martedì
29 Luglio 2025
la griglia

Dal castrato al maiale, senza salse: l’identità della Romagna sulla brace

Il gesto di “mettere su la graticola” ha radici antiche, legate a una cucina di necessità. Patate e pomodori unici contorni ammessi

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Prima ancora del profumo, è il fumo che annuncia la festa. In Romagna basta una brace accesa e due ferri appoggiati sopra per sapere che sta per succedere qualcosa di serio: la carne sta per finire in graticola. Niente barbecue, niente slow cooking: qui si parla di carne in graticola, appoggiata semplicemente su ferri roventi, distesi sulle braci vive di un camino o di un fuoco all’aperto, senza coperchi, termometri o rituali importati. È un gesto arcaico, essenziale, che racconta molto più di una semplice tecnica di cottura: parla di comunità, di identità, di memoria contadina.
Da sempre, nel nostro territorio, la graticola ha un ruolo centrale nelle feste di paese, nei pranzi della domenica, nelle scampagnate di primavera. E non è certo un mero strumento di cottura, è un catalizzatore sociale: attorno alle braci si riuniscono amici e parenti, si scambiano storie, si beve Sangiovese e si discute animatamente.
Il gesto di “mettere su la graticola” ha radici antiche, legate a una cucina rustica, di necessità, dove il fuoco era al centro della casa e della vita quotidiana. La carne, quando c’era, si cucinava senza fronzoli, magari dopo una rapida marinatura con olio, vino, aglio e rosmarino. La brace era quella del camino, fatta con legna di potatura, spesso di vite o d’ulivo, capace di conferire profumi intensi.
E sebbene oggi si arrostisca un po’ di tutto, i protagonisti storici della graticola romagnola
sono solo due: il castrato, ovvero il maschio ovino adulto castrato, e la carne di maiale (costine, salsiccia, pancetta, braciola, salame fresco a fette e coppa). Il castrato, in particolare, è una carne simbolica: saporita, tenace, con un sapore forte che spaventa chi non è abituato, ma che conquista chi sa apprezzare le sfumature più autentiche.
I tagli più usati sono la costata e la coscia tagliati a fette più o meno spesse, cotte lentamente sulla brace finché il grasso inizia a sciogliersi e a insaporire ogni fibra. In molti preferiscono non marinare il castrato, ma chi ama una carne più tenera e meno aggressiva, può immergerla per qualche ora in olio, vino bianco o birra, aglio, pepe nero e rosmarino. Il risultato sarà meno “selvatico”, ma altrettanto gustoso.
Il maiale, invece, è più indulgente e amico di tutti. La salsiccia fresca, condita con sale, pepe, vino rosso e aglio, è un classico irrinunciabile. La pancetta e le costine sprigionano profumi irresistibili appena toccano i ferri caldi. Anche qui, pochi segreti: l’importante è la qualità della carne e la gestione del fuoco.
Chi cerca salse e condimenti da accompagnamento in stile barbecue, in Romagna, rimarrà deluso. Qui la carne in graticola non ha bisogno di nulla: il gusto lo dà la cottura, la brace, il grasso che fonde, il tempo e l’attesa. Semmai si può servire con una spolverata di sale grosso, un filo di olio crudo (di quello buono!) e una grattata di pepe al momento, ma nulla di più. Gli unici accompagnamenti davvero ammessi, anzi, ritenuti quasi indispensabili, sono le patate al forno e i pomodori grigliati o gratinati. Questi ultimi, tagliati a metà, svuotati leggermente e conditi con olio, sale e pepe per la graticola, o con pangrattato, prezzemolo, aglio e olio buono per la cottura in forno, con il loro sapore acidulo e aromatico, spezzano la grassezza della carne e ne esaltano il gusto.

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Arriviamo alla cottura che, non è difficile, ma richiede attenzione. Le braci devono essere ben formate, senza fiamme vive, e i ferri ben caldi ma non incandescenti. La carne va girata poche volte, con pazienza, lasciando che si formi una crosticina saporita all’esterno e che l’interno resti succoso.
Chi dispone di una graticola doppia, quella che si chiude a libro, ha un vantaggio: può girare la carne con un solo gesto, senza bucarla o stressarla, conservando all’interno tutti i succhi.
Poi c’è chi, modernamente, ama spennellare la carne con un’emulsione leggera di olio extravergine, limone e rosmarino durante la cottura: non è una tradizione romagnola, ma può dare profumo e sapore, soprattutto se si cuociono tagli più magri. Ed è da usare con misura, e solo se si è certi che il fuoco sia sotto controllo.
Alla fine però, che si usi la graticola a libro o si spennelli con qualche aroma, la sostanza non cambia: la carne in graticola è una cosa nostra, da fare con calma, in compagnia e col fuoco giusto sotto. Un gesto che va oltre la cottura e diventa rito, racconto e identità.

Quercia e tralci di vite sono la legna più adatta per la cottura
Per ottenere una brace perfetta, è importante scegliere con cura la legna. Meglio prediligere legni duri come quercia, olivo o i tralci di vite, che regalano una brace viva, profumata e duratura nel tempo. Al contrario, è bene evitare legni resinosi come pino o abete, che tendono a produrre fumi acri e sapori amari, poco adatti al sapore della carne.
Spesso si usa una miscela: la quercia per mantenere una temperatura costante, i tralci di vite per aggiungere quel tocco aromatico tipico.
La regola d’oro è lasciare che la legna bruci fino a diventare brace rossa e compatta, senza più fiamme vive, perché solo allora si può iniziare a cuocere: il fuoco deve trasformarsi in un calore stabile e silenzioso, capace di cuocere la carne alla perfezione.

Consigli utili per la marinatura
• Mezzo litro di vino bianco secco senza difetti o di birra
• 2 spicchi d’aglio schiacciati
• 2 rametti di rosmarino
• pepe nero in grani
• lasciare in infusione per 3-6 ore in frigorifero

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