Un’originale e interattivo allestimento di Raniero Bittante, alla biblioteca Classense fino al 14 maggio, ricorda l’impatto del petrolchimico a Ravenna
Introducono alla mostra alcune documentazioni fotografiche estratte dai fondi della Biblioteca Classense che rendono le dimensioni e le attività dell’impianto che per la comunità ravennate costituiva una sorta di riscatto dal legame con la terra grazie alla garanzia di uscita dalla povertà postbellica. Inaugurato il 27 aprile del 1958, il “gigante di Ravenna”, come venne soprannominato, definì per sempre lo skyline del suburbio ravennate innestando ettari di petrolchimico in una zona di pineta e valli a fronte della garanzia per centinaia di persone di un posto di lavoro sicuro all’interno della fabbrica. In questo modo, una comunità prevalentemente contadina tagliò le proprie radici trasformandosi nel giro di pochi anni in un grande polo industriale. Gli operai ravennati continuarono a vivere in città raggiungendo con motociclette e automobili condivise fra più amici la fabbrica; quelli che venivano da fuori – in prevalenza dal Veneto, dal Friuli e dal centro Italia (ma non mi risulta siano mai state fatte indagini sulla provenienza e componenti sociali degli operai nei primi due decenni di vita dell’Anic) – si stabilizzarono nei due complessi costruiti a ridosso del colosso, nel cosiddetto Residenziale e nel Villaggio Anic voluti dall’ingegner Mattei. Esteticamente belli e forniti di tutti i servizi, accoglievano i nuclei familiari degli operai che potevano contare su un tragitto quasi casa-bottega.
Insomma, il gigante della chimica continua a presentarsi come il convitato di pietra che oggi Raniero Bittante fa rivivere attraverso una serie di interviste agli operai, impiegati e dirigenti che ancora possono testimoniare. Parti delle loro interviste – che rendono chiara la totale identità percepita fra vita e lavoro, sia negli aspetti positivi che negativi – assieme ai loro nomi, al diagramma di produzione del Petrolchimico, al brevetto del marchio di impresa, sono impressi su alcuni timbri posti alle pareti secondo un progetto site-specific che può prevedere per altri allestimenti una disposizione più complessa, simile a quella degli impianti di produzione. I timbri sono di legno – per ricordare la pineta scomparsa – e sono 12, come le ore di ogni turno in fabbrica. A ogni spettatore viene richiesto di inchiostrare e stampare i contenuti su fogli a disposizione rimandando alla marcatura del proprio cartellino orario personale e ricordando nella gestualità meccanica la ripetizione del lavoro in fabbrica.
Questo allestimento – che si amplia ad essere una sorta di performance collettiva – è solo un primo step di un progetto più complesso e molto interessante che speriamo di vedere presto realizzato.
“Benvenuti all’ANIC” di Raniero Bittante; Biblioteca Classense (Manica Lunga) Ravenna; fino al 14 maggio; martedì-venerdì 15-18.30; ingresso libero.