«Mio padre in pronto soccorso 50 ore senza cure: se non sei Covid non sei nessuno»

La vicenda vissuta da un 75enne con cenni di instabilità di memoria. La figlia ha fatto una segnalazione all’Ausl e ha informato la politica e la stampa: «Dopo aver consultato medico di base e geriatra, abbiamo prenotato privatamente una visita neurologica e un ecodoppler»

10 05 2012 Operativitˆ Nuovo Pronto Soccorso Ravenna«Se non sei Covid, non sei nessuno. Se non sei un paziente Covid non vieni curato adeguatamente, ma semplicemente sedato». È l’amaro sfogo di una 43enne dopo l’odissea del padre 75enne che ha trascorso 50 ore in pronto soccorso a Ravenna ma per avere una diagnosi effettiva ha dovuto prenotare una visita privata. La vicenda è diventata di dominio pubblico dopo che la donna ha informato il consigliere comunale Alvaro Ancisi (Lpr) di aver fatto una segnalazione all’Urp dell’Ausl e lo ha autorizzato a divulgare la cosa a mezzo stampa acconsentendo anche a rendere pubblico il nome (che noi preferiamo comunque omettere vista la delicatezza del caso).

I fatti sono iniziati nel pomeriggio dell’11 novembre: di fronte a cenni di peggioramento delle condizioni di salute dell’uomo, i familiari hanno chiamato il 118 e alle 17.30 circa l’anziano è salito con le proprie gambe sull’ambulanza. Peraltro fino al giorno prima era andato in auto all’edicola a comprare il giornale. In ospedale il 75enne è stato sedato per trascorrere la notte in attesa dell’esito del tampone che arriva alle 12 del 12 novembre. «Alle 18 finalmente ci contattano per andare a riprenderlo. Ritrovo mio padre che non riesce ad alzarsi dalla barella e quando comunque in piedi non riesce a reggersi. Sono l’effetto dei calmanti, ci viene ribadito più volte. Basita, ripeto che lui era entrato con le sue gambe. Ci rifiutiamo di portarlo a casa in quelle condizioni, con la sola diagnosi di una psichiatra che dichiara: disturbo neurocognitivo da curare con medicinale per schizofrenia. Ci viene risposto che avrebbero chiesto un consulto neurochirurgico, ma che, ad ogni modo, l’indomani avremmo dovuto portarlo a casa in tale stato». Alle 9 del 13 novembre viene stabilito il ricovero per visita neurologica ed ecodoppler, al fine di escludere ischemie. «Alle 19.30, non  essendo stati contattati per tutto il pomeriggio, andiamo al pronto soccorso e troviamo mio padre in piedi a girare per il pronto soccorso dando evidenti segni di squilibrio. La dottoressa di turno ci comunica che non c’è più nessun ricovero in lista e che pertanto mio padre è da dimettere. In alternativa avrebbero chiamato gli assistenti sociali. Diagnosi: “disturbo neurocognitivo in peggioramento” e “seguire la cura psichiatrica a domicilio”». A quel punto la donna consulta il medico di base e il geriatra e prenota gli accertamenti fatti il 19 e il 21 novembre.

«Mio padre è stato 50 ore al pronto soccorso in situazione di collasso. Il secondo giorno ha contratto le placche in gola. Noi siamo dovuti andare a prenderlo personalmente all’interno, entrando nell’area comune a tutti i pazienti, dove peraltro una dottoressa non indossava la mascherina. Questa segnalazione la ritengo opportuna per far conoscere all’Ausl cosa accade esattamente al pronto soccorso, non capendo peraltro perché non compare scritto da alcuna parte che il medico in servizio la mattina di venerdì aveva richiesto il ricovero in neurologia e una visita neurologica».

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