Il referente provinciale del settore vede segnali incoraggianti e spiega così le difficoltà del territorio: «Da Ravenna uscivano le barche per la classe media che ha sofferto di più»
I dati, dice Battaglia, è difficile darli perché la nautica è un comparto molto ampio che tocca i cantieri ma anche centinaia di piccole imprese artigiane inquadrate dal sistema camerale come falegnami, elettricisti, meccanici. Sono loro, che si occupano di componentistica e manutenzione, ad aver resistito meglio allo tsunami: «Possiamo dire che il fatturato per queste aziende è tornato ad essere quello del 2008».
Diverso il discorso per i cantieri: dai capannoni prima della crisi uscivano decine di barche ogni anno ma oggi non è più così. «Alcuni cantieri ora fanno soprattutto refitting», spiega Battaglia. Si tratta di una sorta di manutenzione dell’esistente per chi compra una barca usata o vuole rimodernare il suo yacht, un modo per sopravvivere nei cicli di crisi. A Ravenna i cantieri hanno sofferto molto perché producevano barche tra i 10 e i 18 metri, quelle che acquistava la classe benestante ma non ricchissima: sono state le prime spese – spiega Battaglia – tagliate. La classe media non poteva più permettersi barche a vela, posteggio e, soprattutto, tasse e controlli fiscali rigidissimi sui possessori di barche. «Con l’aumento della tassazione su questo tipo di beni, chi poteva è andato in Francia, poi in Croazia, poi magari in Montenegro, con tutte le conseguenze immaginabili per il settore». Il problema della nautica è essere «il bene voluttuoso per eccellenza».
Dopo sei anni di crisi, la nautica da un paio d’anni è tornata a mettere il naso fuori dal buio.
Battaglia: «La dimensione delle imprese a livello locale in genere è tra 10 e 20 dipendenti»
A livello nazionale, secondo un’indagine di Cna, gli operatori hanno aumentato il fatturato del 13 percento nel 2016. «Possiamo dire che Ravenna sia lo specchio della situazione italiana». Significativo l’aumento dell’export: il made in Italy nel lusso tira ancora molto ma non basta più perché «ci sono imprese anche all’estero che offrono qualità a prezzi competitivi». Per questo secondo Battaglia le prossime sfide si giocheranno anche nel marketing e nel sapere comunicare il motivo per cui una barca italiana sia meglio di una straniera. La dimensione delle imprese che portano avanti il settore è, in genere, di dieci o venti dipendenti anche se «alcune sono forse sottodimensionate». A loro, a livello provinciale, se ne affianca qualcun altra specializzata in componentistica e più strutturata, anche con un centinaio di dipendenti. «Aziende che hanno saputo diversificare e quindi hanno superato la crisi, rilanciandosi».