Legambiente contro il deposito di gas: «Rischio alto per pochi posti di lavoro»

L’associazione critica il progetto da 70 milioni presentato da Pir-Edison per uno stoccaggio di Gnl sulla banchina del Candiano: «Non risponde ai requisiti di sviluppo sostenibile»

Gnl

Un rendering del deposito per stoccaggio e distribuzione di Gnl al porto di Ravenna (foto da Ship2shore.it)

«Vale la pena investire 70 milioni di euro in un’opera ad alto rischio che non risponde ai requisiti di sviluppo sostenibile per il prossimo futuro e che risponderebbe alla domanda occupazionale solo in maniera esigua?». Legambiente esprime le sue perplessità sul progetto targato Pir-Edison per la costruzione sulla banchina del Candiano di un deposito per ricezione e distribuzione di gas naturale liquefatto (Gnl) con una capacità di stoccaggio da 20mila metri cubi.

L’associazione ambientalista solleva perplessità per la realizzazione dell’impianto, «visto gli ingenti volumi immagazzinati, in un’area già ricca di insediamenti industriali», e propone un percorso partecipato in cui venga nominata una commissione dedicata a tutti i portatori di interesse tramite loro delegati «che potrà fungere da ulteriore garante nei confronti della cittadinanza e dei dubbi che qualsiasi opera industriale può comportare».

Legambiente ricorda poi che la realtà del petrolchimico ravennate è oggetto di un piano Aripar sui grandi rischi: «Un piano di cui la cittadinanza deve essere periodicamente aggiornata con informazioni puntuali sui comportamenti da attuare in caso di incidenti rilevanti e sullo stato delle cose, come per esempio: aziende e nuovi impianti che nascono sul territorio ed altre che si trovano nella condizione di chiudere la loro attività».

C’è poi la questione della sostenibilità e della compatibilità con la visione del futuro che ha l’associazione: «L’impianto non rientra nella concezione di sviluppo sostenibile della città, contrariamente a quanto riportano i sostenitori dell’opera. Non ha senso definire l’utilizzo del Gnl un valido strumento per abbattere parte delle emissioni di autobus e traghetto di Porto Corsini, quando già oggi in molte città europee, ma anche a Torino ed altre città italiane, vengono acquistati autobus elettrici. Anche in Norvegia, paese del petrolio, stanno già sperimentando traghetti elettrici all’interno dei fiordi. Continuare ad investire in nuove infrastrutture legate all’estrazione, utilizzo e distribuzione del gas, aumenta il cosiddetto “stranded assets” ovvero la dipendenza del sistema economico dalle fonti fossili allungando così il periodo di transizione per tempi insostenibili».

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