Dal concerto più atteso a quello che non poteva mancare: breve guida a Beaches Brew

Il direttore artistico Chris Angiolini risponde ad alcune curiosità sull’edizione 2018 al via dal 4 giugno

 

Beaches Brew Crowd Francesca Sara Cauli 2017 Low Res 8 Copia

Un’immagine dall’edizione 2017 del festival Beaches Brew scattata da Francesca Sara Cauli

Abbiamo chiesto allo storico direttore artistico di Bronson Produzioni, Chris Angiolini, di rispondere ad alcune curiosità per meglio “entrare” nel programma di Beaches Brew, festival rock di caratura internazionale che si svolgerà dal 4 al 7 giugno a Marina di Ravenna, tra molo Dalmazia e bagno Hana-Bi (qui il programma completo).
Chi proprio non poteva mancare nel cartellone di questa settima edizione?
«Probabilmente Jlin (live il 7 giugno alle 23.15, ndr), che più di tutti rappresenta il meglio dell’elettronica contemporanea in circolazione. un nome come il suo allarga di molto i confini artistici di questa edizione».
Quale concerto finirà con lo stupire di più il pubblico?
«Ogni band e ogni artista sono finiti in questa line up con una motivazione solida, ma se proprio ne devo indicare solamente uno, direi Khruangbin (live mercoledì 6 dalle 23.30, ndr). sono quelli che dovrebbero mettere d’accordo un po’ tutti. Sono gli outsider texani che arrivano al successo internazionale ispirandosi al Thai Funk degli anni ’60 e che sarebbero perfetti per la colonna sonora del prossimo film di Tarantino».
Quali artisti sei curioso di scoprire tra quelli in cartellone?
«Abbiamo in programma artisti dal carisma assoluto, con storie di vita quantomeno singolari. Punto sulla giovanissima egiziana Nadah El Shazly (alle 20 di giovedì 7, ndr), che abbandonate le origini post punk, si avventura nel ribaltamento di un sound tradizionale in chiave contemporanea, con un lavoro di produzione raffinatissimo. Personalmente poi ritengo l’album di esordio di Mattiel (mercoledì alle 21.45, ndr) uno dei più illuminati di quest’ultima generazione figlia dell’indie come l’abbiamo conosciuto in questi ultimi 15anni, con uno sguardo a tratti inedito riesce a far convivere Screamin’ Jay Hawkins, il rap degli anni 90, Beatles, Dylan e la psichedelia cambogiana, con una sensazione costante di inafferrabilità».
Qual è invece il concerto più atteso dal pubblico?
«Potrebbe essere una lista piuttosto lunga, proprio per la varietà della proposta. Potrei azzardare Jlin, Hailu Mergia, Liima e di nuovo Khruangbin. ma credo che alla fine il concerto veramente più atteso sia quello di Tune-Yards (giovedì 7 alle 21.30, ndr), vera e propria headliner di questa edizione. con il suo approccio pop in grado di mixare tradizione e contemporaneo assieme a melodie indie e suoni lo-fi».
Chi vorresti portare nella prossima edizione?
«Queste sono domande sempre difficilissime a cui rispondere, anche per motivi scaramantici, per cui ti dico Grouper in dialogo con gli elementi».
Qual è il segreto di Beaches Brew?
«Mette gli artisti nelle condizioni di esibirsi al meglio, non tanto per questioni tecniche, quanto ambientali, nel senso proprio di energie positive che permeano tutto il festival».
Qual è stato il concerto più bello delle prime sei edizioni?
«il concerto più bello e dirompente, sfociato in un’incredibile esplosione di tecnica, energia e una certa dose di follia, mai visto a Beaches Brew è sicuramente stato quello degli australiani King Gizzard lo scorso anno. Per mesi l’eco di quella performance ha fatto il giro del mondo tra pubblico e addetti ai lavori. quando in ottobre li ho rivisti al Desert Daze in California, se ne stava ancora parlando».
Qual è il festival preferito (dopo Beaches Brew) del patron del Bronson?
«Dal punto di vista artistico organizzativo e di contenuti, senza ombra di dubbio LeGuessWho? ad Utrecht, anche se da un punto di vista ambientale preferisco i festival immersi nella natura. Prossimo obiettivo Marfa Myths nel deserto magico del Texas Occidentale».

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