Lo strano caso di Lido Adriano, dove i bagni sono “privati”. «Così si può investire»

Considerando anche quelli di Lido di Savio e di Dante sono una cinquantina di stabilimenti della costa ravennate che non sono su terreno demaniale: la concessione riguarda solo la parte degli ombrelloni

Mare Lido Riviera

La direttiva Bolkestein – di cui si sta nuovamente parlando in queste ore dopo la mappatura del Governo – non fa paura a Lido Adriano e Lido di Savio. Da quelle parti i terreni su cui poggiano gli stabilimenti non sono del demanio pubblico in concessione temporanea, ma sono di proprietà dei bagnini. Questo significa niente canone da corrispondere allo Stato, ma soprattutto significa niente scadenze delle concessioni con la messa all’asta e il rischio di non avere più l’area.

È la situazione in cui si trovano circa 45-50 bagni sui duecento dei 37 km di costa del comune di Ravenna: tutti quelli di Lido Adriano che sono una ventina, altrettanti nella parte nord di Lido di Savio e un paio a Lido di Dante.

Lo scenario attuale è la conseguenza di quanto avvenne circa sessant’anni fa. Il conte Augusto Chiericati, imprenditore vicentino classe 1900, acquistò insieme ad altri soci dalla Federazione delle Cooperative circa 320 ettari sul litorale a sud di Ravenna, partendo dalla battigia e risalendo verso monte, per far sorgere una località turistica. Dopo l’acquisizione del 1964, Chiericati avviò un’opera di urbanizzazione che creò da zero la località di Lido Adriano. A quel punto il conte cominciò a rivendere i lotti di terreno fronte mare per la costruzione dei bagni.

Riccardo Santoni della cooperativa Spiagge, che riunisce i bagnini, sottolinea la maggiore facilità di investimento per chi si trova in queste condizioni: «Valgono comunque le normative edilizie e infatti in questi anni non ci sono stati interventi eccessivi. Però la certezza di essere proprietari rappresenta una garanzia importante per investire e per ottenere finanziamenti. E non è mancato un certo dinamismo imprenditoriale nelle compravendite delle aziende o negli affitti di rami di azienda». Per i bagnanti non ci sono restrizioni: «Va comunque garantito l’accesso al mare, non cambia nulla su questo aspetto».

Per alcuni la proprietà si ferma all’area che comprende le strutture del bagno e le sue pertinenze. Il primo tratto di spiaggia a partire dal bagnasciuga è di proprietà demaniale: «Alcuni sono tenuti a corrispondere solo il canone annuale minimo che è di 3.300 euro. Da altre parti sulle nostre coste ravennati si arriva anche a 15mila euro per chi deve pagare tutto il lotto. E poi ci sono i costi per fornire il servizio salvamento che si aggirano sui sei-settemila all’anno e vanno pagati da tutti».

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Il taglio del nastro al nuovo bagno Corallo di Lido Adriano alla presenza degli assessori Federica Del Conte e Giacomo Costantini

Un esempio di investimento favorito dalla proprietà del terreno è quello del bagno Corallo a Lido Adriano. Il 29 luglio scorso l’inaugurazione dell’intervento radicale di rinnovamento: la vecchia struttura originaria degli anni ’80 è stata rasa al suolo e reinnalzata su fondamenta prefabbricate di cemento appoggiate sul terreno sabbioso che, come dispongono le regole urbanistiche per le ricostruzioni sull’arenile, sono sopraelevate di un metro dalla quota media del piano di campagna, per evitare le ingressioni marine. Paolo Paganelli è alla guida della gestione familiare dello stabilimento acquisito nel 2000. «Abbiamo un lotto di cinquemila metri quadrati su cui poggia il bagno. Poi c’è la parte degli ombrelloni che invece è di demanio e richiede il canone. L’investimento per la ricostruzione non sarebbe stato possibile se fossimo in regime di concessione con l’incertezza sul futuro».

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