domenica
24 Agosto 2025
la recensione

Dal dolore privato alla denuncia, l’arte tra “malinconia” e “poesia” di Berardi

In mostra fino al 24 novembre a Palazzo Rasponi

Condividi

Schermata 2024 11 18 Alle 14.06.17

Col titolo Iconografie del dolore privato si è da poco inaugurata la personale di Rosetta Berardi, un’artista di origine siciliana ma ormai di adozione ravennate data la sua attività sia come artista che referente nell’ambito della cultura cittadina. La mostra – organizzata negli spazi di Palazzo Rasponi e curata da Linda Kniffitz – è quanto mai di più vicino a una retrospettiva del lavoro eseguito dall’artista negli ultimi 50 anni. La curatrice ha selezionato una serie di opere attorno a una serie di nuclei tematici che sono ricorrenti negli anni, distribuendoli nelle stanze e attribuendo a ciascuna un titolo collegato al tema.

La scelta risulta molto omogenea, organizzata in modo da rendere unitaria ogni pausa del pe corso nonostante l’utilizzo di media tecnici diversi, una caratteristica questa che contraddistingue fin dalle origini l’operato di Berardi. È chiaro fin dalla prima stanza che l’artista si è allineata a quella parte dell’arte contemporanea per cui il linguaggio espressivo non costituisce un vincolo privilegiato di espressione: dal disegno all’allestimento, dalla fotografia all’acrilico su tela, dalla poesia visiva alla scultura di piccole dimensioni, le tecniche utilizzate vengono scelte in base alla loro capacità di predisporsi meglio a incarnare un’idea, un tema, un nucleo emotivo. La versalità tecnica presente fin quasi dagli esordi viene spesa sempre con grande esperienza e risultati di forte equilibrio stilistico.

La prima stanza – intitolata “Malinconia” – raccoglie una selezione di oli su tela e alcune sculture in terracotta, opere appartenenti agli anni ‘70 del ‘900 quando l’artista aveva già concluso il periodo di formazione all’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Nei dipinti come nelle sculture predominano le figure umane: il segno nervoso e geometrizzato dei profili delle figure – che sono studi di nudo e di teste, ritratti di donne, autoritratti – , la segmentazione in campiture plastiche nette, la pennellata priva di indugi e la carica espressiva sono precisi riferimenti alla pittura di Umberto Folli, dal 1970 docente di Figura all’Accademia di Ravenna. Il primo approccio di Rosetta Berardi è quindi improntato a una pittura di matrice espressionista, ispirata al mondo circostante da cui traspare una forte vena sentimentale. La malinconia indica costitutivamente una distanza dalla pienezza dell’essere: qui si assiste a una distanza temporale fra spettatore e soggetto dell’opera che testimonia un tempo concluso, indagato attraverso l’unica funzione possibile della Memoria.

Dalla “Malinconia” alla “Poesia” il passo è breve: anche i testi medico-filosofici del Rinascimento avevano individuato nell’atrabile, l’umore predominante nei malinconici, il sostrato della capacità poetica. Una recente pubblicazione di versi e immagini di Rosetta Berardi – dal titolo Un paese nell’anima – è la spia che chiarisce questo percorso di interesse, esplorato e radicato da alcuni decenni.

Nel testo, le immagini fotografiche rielaborate dell’artista vengono messe in dialogo con i brevi testi poetici, definendo quel legame che vede unite l’espressione verbale e quella visiva. Dalla lettura assidua delle poesie di Emily Dickinson è nata la bellissima ambientazione della stanza a lei dedicata dove un lungo ed elegante abito sovrasta un manto di fogli scritti a mano, leggermente piegati e disposti a rinfusa a pavi- mento. Sui fogli sono trascritte a mano le poesie della poeta inglese a cui rimanda il bianco dell’abito, unico colore da lei indossato dopo la reclusione volontaria nel pochi metri della sua stanza. L’abito vuoto è un simbolo spesso frequentato dalle artiste – citiamo solo una delle autorappresentazioni di Frida Kahlo – in cui convive l’ambivalenza fra presenza e assenza: Emily è presente nella rievocazione ma assente da questo tempo; è presente nel suo tempo ma assente, in esilio dal mondo. Le poche tavole dipinte da Rosetta ad acrilico su tarlatana della fine degli anni ‘90 racchiudono poi in immagini fulminanti alcuni versi di Dickinson creando una piena aderenza di evocazioni visive e in versi.

Schermata 2024 11 18 Alle 14.06.33

Il ritiro dal mondo è una delle scelte fatte da generazioni di donne che non avevano altra possibilità per affermare la propria libertà e autonomia creativa ma per altre generazioni il mondo privato non si- gnifica un luogo di elezione e sicurezza. Abituata alla riflessione delle donne sulle donne, Berardi è da tempo molto sensibile al tema della violenza esercitata all’interno della casa: nel 2015 ha creato l’in- stallazione a pavimento Noli me tangere, costituita da 123 rose di filo spinato, che sintetizza visivamente il tranello del binomio violenza/ amore. Altre fotografie-manifesto parzialmente strappate – una tecnica che cita alcuni esercizi di Mimmo Rotella – raddoppia la sensazione di perdità di identità delle vittime, oggettivizzate alla stregua di immagini bidimensionali e private dell’interezza e della fisicità reale.

In un’ottica intersezionale, la violenza esercitata sulle donne può allargarsi a comprendere la stessa natura o altre minoranze etniche, religiose, tutti coloro che portano nel corpo e nella vita una differenza. Si comprende quindi il legame esistente fra la stanza dedicata “Alla natura violata” e quella della “Pietas” in cui gli acrilici e grafite innalzati luttuosamente a memoria della scomparsa della Pineta Ramazzotti del nostro territorio – bruciata da anonimi piromani – rimandano alla Crocefissione dei primari (1992) in cui gli scatti testimoniano guerre, devastazioni e morti, come un requiem per le vittime del mondo. In questi lavori l’artista manifesta l’urgenza della denuncia e dell’attenzione sugli avvenimenti contemporanei. Il rimando implici- to è alla stanza della “Meditazione” costituita da Silenzi in acrilico, da Specchi muti su tarlatana, a iconografie e simboli sacri. La meditazione è anche immagine di donne di altre religioni in preghiera o opere eseguite mediante l’esercizio di una scrittura lenta e controllata su carta giapponese, in cui la creazione artistica è una preghiera come fanno i pittori di icone bizantine. Queste opere, disseminate nella stanza della “Meditazione” e nella successiva, creano virtualmente uno spazio spirituale in cui attraverso l’arte non si attua una fuga dal mondo ma una presa in carico del mondo.

Fino al 24 novembre a Palazzo Rasponi dalle Teste
Dal martedì al venerdì ore 15.30-18.30; sabato e domenica dalle 11 alle 18.30

Condividi
CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

Le sette porte storiche di Ravenna come “accessi turistici privilegiati”

Lo studio Denara tra i vincitrici di un concorso internazionale promosso dalla Uia

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi