito che allora tutto tornava. Quella era un laboratorio calcolato di tortura, dove l’imputato si sentiva al sicuro senza testimoni per ridurre Giulia a quello che voleva».

Nel sali e scendi di emozioni, tra sorrisi e singhiozzi, Scudellari chiude l’intervento gridando di essere uno schifoso. Così. E lo rivendica. È una risposta indiretta all’imputato – anche oggi assente – che lo aveva definito sgradevole in occasione dell’interrogatorio reso in aula. «No, non sono d’accorso, non sono stato sgradevole ma sono stato schifoso e lo rifarei perché non ti devi permettere di far passare Giulia per una sgualdrina». A quel punto sono passate due ore: «Mi associo alle richieste del pm e chiedo di condannare il mostro che ha spaccato la faccia di Giulia». Si leva i vestiti sporchi di sangue e torna l’avvocato.

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