Nell’incontro di fine anno Di Marco, ormai sfiduciato dagli enti locali e da Confindustria, replica alle accuse e sottolinea l’anomalia di Sapir
Le casse di colmata a mare, da immaginare come due sarcofagi a tenuta stagna con un coperchio che lascia una superfice di 30 ettari, per Di Marco sarebbero una valida opportunità turistica. All’esempio di South Beach di Miami oggi ha aggiunto Rio De Janeiro con il nuovo museo di Calatrava appena inaugurato su un molo artificiale. Entro febbraio ci sarà da decidere, e spetterà soprattutto agli enti locali, se la strada di queste due enormi penisole è la via maestra per curare il porto. «Non andrò mai contro il sindaco della città, chiunque esso sia, se dovesse essere contrario alle casse perché il sindaco è eletto e rappresenta i cittadini». E allora siccome Matteucci – non è sfuggita la sua assenza in sala così come di qualunque altro membro della giunta ma anche del candidato sindaco Pd mentre erano presenti gli altri tre sfidanti già ufficialmente in corsa – ha già più volte ribadito una ferma contrarietà al progetto, Di Marco si presenterà al tavolo tecnico del ministero delle Infrastrutture con un tris di soluzioni. Pur avendo riconosciuto che forse è stata una mossa infelice battezzare “Progettone” il piano per l’Hub portuale, il numero uno di via Antico Squero non resiste alla tentazione di affibbiare un nome ai tre piani e così nascono «la soluzione Madre, la soluzione Figlia e la soluzione Figliastra». In sintesi. La prima costa 280 milioni di euro: è quella che porta il canale fino a 13,5 metri di profondità in alcuni punti e per sistemare i fanghi ha bisogno di casse a mare e casse a terra da fare nelle aree Logistica 1 e Logistica 2 a ridosso di Porto Fuori (che il piano regolatore portuale del 2007, documento che traccia la rotta, indica con quella destinazione) e nelle Bassette espropriando una ventina di privati. La seconda costa 170 milioni: si scende fino a 12,5, si usano solo le casse a mare. La terza costa 230 milioni: si scava fino a 12,5 e le aree Logistica 1 e 2 sono solo provvisorie per finire alle Bassette.
A monte di tutto c’è una linea di indirizzo emersa e caldeggiata dal ministero: invertire la rotta rispetto a quanto fatto fino dal 1998 con le casse di colmata fatte su aree in affitto che comportavano canoni pagati sempre allo stesso soggetto, Sapir, e evitare di inserire aree oggetto di indagini della procura. A proposito di questo secondo fronte si spiega perché Ap abbia citato Sapir chiedendo la restituzione di affitti che ritiene pagati in maniera illegittima per una cassa di colmata che era ritenuta regolare da Sapir ma è poi risultata senza il rinnovo delle opportune autorizzazioni al punto da far scattare un’inchiesta per una presunta discarica abusiva e il sequestro dell’area.
Di Marco si era insediato con una missione ben precisa: devo dragare. Ma il primo mandato di Di Marco si chiuderà con un nulla di fatto su questo fronte, per quanto riguarda il cosiddetto Progettone «ma le colpe non sono tutte di Ap come qualcuno vuole raccontare». Di Marco riassume in fretta: «Il progetto preliminare di Sapir Engineering commissionato da Confindustria e donato a Ap era sbagliato, la mia proposta di espropri è stata bocciata, l’idea delle casse a mare pure, l’impianto di trattamento fanghi viene ostacolato… insomma, che devo fare?».
Perché secondo Ap occorre cambiare l’approccio: «L’idea sostenuta dal presidente di Confindustria e da Sapir è che il materiale di escavo debba in qualche modo essere reimmesso sul mercato. Ma per questo serve un mercato che ora non c’è più». Ma forse il peccato originale sta in una parolina che è un acronimo: Pua, piano urbanistico attuativo. Le difficoltà di realizzazione sono emerse in corso d’opera e si è quindi arrivati alla impossibilità di collocare i materiali ora presenti nelle casse di colmata piene: «Un’opera di interesse strategico è stata considerata subordinata all’effettivo interesse e convenienza di soggetti privati di attivare le previsioni urbanistiche comunali. Ma non è possibile che il porto paghi le conseguenze della crisi del mercato immobiliare».