mercoledì
22 Ottobre 2025
il caso

Femminicidio Genini, perché non è scattato il Codice rosso dopo l’aggressione di Cervia? Aperta una seconda inchiesta

Nel settembre del 2024 il fidanzato Soncin le avrebbe rotto un dito e strappato una ciocca di capelli. Ma la 29enne non formalizzò la denuncia

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La procura di Bergamo ha aperto una seconda inchiesta sul femminicidio di Pamela Genini per verificare se già nel 2024 si sarebbe potuto attivare il “Codice rosso“, legge che tutela le vittime di violenza domestica e di genere, dopo l’aggressione subita dalla donna da parte del fidanzato Gianluca Soncin nella sua casa di Cervia. Soncin, come noto, è ora in carcere per aver ucciso la 29enne lo scorso 14 ottobre.

I fatti al centro della seconda inchiesta risalgono al 3 settembre quando – come detto – Genini avrebbe subìto un’aggressione da Soncin nella casa di Cervia, dove lui viveva e dove i due avevano convissuto per alcuni mesi. Su richiesta di Genini quella sera arrivarono i carabinieri. Che secondo il procuratore capo di Ravenna, Daniele Barberini, hanno seguito la procedura corretta. «La casa era in ordine – ha dichiarato Barberini in un’intervista a Repubblica nei giorni scorsi -, hanno sentito informalmente e separatamente entrambi. La signora si è limitata a riferire di una lite, è stata invitata ad andare in ospedale e non è andata, le hanno detto se volesse formalizzare una denuncia e non l’ha fatto. Apparentemente, lesioni non ce n’erano».

Il giorno dopo l’aggressione di Cervia, la 29enne tornò nella sua Bergamo e decise a quel punto di andare al pronto soccorso dell’ospedale di Seriate per farsi curare il dito che Soncin le aveva fratturato la sera prima. Nel referto del pronto soccorso – citiamo la ricostruzione pubblicata in un articolo del Post – si riporta la testimonianza di Genini che aveva riferito di essere stata «buttata a terra e colpita alla testa con pugni, trascinata poi per i capelli per diversi metri». E che Soncin le aveva lanciato vari oggetti addosso provocandole un trauma a un dito della mano destra. Nel referto si dice poi che sul corpo di lei sono stati rilevati «plurimi graffi agli arti inferiori», che «le è stata strappata una ciocca di capelli». Si dice, ancora, che Genini aveva negato di aver subito una violenza sessuale, violenza che aveva però detto di aver subito in passato, che quello non era il primo episodio, che aveva ricevuto anche numerose minacce verbali e per messaggio, e che negli ultimi mesi gli episodi di violenza si erano fatti frequenti. A quel punto al pronto soccorso era iniziato l’iter previsto per questi casi, tra cui la compilazione di un questionario per misurare il rischio di ricomparsa o di escalation della violenza. Genini rispose “sì” a quattro domande su cinque (“Crede che lui sia capace di ammazzarla?”, “La violenza fisica è aumentata di frequenza e gravità negli ultimi 6 mesi?”, “Ha mai usato un’arma o l’ha mai minacciata con un’arma?”, “Lui è fortemente e costantemente geloso di lei?”), rispondendo di no solo alla domanda che riguardava il fatto di essere mai stata picchiata in gravidanza. Viste le risposte date da Genini vennero correttamente allertate le forze dell’ordine, ma le informazioni acquisite dai carabinieri di Seriate in pronto soccorso non arrivarono mai in procura. Il referto con cui Genini venne dimessa dal pronto soccorso parlava infatti di lesioni, ma la prognosi corrispondente era di 20 giorni, prognosi che secondo il “Codice rosso” non prevede la procedura d’ufficio della trasmissione della notizia di reato in automatico alla procura (la soglia è 40 giorni). Dopo cinque ore di pronto soccorso la ragazza venne dimessa: nel referto finale si legge del suo avvenuto «colloquio con le forze dell’ordine» dopo il quale «non vi è indicazione ad attivazione del Codice rosso».

Una volta acquisito il referto, i carabinieri di Seriate lo inviarono ai colleghi di Cervia per competenza, i quali trasmisero a loro volta a Seriate l’annotazione dell’intervento in casa del 3 settembre. Poiché ai carabinieri di Seriate Genini aveva riferito che Soncin aveva delle armi e dei coltelli, a Cervia venne effettuato un controllo sulle armi, «per l’articolo 38 del testo unico di pubblica sicurezza», ha spiegato il procuratore di Ravenna Daniele Barberini. Da Cervia venne inoltre chiesto ai colleghi bergamaschi di sentire la donna e di raccoglierne la denuncia, che Genini non presentò. Nella banca dati delle forze di polizia relativamente all’aggressione di Genini venne infine inserito un generico intervento per «presunta violenza di genere», mentre non venne segnalato niente nel sistema cosiddetto Scudo, lo strumento usato per monitorare anche in assenza di denuncia episodi a rischio, non sempre caratterizzati da particolari gravità o aggressività, ma che, attraverso una condotta abituale, potrebbero in futuro assumere rilievo penale. Non furono infine informate né la procura di Bergamo né quella di Ravenna.

Il procuratore capo di Bergamo, Maurizio Romanelli, ha spiegato che la seconda inchiesta è stata aperta «con il compito di verificare se siano state adeguatamente rispettate le procedure dirette alla tutela della persona offesa. Non in prospettiva necessariamente sanzionatoria ma per la verifica del sistema, nel quale è necessario da parte di tutti che prevalga un’attenzione sostanziale senza limitarsi al rispetto burocratico degli adempimenti».

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