L’Ue boccia la mappatura delle spiagge, due mesi per le aste oppure rischio sanzioni

La Commissione europea con la direttiva Bolkestein del 2006 vuole concessioni a gara con durata limitata e senza rinnovi automatici, il governo ha prorogato a dicembre 2024 le scadenze e sostiene che non servano bandi perché il bene “spiagge” non è scarso. Bruxelles contesta la misurazione delle coste

4L’Unione europea il 16 novembre 2023 ha inviato al governo italiano una lettera con il parere motivato per la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per la mancata attuazione della direttiva Bolkestein sulle concessioni balneari (qui uno spiegone completo di tutta la vicenda). La comunicazione della Commissione Ue è il secondo passo nell’iter di infrazione. Ora l’Italia ha due mesi di tempo per rispondere alle istanze europee. In caso contrario, Bruxelles potrebbe passare al deferimento alla Corte di Giustizia dell’Unione europea che dovrà pronunciarsi con il rischio di sanzioni economiche per l’Italia.

Secondo la direttiva Bolkestein del 2006 le concessioni demaniali marittime devono essere messe a gara, rilasciate per una durata limitata e non possono prevedere un rinnovo automatico. Nel 2020 si è aperta la procedura di infrazione contro il governo di Roma. L’ultimo intervento del governo in materia è stato il decreto Milleproroghe, che aveva portato al 31 dicembre 2024 la validità delle concessioni assegnate senza gara, allungando di un anno la scadenza decisa dall’esecutivo Draghi.

Lo scorso 24 febbraio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato il decreto esprimendo riserve su possibili profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive: «Sono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di governo e Parlamento».

Il governo Meloni sostiene che la direttiva Ue del 2006 sulla liberalizzazione dei servizi e delle concessioni balneari non vada applicata alle spiagge italiane in quanto il bene “spiagge” non è scarso: da una mappatura delle coste risulterebbe che il 67 percento è privo di strutture. I calcoli del governo non convincono Bruxelles perché escluderebbero aree di minore accessibilità per condizioni naturali, come quelle rocciose, e altre aree, come quelle militari, che potenzialmente potrebbero ospitare strutture turistico-ricettive.

«La bocciatura della Ue al tentativo del governo di prorogare le concessioni balneari ha fatto perdere all’Italia un anno di tempo – ha commentato l’assessore regionale a Turismo e Commercio, Andrea Corsini –. Dodici mesi di promesse elettorali nocive in cui invece ci si sarebbe dovuti mettere al lavoro per presentare una proposta di buon senso. Un documento che la Regione Emilia-Romagna aveva elaborato più di un anno fa e che aveva trovato d’accordo tutte le Regioni. Con il risultato che ora, entro due mesi, si dovrà applicare la Bolkestein per non incorrere in sanzioni che sarebbero pagate da tutti i cittadini, oltre alla pioggia di ricorsi che arriveranno».

La proposta dell’Emilia-Romagna punta sul giusto riconoscimento del valore aziendale dell’impresa, degli investimenti realizzati e della professionalità degli operatori che hanno gestito finora il bene demaniale. Elementi che dovranno essere considerati tra i criteri di valutazione dei nuovi bandi di gara, insieme agli standard qualitativi dei servizi e alla sostenibilità sociale e ambientale del piano degli investimenti. Con l’esclusione del rialzo del canone demaniale che non dovrà essere oggetto di gara ma rimanere predeterminato per legge dallo Stato.

Inoltre, si ritiene necessario che Regioni e Comuni possano concorrere nella definizione dei criteri dei bandi di gara con l’obiettivo di valorizzare il paesaggio e gli elementi identitari della fascia costiera attraverso la qualificazione dell’offerta turistico-balneare, tenendo conto delle peculiarità dei diversi territori.

Altri elementi dovranno riguardare la valutazione circa il numero massimo di concessioni da rilasciare a ogni operatore economico, in modo da garantire l’adeguata pluralità e differenziazione dell’offerta nell’ambito territoriale di riferimento, e la determinazione di limiti minimi e massimi di durata delle concessioni, anche per assicurare un congruo periodo al rientro degli investimenti.

«In Emilia-Romagna- conclude Corsini- c’è in ballo il futuro di oltre 1.500 imprese, principalmente a conduzione familiare, che rappresentano un patrimonio fondamentale di esperienza e non solo per la nostra regione. Continuare a procrastinare, oltre a essere penalizzante per il Paese, è una decisione che rischia di avere conseguenze economiche e sociali gravissime».

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