Mette online le aste giudiziarie e fa boom Nel 2015 venduti beni per 30 milioni

Da Faenza un portale dedicato alle vendite da procedure concorsuali
Il fondatore: «Sarebbe utile eliminare “fallimento” dai termini legali»

L’interesse per le procedure concorsuali è nato negli anni degli studi universitari a Bologna, la tesi di laurea in diritto fallimentare è stata una scelta istintiva e le collaborazioni da neolaureato con due case d’asta inglesi hanno chiuso il cerchio. Ecco come Renato Ciccarelli, 41enne originario della provincia di Ancona, è arrivato a fondare nel 2011 a Faenza It Auction (Ita): una casa d’aste online (www.itauction.it) che oggi impiega 40 persone e che nel 2015 ha liquidato beni per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro e ne ha fatturati oltre 2,5. Le previsioni di crescita per l’anno in corso sono del 50 percento e finora sono stati curati ben 425 fallimenti distribuiti lungo tutta la penisola italiana. Con sedi in Italia e in Spagna, It Auction è una società di servizi specializzata nell’organizzazione, nella gestione e nella sponsorizzazione di aste competitive online che si svolgono attraverso il proprio network di tre portali, ciascuno specializzato in un differente settore: industriale, stock e prodotti finiti, immobiliare. In nove casi su dieci si tratta di beni provenienti da procedure concorsuali, le aste riguardano in parte alcuni tra i 1.300 fallimenti, concordati, liquidazioni coatte amministrative e amministrazioni straordinarie che ogni mese si verificano in Italia, e in parte si tratta di liquidazioni volontarie di soggetti privati che desiderano massimizzare la propria vendita con procedure competitive e trasparenti.

Il panorama di riferimento arriva da Oltremanica: «Nel mondo anglosassone – racconta Ciccarelli, trasferitosi in Romagna per raggiungere la donna che è diventata sua moglie – le aste online da tempo hanno una grande diffusione perché affondano le radici in una lunga tradizione di aste svolte sul posto in “vecchio stile”: l’asta è considerata un metodo trasparente e concorrenziale». In Italia, invece, il fenomeno via web si sta affermando solo negli ultimi tempi. E ancora con molte difficoltà. Nel nostro Paese i canali principali per la liquidazione dei beni provenienti da procedure concorsuali restano le vendite curate dai singoli professionisti con incarichi di curatela oppure dagli istituti di vendita giudiziaria (Ivg): «Questi ultimi, essendo stati gli unici soggetti a occuparsene per tanti anni, hanno generato la convinzione nell’opinione pubblica di essere una sorta di ente parastatale, unico autorizzato ad avere l’incarico, ma in realtà si tratta di società private, esattamente come la nostra». È vero, tuttavia, che gli Ivg sono gli unici ad avere una concessione ministeriale per eseguire i pignoramenti, in altre parole sono gli unici a poter fisicamente raccogliere i beni nelle proprietà dei soggetti pignorati, «ma la legge del 1942 che definisce il settore si limita a dire che le procedure concorsuali vanno demandate a soggetti competenti».

Competenza garantita da nessuno. Non è infatti previsto dalla legge alcun organo di valutazione: «La legge rimanda a un regolamento per stabilire onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati. Quel regolamento non è mai arrivato. Pertanto, noi possiamo solo lasciar parlare i numeri, mostrando che collaboriamo con Unicredit, Intesa San Paolo e Mps e che siamo iscritti al Ministero nell’elenco dei siti che possono gestire le aste».

Ad oggi sono circa novanta i tribunali italiani che hanno instaurato rapporti con It Auction: «Offriamo una vetrina online con visibilità enorme, con 15mila utenti unici che navigano il sito ogni giorno. Lo scopo di queste procedure è ottenere più risorse possibili per saldare i creditori, noi interveniamo in un momento in cui tutto è già stato deciso da autorità: quelli che ci considerano “sciacalli” hanno una visione sintetica e poco realistica».

Tra i novanta tribunali che operano con It Auction non compare quello più vicino a casa: «Da Ravenna non abbiamo mai avuto incarichi. Il motivo non lo sappiamo, noi ci siamo proposti e abbiamo spiegato il nostro modus operandi oltre che il pubblico che raggiungiamo». E sempre in tema di massima visibilità del prodotto all’asta, c’è un’altra linea di condotta del tribunale di Ravenna che lascia perplesso Ciccarelli: «La pubblicazione degli annunci di fatto passa integralmente attraverso una sola società di Venezia che si occupa di selezionare le testate su cui pubblicare. Gli annunci vanno sulle pagine di un quotidiano di Bologna e non sulla stampa locale o su altri canali web. Non so se questo sia utile per fornire le informazioni ai potenziali acquirenti».

Curare le aste di beni fallimentari diventa anche un osservatorio economico: «I fallimenti sono aumentati con la crisi ma non delle dimensioni che qualcuno potrebbe immaginare. In Italia siamo passati da 9mila a 13mila all’anno e ora stanno nuovamente diminuendo. Quello che si nota è che i fallimenti sono sempre più “poveri”: un tempo fallivano meno società e quando succedeva avevano compendi importanti, oggi giungono a fallire società già svuotate da molte procedure, come ad esempio accade con il boom dei concordati». Da chi sotto gli occhi ha visto passare tanti fallimenti, l’auspicio per il futuro è una questione lessicale: «Eliminare la parola fallimento dalla terminologia legale sarebbe un passo utile. Può sembrare una cosa da poco ma non lo è. Nella nostra società il fallimento genera un fallito e molti vivono questa circostanza come un’onta di cui vergognarsi quando invece molti soggetti arrivano al fallimento senza alcun dolo».

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