“Tamerlano”, quel “pasticcio” di Vivaldi si addice ad Accademia Bizantina

Il direttore Ottavio Dantone, racconta il suo approccio storico all’opera e la consuetudine dell’epoca di assemblare brani di compositori diversi. In scena al teatro Alighieri il 14 e 15 gennaio, inaugura la stagione di lirica e danza. Il 13 introduzione all’opera col musicologo Guido Barbieri

Prove Scena Tamerlano

Prove di scena del “Tamerlano” (foto Zani/Casadio)

Limes. Questa parola latina ha segnato la storia dell’intera umanità. In italiano riecheggia nel lemma “limite”, tuttavia il suo significato acquista pieno compimento nel suo senso originario di strada di confine tra due campi. Ed è, infatti, questo il senso che oggi è universalmente riconosciuto a questo termine: confine, una linea che separa questo da quello. Sebbene utilizzata tanto e ampiamente nel linguaggio figurato per designare la frontiera della conoscenza, è nell’accezione cara ai geometri che esprime la sua vera potenza.
Evocativo e potente era, ed è tutt’oggi, il concetto di frontiera tra due territori, tanto che, e questa è la realtà odierna, si disputa ancor oggi su dove porre queste linee divisive.
Tutti i grandi imperi, dai Romani agli Ottomani, si adoperarono per aumentare il numero delle terre sotto il loro controllo, spostando i loro limites. Fu così anche per il grande impero Timuride, nato nel 1370 grazie a un condottiero mongolo, Timur Barlas, altrimenti noto in Europa come Tamerlano. Le sue gesta epiche riecheggiano ancora in molta letteratura e già nel Settecento queste sue imprese erano ben note anche in Italia.

Non deve stupire, quindi, che il creatore di quel meraviglioso mausoleo posto a Samarcanda, il Gure Amir, potesse indurre più di un poeta a cantarne le vicende. Fu questo il caso anche di Agostino Piovene, il quale fornì ad Antonio Vivaldi il libretto dal quale nacque Tamerlano (RV 703). Proprio quest’opera sarà messa in scena al teatro Alighieri di Ravenna (14 gennaio, ore 20.30 e 15, in pomeridiana ore ) e le sue belle note saranno affidate alla guida di Ottavio Dantone, direttore al cembalo dell’orchestra Accademia Bizantina.

Ottavio Dantone direttore d'orchestra Accademia Bizantina

Il Maestro Ottavio Dantone (foto Zani/Casadio)

Maestro Dantone, l’Accademia Bizantina è una perla tra le orchestre “storicamente informate”. Com’è l’approccio filologico al testo musicale?
«Per me la filologia è nella conoscenza dell’epoca e nell’esplicazione di un linguaggio musicale che sta proprio nel modo di replicare il testo, i silenzi, le articolazioni. In definitiva è un fatto di linguaggio e non tanto di replica degli strumenti, infatti questi, che comunque usiamo, non sono tra le cose più importanti, anzi, probabilmente sono tra le meno significative. Il problema in realtà è molto più complesso, riguarda la retorica e il rapporto tra musica e parola. Oggi si vuol credere di ascoltare qualcosa di assolutamente uguale all’antico, ma in realtà non ha senso».

A proposito di originalità, il Tamerlano vivaldiano è un pasticcio, un’opera “frankenstein”, assemblata anche con brani non composti dal Prete Rosso.
«Certo, il pasticcio era un’operazione diffusa a quel tempo. Oggi noi disdegniamo un po’ il concetto stesso, invece era una cosa che aveva molto successo all’epoca perché si potevano ascoltare musiche di autori differenti. Molto spesso si assemblavano le arie migliori che si avevano a disposizione e devo dire che in questo Tamerlano ce ne sono tante. Forse le arie più belle sono quelle di Giacomelli, poi abbiamo Hasse e Broschi».

Più belle di quelle di Vivaldi?
«Quelle di Vivaldi si riconoscono immediatamente, sono nel suo stile e lui era un genio, ma Geminiano Giacomelli all’epoca aveva già oscurato la fama di Vivaldi ed era un compositore molto alla moda e, soprattutto, aveva una vena melodica notevole, basti vedere Sposa son disprezzata o le arie di furore di Tamerlano».

Approcciarsi a un pasticcio nel XXI secolo significa, quindi, saper cambiare stile all’interno della stessa opera, avendo una risposta retorica differente in base al compositore?
«In realtà no, la retorica risponde a regole che sono all’interno della musica a prescindere dal compositore. Si applicano normalmente i dettami della retorica musicale, della teoria degli affetti e tutte le regole del bel comporre che il compositore conosceva e che presumeva sapessero cogliere anche gli esecutori, deputati poi a presentarli all’ascoltatore. Si vedono chiaramente stili diversi, ma l’applicazione dei gesti è la stessa: il risultato è diverso in base alla scrittura, però è molto interessante perché ciò rende tutto più vario».

Questo per quanto riguarda le arie, invece i recitativi?
«Non sappiamo. È noto che molti maestri facessero scrivere i recitativi ai loro allievi anche se, nel caso di Vivaldi, io ritengo che scrivesse ancora i recitativi di suo pugno perché è ravvisabile nella scrittura uno stile abbastanza riconoscibile, ma non possiamo essere sicuri fino in fondo. Alla fine, però, il recitativo incide più dal punto di vista drammaturgico che da quello musicale, non importa chi fosse il compositore».

In coda, dirigerà suonando anche il cembalo?
«Certo! Suonerò tutti i recitativi e anche parte delle arie. Sento che dirigere al cembalo mi rende più vicino all’orchestra, anche con orchestre più nutrite. Le opere del Settecento per me si prestano molto a questo mio sentimento, poi opere di Mozart o Rossini no, dirigo con le mani. In fondo la figura del direttore all’epoca non esisteva affatto».

Accademia Bizantina Musicisti

L’orchestra Accademia Bizantina

Nel nuovo allestimento, in prima nazionale all’Alighieri per il debutto della stagione d’opera e danza 2023, il Tamerlano – proposto nell’edizione critica del musicologo Bernardo Ticci, con le variazioni apportate dallo stesso Dantone – si avvale della regia di Stefano Monti che ha voluto integrare diversi linguaggi scenici: dal teatro di figura alla danza, con le coreografie di Marisa Ragazzo e Omid Ighani per la DaCru Dance Company.
Per quanto riguarda la parte vocale sul palco si esibiscono il baritono Bruno Taddia, il controtenore Filippo Mineccia e il contralto Delphine Galou – rispettivamente Bajazet, Tamerlano e Asteria (avevano già partecipato all’incisione di Accademia Bizantina per l’etichetta Naïve Classique nel 2020), completano il cast Gianluca Margheri (Bajazet nella replica del 15 gennaio), Marie Lys come Irene, Federico Fiorio come Andronico e Giuseppina Bridelli nei panni di Idaspe.
Il disegno luci è di Eva Bruno, mentre i contenuti video e 3D sono curati da Cristina Ducci e le illustrazioni sono firmate da Lamberto Azzariti.

Da segnalare, venerdì 13 gennaio, alle 18, il primo appuntamento con “Prima dell’opera”, tre incontri di approfondimento dedicati ai titoli della Stagione nel Salone Nobile di Palazzo Rasponi (Piazza Kennedy): è il musicologo Guido Barbieri, storica voce di Rai Radio 3, a guidare il pubblico alla scoperta e riscoperta del Tamerlano di Vivaldi, in compagnia dello stesso Ottavio Dantone.

Successivamente l’opera sarà ospitata dai teatri italiani coproduttori: Piacenza (20 e 22 gennaio), Reggio Emilia, Modena e Lucca.

Info e biglietti al botteghino del teatro Alighieri, tel. 0544 249244 e sul sito www.teatroalighieri.org

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