Nuova Darsena: belle idee, ma Poc incentivi

Verso l’approvazione del piano comunale per la riqualificazione
del quartiere sul Candiano. Oneri scaricati su privati e investitori

Darsena RavennaIl Piano operativo comunale per la riqualificazione della Darsena è ormai cosa fatta ma veramente capo ha? Sarà efficace e stimolante per cogliere gli obiettivi che si prefigge?

Sulla carta mette in fila obiettivi coerenti e condivisibili per il quartiere del futuro: equilibrio fra residenziale, esercizi pubblici, servizi e funzioni sociali, tutela dei più pregevoli edifici di archeologia industriale, ampie e articolate aree verdi, viabilità e parcheggi strutturati per limitare il traffico veicolare, stazioni ecologiche per massimizzare la raccolta differenziata dei rifiuti, cablaggi e wi-fi per connesioni superveloci. In­som­ma, uno strumento di pianificazione doveroso per un’area urbana “mo­dello” del futuro, sulla linea delle cosiddette smart city.

Diversi attori, a livello politico, stanno storcendo il naso, dai grillini alla Lega, per non parlare della stroncatura senz’appello del decano dell’opposizione Ancisi (LpR) che parla di un Poc «nato già morto». E fanno specie le critiche e il dissenso della componente più a sinistra della maggioranza (Sel e Fe­derazione della Sinistra).
Ciò non toglie che nella sostanza il Poc Darsena indirizza la sistemazione dell’ex zona industriale intorno al Candiano con una certa sensibilità per la qualità urbana e con regole funzionali in grado di contrastare, o attenuare di fatto, de­leterie speculazioni sul valore di terreni e fabbricati.

E in effetti, sarà la gestione attuativa del progetto unitario, sempre in capo al Comune, a determinarne l’efficacia e lo stimolo per i proprietari delle aree e gli investitori. Perché è evidente che do­vran­no essere i privati a sostenere in mo­­do diretto (o indiretto, con gli oneri di urbanizzazione) la rinascita del comparto: dalla bonifica dei terreni alle infrastrutture secondarie e ai parcheggi, al verde comune. A questi costi si sommeranno anche degli extraoneri, per il finanziamento di infrastrutture primarie e altri servizi pubblici, fissati in 75 euro al mq delle aree edificate.

Ma quello dei costi non è l’unica strettoia per lo sviluppo concreto della Darsena. C’è anche quella della certezza dei tempi, ovvero della burocrazia, vista la necessità, per ottenere il “permesso di costruire”, di presentare un Pua (progetto urbanistico attuativo). Una procedura complessa che prevede verifiche di diversi enti, su una griglia di molteplici normative. Non proprio una passeggiata in termini di documenti da presentare e di tempi di liquidazione delle pratiche, che per i Pua, si contano in anni.

Queste prospettive non stanno entusiasmando i potenziali imprenditori interessati a costruire ex novo o ristrutturare, vista la depressione economica e finanziaria che persiste. Secondo gli stakeholder e gli addetti ai lavori al Poc manca lo stimolo degli incentivi economici e dello snellimento delle procedure attuative. Non a caso, l’assessore comunale all’Urbanistica Libero Asioli, ha rivelato con rammarico che non c’è alcun progetto in Darsena presentato da privati al vaglio degli uffici tecnici. E dire che sono diversi quelli già rivelati pubblicamente a livello preliminare: dal Sigarone alla Cmc, dall’area ex Iter all’ex Mosa…

Il rischio è che allo scadere del Poc Darsena 2015, nel 2020, non sia stata posata neppure una “prima pietra”. E lo schema strategico appena nato, indipendentemente dalle migliori intenzioni dei politici e tecnici che l’hanno proposto, sia già obsoleto, non proprio sintonizzato coi tempi che corrono.

Per scongiurare questa eventualità, ed evitare la desertificazione sociale dell’area, il Poc prevede anche una tattica: il “riuso temporaneo” delle strutture ora in disuso. Una sorta di placebo edilizio che prevede interventi leggeri e procedure veloci per allestire luoghi pubblici di aggregazione (spazi espositivi, culturali, laboratori artigianali, ristorazione…). In attesa della ricostruzione vera e propria. In attesa, per l’appunto…

Così, invece di un vasto e innovativo cantiere pronto a partire e capace di trasformare il volto e il verso metropolitano della città – finalmente interconnessa con l’acqua – nel frattempo ci dovremo accontentare di un quartiere “pittoresco” e irrisolto.
Sprazzi di vita fra ruderi industriali e lande desolate. Affascinante ma non proprio “edificante”. Forse troppo Poc dopo trent’anni che se ne parla.

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