Sotto il segno di Baracca: il cavallino rampante tra arte e storia

A Lugo si celebra l’emblema dell’aviatore, divenuto poi il simbolo della Ferrari. L’esposizione è aperta fino al 24 settembre

Mostra Cavallino Lugo foto

foto Stefano Tedioli

All’inizio del Novecento il progresso corre veloce. Lo testimoniano le industrie in rapida crescita, l’illuminazione urbana, le macchine che percorrono le strade, le campagne che lasciano il posto alle città. Lo richiedono a gran voce gli artisti e gli intellettuali, impegnati in movimenti avanguardisti che intendono fare tabula rasa del passato e proiettano nel futuro le loro aspettative e aspirazioni. In Italia sono soprattutto i futuristi a farsi carico di questo messaggio di esaltazione del nuovo che inneggia alla velocità e alla forza del movimento in avanti. Si pensi alle opere di Umberto Boccioni, tra cui spicca il dipinto La città che sale, con le sue linee vorticose e i suoi colori accesi; in un’epoca di innovazioni tecnologiche, il cavallo è ancora il simbolo di un impulso energico, di una forza prorompente destinata a esplodere nel primo conflitto mondiale.

Francesco Baracca Aereo Spad CavallinoProprio in questo periodo, Francesco Baracca (1888-1918) si forma come militare e come aviatore, distinguendosi per meriti di guerra. La nascita del mito, indissolubilmente legato al cavallino rampante, il suo simbolo personale, sarà sancita definitivamente dalla morte improvvisa e per certi versi ancora oscura dell’eroe, soprannominato l’Asso dei cieli.
È su questa linea rossa che congiunge arte e storia, dimensione locale e nazionale, che si colloca la mostra “Come un’onda, come in volo. 100 cavalli per Francesco Baracca”, in corso dal 6 maggio e fino al 24 settembre al primo piano del Palazzo Fondazione Cassa di Risparmio e Banca del Monte di Lugo. Il luogo, in concessione al Comune per due anni, dialoga con la piazza antistante e con l’imponente monumento di Domenico Rambelli, gigantesca ala di aeroplano eretta nel 1936 in omaggio all’illustre cittadino – di cui il fascismo, in quegli anni, si era appropriato come baluardo nazionalista – e va ad aggiungersi al già presente Museo Baracca, situato nella casa natale dell’aviatore, nonché all’omonima Sala all’interno della Rocca Estense e alla cappella sepolcrale con le spoglie dell’eroe nel Cimitero comunale. L’idea, insomma, è quella di un museo diffuso nel segno di Francesco Baracca che interessa l’intero reticolo cittadino.

La mostra temporanea, curata da Massimiliano Fabbri, intende portare avanti un discorso artistico sulla figura del cavallo come simbolo di eleganza e potenza che dal passato arriva fino ai nostri giorni passando per il cavallino rampante, emblema dell’aviatore lughese ma anche delle Ferrari, attraverso il quale le macchine da corsa sono conosciute e ammirate in tutto il mondo. L’occasione è offerta da un doppio anniversario: il centenario della fondazione dell’Aeronautica Militare e quello della prima vittoria automobilistica di Enzo Ferrari al circuito del Savio a Ravenna, entrambi del 1923.

La prima parte dell’esposizione si sofferma sulla genesi del simbolo che Francesco Baracca scelse dopo un’infanzia e una giovinezza passata in sella ai cavalli. Un amore che, dopo due anni alla Scuola Militare di Modena, lo portò ad arruolarsi nel reggimento Piemonte reale di Cavalleria, il cui stemma includeva proprio un cavallo rampante color argento su fondo rosso. È lo stesso Baracca a spiegare la derivazione del suo emblema in una lettera alla madre, la contessa Paolina Biancoli; numerose sono infatti le testimonianze in forma di lettere che si sono conservate e che la mostra rende visibili al pubblico in una sala dedicata.

Simbolo Cavallino Croari Ferrari

Il Cavallino emblema della famiglia Baracca di Croari e quello simbolo della Ferrari

Uno spazio a sé merita invece la questione del trasferimento del cavallino da Baracca a Ferrari, passaggio che – secondo quanto riportano le memorie di Enzo Ferrari – sarebbe stato voluto dalla contessa stessa, convinta che l’emblema del figlio, ormai defunto, avrebbe portato fortuna all’imprenditore. Ferrari diede seguito alla proposta solo diversi anni dopo, nel 1932, quando alla 24 ore di Spa le sue Alfa Romeo si presentarono per la prima volta con il cavallino rampante sulla carrozzeria, anche se esso recava alcune caratteristiche grafiche differenti rispetto a quello di Baracca, tra cui la posizione della coda, verso l’alto anziché verso il basso. L’ipotesi avanzata dalla mostra, infatti, è che l’emblema delle auto sia stato mutuato dallo stemma di Enrico Baracca, padre di Francesco, così come esso era stato rappresentato dal pittore lughese Gino Croari sulla copertina di un opuscolo diffuso nel 1930 in occasione dell’inaugurazione del sacello di Baracca a Nervesa della Battaglia, luogo della morte dell’Asso. D’altronde, il cavallino di Croari è straordinariamente simile nello stile a quello della Ferrari, come si può evincere da un confronto diretto.

Altre sale esplorano da vicino l’immagine dell’equino e accompagnano il visitatore verso la seconda parte dell’esposizione, interamente dedicata alle arti visive di ieri e di oggi. Di queste, una in particolare evidenzia i numerosi punti di contatto tra Baracca e Boccioni, animati entrambi da uno spirito moderno e avanguardista e affascinati dalla potenza e dalla velocità incarnate dal cavallo, animale che segnò profondamente le loro vite.
L’ultima sezione raccoglie opere di cinquantatré artisti italiani di diversa età e provenienza geografica che in alcuni casi hanno contribuito con creazioni originali, rendendo la mostra uno spazio che connette la tradizione del passato con lo sperimentalismo contemporaneo.
Sono soprattutto dipinti e disegni differenti per colori, tecnica e ispirazione, ma vi compaiono anche una scultura – Senza titolo, senza gloria (2023) di Andrea Salvatori – e una fotografia del 2017 di Luca Nostri raffigurante il monumento di Rambelli. Tra le opere esposte si segnalano soprattutto Io sono marengo (2019) della ravennate Lucia Nanni, realizzata cucendo un filo di cotone nero su una tela di canapa, e il curiosissimo meccanismo in lamiera di ferro messo a punto da Francesco Bocchini e intitolato Presepe giallo natività meridiana (2022).

L’attitudine sperimentale e comunicativa della mostra, che rievoca il passato per consolidarne il ricordo nel presente e proiettarlo nel futuro, si concretizza infine nell’organizzazione di laboratori didattici e attività rivolti ai più giovani, a sostegno di una creatività e di una capacità di guardare oltre di cui Francesco Baracca si pone come esempio non solo per i lughesi ma per tutti coloro che riconoscono in lui un simbolo di eroismo e fierezza. Proprio come il suo amato cavallino.

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