La città bizantina tra le mete citate dal quotidiano inglese
Il Telegraph elogia l’Italia e invita i propri lettori a tornare a visitare il Belpaese appena l’emergenza sanitaria sarà finita e si tornerà a viaggiare all’estero.
Il quotidiano britannico elenca 20 motivi per cui è bene scegliere le bellezze italiane ma confessa che ce ne sarebbero molti di più.
Al terzo posto – secondo il Telegraph – ci sono le storiche cittadine e i borghi arroccati sulle colline, tra cui, in Emilia-Romagna, è citata Ravenna.
Hera ha acquistato il terreno dalla procedura fallimentare della società pubblica Stepra. La Pigna soddisfatta: già nel 2018 aveva proposto quella soluzione per evitare ai residenti di spostarsi fino a Roncalceci
La frazione di San Pietro in Vincoli, nell’area nota come Ville Unite nel forese sud del comune di Ravenna, avrà una stazione ecologica. Il gruppo Hera, attraverso una procedura fallimentare, ha infatti acquistato un terreno idoneo, precedentemente di proprietà di Stepra, nell’area artigianale adiacente a via Rustica. Si stima che i lavori potranno partire abbastanza rapidamente, con la previsione di inaugurare la struttura nella primavera 2021.
«Per i cittadini di San Pietro in Vincoli e delle limitrofe località delle Ville Unite, densamente abitate – commenta il sindaco Michele de Pascale –, la mancanza della stazione ecologica era un problema molto sentito, che li costringeva ad andare fino a Roncalceci. Si trattava addirittura di una delle priorità indicate dai consigli territoriali. Finora non eravamo riusciti a concretizzarla perché non c’era un terreno idoneo disponibile ma adesso questo ostacolo è stato finalmente superato».
In merito il consiglio comunale aveva approvato una mozione all’unanimità presentata lo scorso ottobre dalla lista civica La Pigna che si era impegnata con convinzione per ottenere la stazione ecologica indicando già nel 2018 proprio l’area che poi è stata effettivamente scelta nella zona artigianale. La consigliera comunale Veronica Verlicchi è soddisfatta della decisione presa da Hera-
Partenza dei lavori l’11 maggio, durata prevista 90 giorni, costo totale 78mila euro
Sant’Apollinare in Classe
La basilica di Sant’Apollinare in Classe e il museo Classis saranno collegati da un nuovo percorso pedonale protetto per renderlo più agevole e sicuro a visitatori e turisti. I lavori per un costo di 78mila euro inizieranno lunedì 11 maggio e si protrarranno per circa 90 giorni, con ultimazione prevista per il mese di agosto.
L’intervento partirà dal retro della basilica, a fianco del piccolo giardino, per un tratto di 230 metri sul lato destro della via Classense che conduce al museo. Saranno riorganizzati anche gli attraversamenti pedonali e adeguata la fermata dell’autobus per l’accesso alle persone con disabilità. I lavori comprenderanno anche un tratto in corrispondenza del passaggio a livello, di cui si farà carico RFI proprietario della infrastruttura, che riguarderanno l’allungamento delle barriere e la pavimentazione che permetterà l’attraversamento in sicurezza delle rotaie.
È in corso la stipula di una convenzione che regola le modalità per l’esecuzione dei lavori che dovranno essere effettuati da Rfi. La tempistica degli interventi riguardanti il passaggio a livello potrebbe subire uno slittamento. Non sono previste modifiche alla circolazione stradale se non restringimenti di carreggiata.
Sempre nell’ambito di questi lavori è previsto un intervento in via Romea Vecchia, dove qualche anno fa fu realizzato un tratto di pista ciclabile. Si tratta del prolungamento, di circa 120 metri, del percorso pedonale protetto dall’incrocio con via del Pretorio fino a circa il civico 53, in direzione Ravenna, per mettere in collegamento le fermate bus esistenti col percorso già realizzato, adeguandole all’acceso di persone con disabilità. A causa del restringimento della carreggiata sarà necessario istituire un senso unico alternato.
Si accede alla biblioteca solo su prenotazione, i volumi sono su un tavolo con nome e cognome. Le opere restituite vanno in quarantena e vengono sanificate prima di essere distribuite di nuovo
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA NUOVA MULTIMEDIATECA DELLA BIBLIOTECA CLASSENSE
Da lunedì 4 maggio è possibile prenotare il prestito di libri in biblioteca per il ritiro su appuntamento e si sono registrate circa cento telefonate al giorno per informazioni sui diversi servizi, tra i quali l’iscrizione online e il prestito di ebook, musica e altre risorse digitali. Circa 50 le chiamate giornaliere che riguardano prestiti prenotati.
Si può accedere al servizio scrivendo alla mail informazioni@classense.ra.it, telefonando allo 0544.482115 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13, e nei prossimi giorni anche tramite la piattaforma di videomeeting Lifesize, utilizzando il link che verrà comunicato sul sito web e sui canali social della biblioteca.
Una volta verificata la disponibilità, l’utente viene contattato e riceverà data e orario del ritiro, che avverrà, ovviamente, nel rispetto di tutte le precauzioni vigenti, nel chiostro d’ingresso della Classense, in via Baccarini 3, allestito per l’occasione con tavoli sui quali sono stati sistemati i volumi, contrassegnati da cognome e nome dell’utente. Il ritiro avviene in modalità self service, con l’assistenza del personale che segue a debita distanza l’utente, che deve essere provvisto di mascherina e che può utilizzare i prodotti sanificanti messi a disposizione.
Sempre su prenotazione è possibile riconsegnare i volumi presi in precedenza (ma si ricorda che i prestiti sono stati automaticamente prorogati fino al 18 maggio): i libri, depositati direttamente dall’utente in apposite ceste sistemate nel chiostro, saranno messi in quarantena in depositi appositamente predisposti e nuovamente resi disponibili dopo un’adeguata sanificazione.
«La ripresa dell’attività di prestito delle biblioteche e il grande interesse riscontrato sono elementi che in questa circostanza così difficile, trasmettono speranza – così commenta il sindaco Michele de Pascale –. Nella fase d’isolamento forzato, determinato dalle prescrizioni di contenimento della diffusione del Covid-19, i libri hanno rappresentato per tantissime persone una via d’uscita e un appiglio importante per superare i momenti più duri. Come noi ora ci stiamo addentrando con cautela in una fase di allentamento delle limitazioni, così anche i libri riprendono a circolare, continuando ad accompagnarci. Tutto ciò è reso possibile grazie al lavoro e alla disponibilità delle bibliotecarie, dei bibliotecari e degli operatori, che assicurano la continuità di un servizio tanto importante. A loro vanno i miei più sinceri ringraziamenti».
La Regione facilità le procedure per gli esami che individuano gli anticorpi e quindi l’immunizzazione
Procedure più semplici per imprese e privati cittadini che vogliono effettuare test sierologici per la ricerca degli anticorpi Covid-19 che dimostrano l’immunizzazione alla malattia.
Dalla prossima settimana le imprese – sia quelle che hanno già fatto la richiesta, sia quelle che non l’hanno ancora fatto – con una semplice autocertificazione, nella quale deve essere indicato il laboratorio scelto tra quelli autorizzati della Regione, potranno dare corso immediatamente all’effettuazione dei test per effettuare lo screening ai propri lavoratori. Al momento sono 25 i laboratori privati di analisi autorizzati dalla Regione, in possesso di tutte le caratteristiche di affidabilità per poter processare i test sierologici convalidati. Tra questi figura anche una struttura di Faenza, l’unica in provincia di Ravenna.
Anche per i privati cittadini che desiderano effettuare il test sierologico c’è una novità: sarà sufficiente rivolgersi ad un medico di fiducia per chiedere la prescrizione del test, che poi dovrà essere effettuato presso i laboratori autorizzati.
La lista dei laboratori privati autorizzati dalla Regione e l’elenco dei test sierologici convalidati (in corso di aggiornamento) è in questa pagina del sito regionale.
«Abbiamo di fronte a noi – spiega l’assessore alle Politiche per la salute Raffaele Donini – un orizzonte che ci spinge a prendere decisioni che vadano rapidamente incontro alle esigenze di imprese e cittadini. Ma sempre in un ambito di sicurezza e di correttezza clinica. Eliminare per le imprese le autorizzazioni ai test ai collaboratori, sostituite da una autocertificazione, e consentendo ai cittadini di accedere in modo corretto allo screening sierologico, credo dimostri, ancora una volta in modo concreto, l’impegno della Regione alla lotta al flagello con il quale stiamo facendo i conti e alla ripresa della vita normale, pur dovendo forzatamente convivere con il virus».
Originaria di Faenza, era entrata nella comunità delle Serve di Maria a 20 anni
La diocesi di Ravenna piange suor Maria Grazia Gaddoni, delle Serve di Maria Ghiselli, deceduta ieri 5 maggio nella casa generalizia di via Ghiselli per le complicanze dovute a varie patologie pregresse. Aveva compiuto 91 anni l’8 marzo. Ha insegnato italiano storia, geografia a generazioni di giovani all’Istituto Magistrale di cui è stata anche preside.
Originaria di Faenza, era entrata nella comunità delle Serve di Maria a 20 anni. Per 40 anni è stata segretaria di tutta la congregazione (che ha sedi anche in altre città) e anche la superiora della comunità di Ravenna per 5 anni. Molto conosciuta in città per il suo impegno educativo, per anni ha animato un gruppo di lectio divinae nella parrocchia di San Biagio.
Sarà l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni a celebrare, domani, il suo funerale nella piccola chiesa della comunità, con il parroco di San Vitale don Rosino Gabbiadini e a padre Pietro Gandolfi. Per le disposizioni relative all’emergenza sanitaria in atto, la celebrazione funebre sarà in forma privata.
Il totale dei casi positivi sfiora mille di cui più della metà sono guariti. I decessi complessivi sono 72 in meno di due mesi
Dopo la giornata di ieri, 5 maggio, con il doppio zero alle voci nuovi contagi e decessi, il coronavirus torna a farsi sentire in provincia di Ravenna: alle 12 di oggi, 6 maggio, si sono registrate quattro nuove positività e un morto in più rispetto a 24 ore prima. Sono i dati diffusi dalla Regione nel bollettino quotidiano.
La persona che ha perso la vita è una donna di 83 anni, è la terza persona che perde la vita dall’inizio di maggio, la 72esima in totale in provincia. Si registrano anche 5 nuove guarigioni complete mentre altre 9 persone sono guarite clinicamente e dovranno sottoporsi ai tamponi di negativizzazione.
Dei quattro nuovi casi, uno è residente fuori Regione e la positività è stata riscontrata occasionalmente in previsione di un intervento chirurgico. Gli altri tre sono residenti a Cervia, membri di uno stesso nucleo familiare, contagiati per contatto con casi già accertati, dopo una lunga quarantena. Si tratta di un 24enne, di una donna di 89 anni e di una minore.
L’aggiornamento complessivo per la provincia quindi dice che dall’inizio dell’epidemia (primo caso diagnosticato a Lugo il 28 febbraio) il totale degli casi di Covid-19 sfiora quota mille (990): di questi più della metà sono già guariti e 240 circa sono ancora casi attivi (una ottantina ricoverati e il resto in isolamento a domicilio). Il conto dei morti sale a 72 (comprese persone non residenti in provincia ma decedute nelle strutture del territorio). Il primo morto risale al 13 marzo.
Questi i casi di positività nelle altre province della regione (non si riferiscono alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi): 4.295 a Piacenza (9 in più rispetto a ieri), 3.244 a Parma (14 in più), 4.799 a Reggio Emilia (11 in più), 3.766 a Modena (8 in più), 4.259 a Bologna (27 in più), 387 le positività registrate a Imola ( lo stesso dato di ieri), 951 a Ferrara (11 in più), 913 a Forlì (3 in più), 731 a Cesena (16 in più), 2.044 a Rimini (1 in più).
In Emilia-Romagna dall’inizio dell’epidemia da coronavirus si sono registrati 26.379 casi di positività, 104 in più oggi rispetto a ieri: ancora un aumento fra i più bassi mai registrati finora. I test effettuati hanno raggiunto quota 211.652 (+5.486). Le nuove guarigioni oggi sono 362 (14.251 in totale), mentre continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi a oggi: -290, passando dai 8.681 registrati ieri agli odierni 8.391. Per un differenziale fra guariti complessivi e malati effettivi di 5.860, fra i più alti nel Paese. Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 5.728, -149 rispetto a ieri. I pazienti in terapia intensiva sono 176 (-15). Diminuiscono quelli ricoverati negli altri reparti Covid (-101). Si registrano in regione 32 nuovi decessi: 16 uomini e 16 donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna sono arrivati a 3.737.
Dal 7 maggio un’ordinanza di Bonaccini allarga le maglie in Emilia-Romagna
Cambiano le regole per gli spostamenti in Emilia-Romagna: dal 7 maggio disposizioni meno rigide definite da un’ordinanza del presidente Stefano Bonaccini.
Gli spostamenti per raggiungere le seconde case, camper o roulotte, imbarcazioni o velivoli di proprietà per attività di manutenzione e riparazione, vengono dunque consentiti nell’intero territorio regionale e non più solo in quello provinciale. Per tutti, resta l’obbligo di rientro in giornata.
La possibilità di muoversi in ambito regionale viene estesa anche agli spostamenti per comprovate esigenze lavorative, motivi di salute o di necessità, come fare la spesa, quelle cioè indicate nel Decreto della Presidenza del Consiglio del 26 aprile (articoli 1, lettera a).
Le visite ai congiunti e la stessa attività motoria e sportiva – oltre che gli stessi spostamenti per arrivare alle seconde case, camper e roulotte, imbarcazioni e velivoli di proprietà, sempre e solo per le attività consentite – potranno avvenire anche insieme a persone conviventi, non solo individualmente.
Potranno avvenire in ambito regionale anche gli spostamenti per svolgere individualmente attività sportiva o motoria all’aperto (come per esempio ciclismo, corsa, caccia di selezione, pesca sportiva, tiro con l’arco, equitazione), sempre rispettando la distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri per l’attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività. L’accesso agli specchi d’acqua per lo svolgimento delle attività sportive acquatiche individuali può avere luogo esclusivamente secondo specifiche modalità definite dalle singole amministrazioni comunali.
L’ordinanza stabilisce poi che l’attività sportiva sia consentita anche all’interno di strutture e circoli sportivi se svolta in spazi all’aperto, purché consentano il rispetto del distanziamento ed evitino il contatto fisico tra i singoli atleti (un esempio su tutti, il tennis in campi appunto all’aperto). Viene però specificato che resta sospesa ogni altra attività collegata all’utilizzo delle strutture in questione compreso quello di spogliatoi, palestre, piscine, luoghi di socializzazione, bar e ristoranti.
La passeggiata che si estende in mezzo al mare resterebbe chiusa fino a agosto, De Pascale chiede di modificare i tempi per non danneggiare ulteriormente le imprese turistiche
Il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, chiede all’Autorità portuale di rinviare i lavori di manutenzione alla diga foranea di Marina che dovrebbero iniziare oggi, 6 maggio, e prevedono la chiusura della diga fino ad agosto. «La tempistica annunciata – dice il primo cittadino – risulta eccessivamente penalizzante per Marina di Ravenna, le cui imprese turistiche sono già stremate dai danni economici causati dall’emergenza Covid-19».
De Pascale presenta la sua richiesta all’ente portuale pur consapevole che «le programmazioni dei lavori di tutti gli enti pubblici siano state completamente stravolte dall’emergenza sanitaria che ha per lungo tempo bloccato le attività di cantiere, e che i lavori di riasfaltatura delle dighe foranee siano tanto necessari quanto complessi, data la necessità di svolgerli nei mesi a minore rischio di mareggiate».
Abbiamo chiesto un intervento sul tema dell’abitare, in ottica “dopo virus”, a Gianluca Bonini, ingegnere civile e fondatore con Emilio Rambelli di Nuovostudio di Ravenna, la cui attività spazia dall’architettura all’urbanistica, dal design industriale a quello di interni. Molto significativa per Bonini è l’esperienza nel settore del retail design, che lo ha portato a progettare boutique di lusso nelle location più importanti della moda internazionale.
Bonini (a sinistra) con l’architetto Emilio Rambelli, con cui ha fondato Nuovostudio
«L’11 marzo scorso, come ricorderemo a lungo, venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il “Decreto #IoRestoaCasa”, il provvedimento che ha esteso a tutto il territorio nazionale quello che ormai tutti chiamiamo lockdown. Quarantena è in effetti un termine superato, non fosse altro per il fatto che di giorni da allora ne sono passati ben più di quaranta: a oggi (Bonini ci scrive il 28 aprile, ndr) sono sette le settimane trascorse in casa, a fare i conti con un evento planetario che nessuno, tranne Bill Gates forse, avrebbe mai immaginato potesse accadere.
Improvvisamente perciò la casa è diventa il centro della nostra vita, venendo ad assumere un ruolo che probabilmente mai, nella storia recente, era stato così centrale, soprattutto per chi abita nei grandi centri urbani. In passato, nella città antica, il luogo dell’abitazione era connesso al luogo di lavoro, le case-bottega si ritrovano dall’epoca romana alla prima era industriale. Cosa è cambiato? L’industrializzazione ha mutato profondamente la geografia sociale dei territori, muovendo enormi flussi di persone dai borghi rurali alle città, che hanno visto decuplicarsi il numero dei loro abitanti. Sono nate così le metropoli dell’era moderna, fenomeno ormai storicizzato in occidente ma tutt’ora in forte sviluppo in Cina, dove nell’ultimo decennio sono cresciute megalopoli dai nomi spesso sconosciuti: Chongquing, ad esempio, ho scoperto solo recentemente che è, coi suoi 36 milioni di abitanti, l’area metropolitana più grande del mondo!
Questa rivoluzione sociale ha ridotto drasticamente lo spazio a disposizione, rendendolo inoltre enormemente costoso: nelle aree centrali delle principali città i prezzi sono elevatissimi: alcuni attici su Central Park a New York hanno raggiunto anche i 100mila euro al metro quadrato, ma senza andare così lontano è facile trovare nel centro di Milano appartamenti con prezzi superiori ai 10mila euro al metro. Questo ha portato la speculazione immobiliare a mettere sul mercato unità minime d’abitazione, pensate per singoli o per coppie, che di fatto usano la “casa” solo per dormire e forse mangiare, magari solo alla sera, magari solo qualche volta nei week end. Tutte le altre funzioni e servizi, infatti, si devono trovare fuori casa: la palestra, il cibo (numerosi ormai i food deliveries), la lavanderia, la scrivania sulla quale usare un computer. Nelle grandi città i mezzi per spostarsi sono pubblici e ciò ha portato a non aver bisogno dell’auto, che si noleggia quando serve. Se poi ce l’hai, la tieni in strada e la porti a lavare dal benzinaio. Se hai famiglia, e vivi in un capoluogo importante, o hai molte possibilità economiche per vivere in centro oppure ti sposti verso la periferia dove i prezzi sono sono più bassi e c’è la possibilità di comprare un immobile più grande.
Ma in definitiva come è la nostra casa? Un recente articolo apparso sul Sole 24 ore ci racconta che dai dati Istat emerge che il 60 percento delle case italiane ha solo un bagno, che un terzo non ha né terrazzo né balcone, e che soltanto l’8 percento è stata costruita dopo il 2000 e ha quindi standard qualitativi più vicini alle attuali richieste normative. A livello dimensionale è in media di 68 mq nelle città medio grandi e di 92 mq in provincia.
Improvvisamente, però, e da un giorno all’altro, quella casa dei dati statistici non è più solo il luogo dove si dorme e si mangia ma di colpo si è dovuta trasformare in un oggetto multi funzione, dove molti si sono trovati a dover lavorare, studiare, passare il tempo libero e magari fare sport. Tutti, quindi, salvo pochi privilegiati, si sono trovati a fare i conti con la propria abitazione: la nuova dimensione della convivenza forzata con gli altri membri del nucleo familiare ci ha fatto desiderare un casa più grande, una casa dove ognuno possa godere di un po’ di privacy oppure poter lavorare a un pc mentre i figli fanno home-schooling.
Nelle ultime settimane, poi, l’arrivo della primavera ha fatto desiderare a chi non lo possiede o un terrazzo o un un giardino, e magari una casa con delle “risorse”. Eccoci quindi a maledire gli open space disegnati negli ultimi anni, quei soggiorni con angolo cottura dove nessuno può fare niente senza disturbare inevitabilmente gli altri. Milioni di case senza ingresso, con camere da letto dove una scrivania entra a fatica, con balconi troppo piccoli per poterci pranzare, figuriamoci per farci stare un barbecue. Case nelle quali una lavanderia è un sogno, e lo stendino dei panni sta inevitabilmente aperto tra i divani.
È molto che nell’ambiente dell’architettura si parla di un nuovo modello abitativo, esigenza che è cominciata ad imporsi come riflessione negli ultimi anni di crisi economica, quelli che hanno portato ad enormi divari nella forbice dei valori immobiliari: prezzi altissimi in pochi centri strategici a forte richiamo economico, mortificazione delle aspettative in quasi tutto il resto del Paese. Questo ha portato, come conseguenza inevitabile di un ragionamento più vasto che ci impone la necessità di contenere spese e consumi, in ogni ambito, alla conseguente revisione dei valori esistenziali considerati non sindacabili dalle persone.
Quali sono perciò i fondamentali emersi? Innanzitutto un maggiore valore dato al proprio tempo, sia lavorativo sia libero, vissuto in proprio o con i propri cari, familiari, conviventi o amici che siano. Di certo l’ambiente, il rispetto per le risorse e la necessità di non sprecarle: ambientali, energetiche o economiche. Il risparmio energetico, che è al contempo rispetto per l’ambiente, è diventato metafora vasta, se vogliamo una nuova riflessione etica sulla vita. Conseguentemente la qualità del lavoro, così come la qualità del luogo in cui si lavora e soprattutto del luogo dove si vive sono a buon diritto rientrati nel dibattito collettivo. Concetti come co-working e co-housing si ritrovano sempre di più spesso come temi sui quali ragionare. Questo perché condividere significa non sprecare risorse, e porta a completare le poche stanze private del proprio alloggio con aree a giardino o ad orto, con una piccola palestra (chi non l’avrebbe voluta in casa in questi giorni?), una lavanderia condominiale o uno spazio collettivo da usare per il tele lavoro o la scuola dei bambini.
I casi sono in crescita, a partire dalle grandi città come Milano dove questo tipo di approccio, basato sui concetti della “Psicologia dell’abitare” porta alla definizione di concept abitativi di fascia medio-alta per appartamenti circondati dal verde in contesti pieni di servizi comuni come piscina, orti, frutteti, spazio per il tempo libero, per arrivare ad esperienze più orientate all’aspetto sociale come le CaseFranche a Forlì dove chi abita condivide l’etica del bene comune e i servizi sono la partecipazione a gruppi di acquisto solidali, la mobilità condivisa o la banca del tempo.
Questi concetti stanno portando a una maturazione dell’approccio con il quale oggi si affronta il progetto residenziale, specie se di ambito territoriale. La nostra più recente esperienza di studio ci ha visti, specie nell’ultimo anno, molto impegnati nella lettura dell’evoluzione della sensibilità collettiva sui temi dell’abitare: un gruppo di lavoro coerente a queste istanze deve infatti coinvolgere non solo l’architetto, il paesaggista, l’esperto di tematiche ambientali ma, oggi, anche un sociologo ed uno psicologo. Le istanze di rinnovo erano già ricche di fermento, ma ritengo che queste settimane di fermo dalle dinamiche del quotidiano abbiano avuto un piccolo aspetto positivo, se è possibile e opportuno chiamarlo tale, che è stato quello di consentire al pensiero critico di poter condurre a compimento riflessioni che erano si presenti nel dibattito disciplinare, ma ancora solo in fase germinale.
Al via il cantiere per il rifacimento del primo tratto di pavimentazione della diga foranea di Marina di Ravenna
Iniziano oggi (6 maggio), in ritardo di un paio di mesi a causa delle restrizioni legate alla pandemia, i lavori di rifacimento del primo tratto di pavimentazione della diga foranea sud, la cosiddetta “palizzata” di Marina di Ravenna.
Si tratta del completamento dei lavori già svolti a fine 2018 nella parte finale della diga.
Lavori – spiega l’Autorità portuale in una nota inviata alla stampa – «che sono ormai indispensabili e non più rinviabili per poter garantire la sicurezza di tutti coloro che camminano lungo la cosiddetta “palizzata”».
L’intervento avrà una durata massima prevista di circa tre mesi, «ma si confida di ultimare con qualche anticipo».
I tre comuni sono confinanti tra Ravenna e Forlì-Cesena: ammesse solo le comprovate necessità come acquisti di beni, manutenzioni di seconde case, agricoltura
A partire dal 6 maggio saranno consentiti gli spostamenti per motivate situazioni di necessità tra Faenza, Brisighella e Modigliana anche se le prime due sono in provincia di Ravenna e la terza in provincia di Forlì-Cesena. Tramite un’apposita ordinanza, frutto di un accordo tra i sindaci Giovanni Malpezzi, Massimiliano Pederzoli e Jader Dardi, viene superato il vincolo dell’ordinanza regionale del 30 aprile che limita all’ambito provinciale le possibilità di spostamenti motivati da situazioni di necessità (per raggiungere i congiunti invece è possibile muoversi in tutta la regione). La stessa ordinanza regionale prevede la definizione di diverse e più ragionevoli soluzioni per comuni confinanti tra province diverse.
Le situazioni di necessità riconosciute – ricordano i sindaci – sono l’acquisto di beni o servizi di prima necessità, l’accesso a servizi territoriali, scolastici, sanitari, professionali le esigenze manutentive di seconde case e la coltivazione di appezzamenti agricoli. Ogni spostamento è consentito in forma individuale e con rientro in giornata. Resta invariato il divieto di svolgere attività motoria o sportiva fuori dell’ambito provinciale.
«Non è stato possibile un analogo accordo con Tredozio – si legge nella nota dei Comuni –, in quanto non direttamente confinante con il territorio della provincia di Ravenna. Si auspica che questa limitazione venga rimossa quanto prima nell’interesse di tutti gli abitanti della vallata».