mercoledì
27 Agosto 2025

Tutti pazzi per il basket: Ravenna ipoteca gli spareggi con 5 gare di anticipo

Pala De André gremito per la nuova impresa dell’OraSì contro Treviso

Altra impresa dell’OraSì Ravenna che, di fronte a un Pala De André gremito con tanto di coreografia giallorossa a forte impatto (vedi foto), supera in rimonta la capolista De Longhi Treviso (68-61 il finale) raggiungendola in classifica al secondo posto del campionato di A2 di pallacanestro, con due punti di ritardo rispetto alla nuova prima della classe solitaria, la nobile decaduta Virtus Bologna.

A cinque giornate dal termine della regular season la squadra ravennate ha in questo modo già ipotecato i playoff. Gli addetti ai lavori e i tifosi sanno però bene che la promozione in A1 resta molto complicata, essendo in palio solo un posto tra le sedici squadre che disputeranno i playoff, le prime otto del girone Ovest e le prime otto (tra cui Ravenna) del girone Est.

Tutti pazzi per il basket: Ravenna ipoteca gli spareggi per l’A1 con 5 gare di anticipo

Pala De André gremito per la nuova impresa dell’OraSì contro Treviso

Altra impresa dell’OraSì Ravenna che, di fronte a un Pala De André gremito con tanto di coreografia giallorossa a forte impatto (vedi foto), supera in rimonta la capolista De Longhi Treviso (68-61 il finale) raggiungendola in classifica al secondo posto del campionato di A2 di pallacanestro, con due punti di ritardo rispetto alla nuova prima della classe solitaria, la nobile decaduta Virtus Bologna.

A cinque giornate dal termine della regular season la squadra ravennate ha in questo modo già ipotecato i playoff. Gli addetti ai lavori e i tifosi sanno però bene che la promozione in A1 resta molto complicata, essendo in palio solo un posto tra le sedici squadre che disputeranno i playoff, le prime otto del girone Ovest e le prime otto (tra cui Ravenna) del girone Est.

L’esodo secondo Quirico: «Il migrante è il vero viaggiatore»

L’inviato de “La Stampa” a Palazzo Rasponi il 21 marzo :«La maggioranza degli italiani è poco istruita, ignora geografia e storia»

QuiricoHa camminato con loro, ha rischiato con loro, passo dopo passo lungo un tragitto che inghiotte migliaia di vite ogni anno. Domenico Quirico, reporter di guerra del quotidiano “La Stampa” ha attraversato le vie dei migranti e ha scritto da questa esperienza Esodo (Neri Pozza). L’autore lo presenterà al pubblico, nell’ambito di “Scritture di Frontiera – Scrittura Festival”, martedì 21 marzo, alle 18, a Palazzo Rasponi delle Teste di Ravenna.

Le migrazione è uno dei temi di cui si parla di più negli ultimi anni e su cui si è concentrato molto anche il dibattito politico. Tutti ne parlano, ma pochi conoscono davvero la materia. Qual è secondo lei la divergenza più significativa tra la percezione che hanno le persone dei migranti e la realtà?
«Le discrasie sono numerose. Soprattutto è un problema di numeri. Sia politici che giornalisti presentano la migrazione come qualcosa di oceanico e spaventoso parlando di milioni di persone, mentre i numeri sono  molto più bassi. Nelle ipotesi più catastrofiche nei prossimi anni, stimando all’eccesso, potrebbe essere un milione, un milione e mezzo di persone in tutta Europa. Un numero di persone facilmente accoglibile. Il secondo problema è sulle caratteristiche antropologiche del migrante, che parrebbe avere secondo i media un atteggiamento lombrosiano che lo porterebbe a venire in Europa solo per delinquere o compiere attentati, è una semplificazione rozza e strumentale».

Questa frattura tra realtà e percezione è dovuta secondo lei alla strumentalizzazione politica?
«È dovuta soprattutto all’ignoranza della geografia e della storia. La maggioranza degli italiani è purtroppo poco istruita. Provi a fare un esperimento, vada per strada con una carta geografica e chieda ai passanti di indicarle sulla cartina i paesi da cui provengono i migranti, anche in modo sommario. Provi a chiedergli cosa succede in quei paesi che spinge queste persone a fare un “viaggetto” di cinque anni tra pericoli mortali per venire qua. Non le saprà rispondere nessuno. La strumentalizzazione politica di questi temi poi permette a piccole minoranze di esagitati di ottenere visibilità».

Eppure i partiti che soffiano sul fuoco della xenofobia sono in forte ascesa…
«Sono tra il 5 e il 10%, non sono così importanti insomma. Solo la Le Pen prende molti voti, ma fin dal 2012, ed è legata a un movimento fascista francese che c’è da molto prima della migrazione, fin dagli anni ‘40. È una malattia di vecchia data».

Lei ha seguito il cammino dei migranti e ha conosciuto le loro storie, in cosa l’hanno stupita di più?
«Io ho cominciato a occuparmi di migranti nel 2011 facendo l’attraversata con loro. Prima non avevo avuto contatti con i migranti se non legati alle guerre che avevo seguito in paesi come il Sudan. La migrazione è tutta stupore. Un migrante ti stupisce ad ogni suo passo, in ogni sua decisione, per la pazienza, il coraggio, la speranza. Tutto questo è stupefacente. È una esperienza mistica».

Nel suo libro le scrive che “è impossibile chiedersi il perché della migrazione” cosa intende?
«Ogni migrante ha una sua ragione personale e intima che lo spinge a lasciare il suo paese, sono tutte storie diverse. “Ama il prossimo tuo come te stesso” dice la Bibbia, come se ci fosse un prossimo che è tuo e uno che non lo è. Il migrante è il tuo prossimo perché confrontarti con lui ti obbliga a fare i conti anche con te stesso».

Nel libro cita una frase di Albert Camus che dice “la sofferenza non dà diritti”, i migranti partono con l’idea di arrivare in un luogo migliore, con più diritti di quello che li attende?
«Nessuno è più realista del migrante. Hanno speranze, ma nessuna illusione. Sanno che il loro percorso non sarà di gioia ma di sofferenza. Il suo è un mondo di crudeltà, violenza, negazioni e il suo confronto con il male è faccia a faccia».

Quanto hanno influito sui flussi migratori la guerra in Siria e la nascita dell’Isis?
«L’Isis e la sua guerra in Siria hanno provocato una parte della migrazione, ma solo una piccola parte nel complessivo scenario. Anche gli stessi migranti siriani sono diversi tra loro. I poveri arrivano al massimo in Giordania o in Turchia, non hanno speranze di arrivare in Europa, dove invece giungono sono quelli delle classi medio-alte, ma questo stato di benessere iniziale non impedisce loro di morire lungo il viaggio».  

Una cosa che fa riflettere è scoprire la moltitudine diversa delle rotte che seguono i migranti…
«Le rotte dei migranti mutano a seconda degli ostacoli che trovano. Se ci sono impedimenti scalando un’altra montagna, attraversano un altro fiume. Non hanno piani. Quando fece il muro l’Ungheria il giorno dopo erano già in cammino verso la Serbia. Le migrazioni continuamente mutano. Sono i nostri pregiudizi che sono fermi».

Anche in Usa si parla molto di migrazione e Trump ha guadagnato consensi cavalcando queste paure…
«Non sono un esperto di Stati Uniti. Ma ritengo che Trump abbia vinto per molti motivi, non credo che il tema della migrazione sia stato tra i più importanti. C’era un clima di insoddisfazione che era attribuita ai democratici, compreso Obama, l’antipolitica, la crisi… Lo slogan che lo ha fatto vincere non era contro l’immigrazione. Inoltre il muro col Messico c’era già da molti anni e lo aveva costruito il presidente Bill Clinton, un democratico».

In un incontro ha raccontato che il libro che le ha cambiato la vita è stata l’Odissea, un libro che parla di un viaggio, simile per certi versi a quello dei migranti.
«È la storia del viaggio per antonomasia. Vicino a quello dei migranti, ma è anche molto altro. Il migrante è il viaggiatore per eccellenza, perché il vero viaggiatore è quello che muta nel viaggio, non quello che fa il viaggio per confermare le proprie idee. Ulisse fa il viaggio e arriva che è un altro uomo».  

Anche lei, con i suoi viaggi da inviato, è un po’ Ulisse in questo senso…
«Dai viaggi che faccio io si può tornare solo con i pregiudizi e le certezze che si avevano totalmente distrutti…»

L’esodo secondo Quirico: «Il migrante è il vero viaggiatore»

L’inviato de “La Stampa” a Palazzo Rasponi il 21 marzo :«La maggioranza degli italiani è poco istruita, ignora geografia e storia»

QuiricoHa camminato con loro, ha rischiato con loro, passo dopo passo lungo un tragitto che inghiotte migliaia di vite ogni anno. Domenico Quirico, reporter di guerra del quotidiano “La Stampa” ha attraversato le vie dei migranti e ha scritto da questa esperienza Esodo (Neri Pozza). L’autore lo presenterà al pubblico, nell’ambito di “Scritture di Frontiera – Scrittura Festival”, martedì 21 marzo, alle 18, a Palazzo Rasponi delle Teste di Ravenna.

Le migrazione è uno dei temi di cui si parla di più negli ultimi anni e su cui si è concentrato molto anche il dibattito politico. Tutti ne parlano, ma pochi conoscono davvero la materia. Qual è secondo lei la divergenza più significativa tra la percezione che hanno le persone dei migranti e la realtà?
«Le discrasie sono numerose. Soprattutto è un problema di numeri. Sia politici che giornalisti presentano la migrazione come qualcosa di oceanico e spaventoso parlando di milioni di persone, mentre i numeri sono  molto più bassi. Nelle ipotesi più catastrofiche nei prossimi anni, stimando all’eccesso, potrebbe essere un milione, un milione e mezzo di persone in tutta Europa. Un numero di persone facilmente accoglibile. Il secondo problema è sulle caratteristiche antropologiche del migrante, che parrebbe avere secondo i media un atteggiamento lombrosiano che lo porterebbe a venire in Europa solo per delinquere o compiere attentati, è una semplificazione rozza e strumentale».

Questa frattura tra realtà e percezione è dovuta secondo lei alla strumentalizzazione politica?
«È dovuta soprattutto all’ignoranza della geografia e della storia. La maggioranza degli italiani è purtroppo poco istruita. Provi a fare un esperimento, vada per strada con una carta geografica e chieda ai passanti di indicarle sulla cartina i paesi da cui provengono i migranti, anche in modo sommario. Provi a chiedergli cosa succede in quei paesi che spinge queste persone a fare un “viaggetto” di cinque anni tra pericoli mortali per venire qua. Non le saprà rispondere nessuno. La strumentalizzazione politica di questi temi poi permette a piccole minoranze di esagitati di ottenere visibilità».

Eppure i partiti che soffiano sul fuoco della xenofobia sono in forte ascesa…
«Sono tra il 5 e il 10%, non sono così importanti insomma. Solo la Le Pen prende molti voti, ma fin dal 2012, ed è legata a un movimento fascista francese che c’è da molto prima della migrazione, fin dagli anni ‘40. È una malattia di vecchia data».

Lei ha seguito il cammino dei migranti e ha conosciuto le loro storie, in cosa l’hanno stupita di più?
«Io ho cominciato a occuparmi di migranti nel 2011 facendo l’attraversata con loro. Prima non avevo avuto contatti con i migranti se non legati alle guerre che avevo seguito in paesi come il Sudan. La migrazione è tutta stupore. Un migrante ti stupisce ad ogni suo passo, in ogni sua decisione, per la pazienza, il coraggio, la speranza. Tutto questo è stupefacente. È una esperienza mistica».

Nel suo libro le scrive che “è impossibile chiedersi il perché della migrazione” cosa intende?
«Ogni migrante ha una sua ragione personale e intima che lo spinge a lasciare il suo paese, sono tutte storie diverse. “Ama il prossimo tuo come te stesso” dice la Bibbia, come se ci fosse un prossimo che è tuo e uno che non lo è. Il migrante è il tuo prossimo perché confrontarti con lui ti obbliga a fare i conti anche con te stesso».

Nel libro cita una frase di Albert Camus che dice “la sofferenza non dà diritti”, i migranti partono con l’idea di arrivare in un luogo migliore, con più diritti di quello che li attende?
«Nessuno è più realista del migrante. Hanno speranze, ma nessuna illusione. Sanno che il loro percorso non sarà di gioia ma di sofferenza. Il suo è un mondo di crudeltà, violenza, negazioni e il suo confronto con il male è faccia a faccia».

Quanto hanno influito sui flussi migratori la guerra in Siria e la nascita dell’Isis?
«L’Isis e la sua guerra in Siria hanno provocato una parte della migrazione, ma solo una piccola parte nel complessivo scenario. Anche gli stessi migranti siriani sono diversi tra loro. I poveri arrivano al massimo in Giordania o in Turchia, non hanno speranze di arrivare in Europa, dove invece giungono sono quelli delle classi medio-alte, ma questo stato di benessere iniziale non impedisce loro di morire lungo il viaggio».  

Una cosa che fa riflettere è scoprire la moltitudine diversa delle rotte che seguono i migranti…
«Le rotte dei migranti mutano a seconda degli ostacoli che trovano. Se ci sono impedimenti scalando un’altra montagna, attraversano un altro fiume. Non hanno piani. Quando fece il muro l’Ungheria il giorno dopo erano già in cammino verso la Serbia. Le migrazioni continuamente mutano. Sono i nostri pregiudizi che sono fermi».

Anche in Usa si parla molto di migrazione e Trump ha guadagnato consensi cavalcando queste paure…
«Non sono un esperto di Stati Uniti. Ma ritengo che Trump abbia vinto per molti motivi, non credo che il tema della migrazione sia stato tra i più importanti. C’era un clima di insoddisfazione che era attribuita ai democratici, compreso Obama, l’antipolitica, la crisi… Lo slogan che lo ha fatto vincere non era contro l’immigrazione. Inoltre il muro col Messico c’era già da molti anni e lo aveva costruito il presidente Bill Clinton, un democratico».

In un incontro ha raccontato che il libro che le ha cambiato la vita è stata l’Odissea, un libro che parla di un viaggio, simile per certi versi a quello dei migranti.
«È la storia del viaggio per antonomasia. Vicino a quello dei migranti, ma è anche molto altro. Il migrante è il viaggiatore per eccellenza, perché il vero viaggiatore è quello che muta nel viaggio, non quello che fa il viaggio per confermare le proprie idee. Ulisse fa il viaggio e arriva che è un altro uomo».  

Anche lei, con i suoi viaggi da inviato, è un po’ Ulisse in questo senso…
«Dai viaggi che faccio io si può tornare solo con i pregiudizi e le certezze che si avevano totalmente distrutti…»

Deceduta anche la madre, nella sciagura dove ha perso la vita il bimbo di 5 mesi

Alla devastante carambola a Lugo è sopravvisuto solo l’uomo di 25 anni che era alla guida

PoliziaSi aggrava e passa a due il bilancio delle vittime della devastante sbandata di una Fiat Multipla che a Lugo, dopo aver impattato sul cordolo della rotatoria fra via De Brozzi e via Canaletto, verso le 22 di sabato, ha carambolato per decine di metri, con conseguenze mortali per un bimbo di 5 mesi e la madre di 24 anni. Per il piccolo, sbalzato dall’abitacolo sull’asfalto col suo seggiolino, non c’è stato nulla da fare: i primi soccorritori hanno solo potuto constatare la morte sul colpo. La madre, una 24enne di origine bosniaca, e residente a Forlì, è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Lugo per le gravi ferite subite, ma è deceduta qualche ora dopo. Unico sopravvissuto all’incidente, il padre di 25 anni, romeno residente a San Patrizio, che seppure ferito gravemente non sembra essere in pericolo di vita. La Polizia Municipale del lughese sta cercando di ricostruire la dinamica dell’incidente, nel quale non è stato coinvolto nessun altro mezzo. Forse l’unico che potrà raccontare qualcosa sull’accaduto è proprio il giovane 25enne che a quanto pare era alla guida della vettura.

Tormentone Piazza Kennedy: rimossi anche i lampioni montati quattro mesi fa

Interrogazione di Ancisi che parla ironicamente di una situazione “oscura”. L’inaugurazione destinata a slittare ancora?

Piazza Kennedy Che fine ha fatto il nuovo sistema di illuminazione installato quattro mesi fa in piazza Kennedy e rimosso recentemente «senza spiegazioni»? Lo chiede in una interrogazione al Sindaco di Ravenna il consigliere di LpR Alvaro Ancisi. E sembra proprio l’ennesimo sfortunato capitolo della tormentata vicenda della riqualificazione della piazza centrale – che secondo l’esponente dell’opposizione – ora è «all’oscuro», illuminata solo dai pochi faretti sopravvissuti sulle due torri che per quarant’anni hanno dato luce al parcheggio.

Secondo quanto scrive Ancisi il nuovo impianto era formato da 12 “lampioni artistici” in fusione di alluminio e acciaio, variamente sparsi, di cui 9 montati su pali di 6 metri  e 3 su pali di 4,5 metri, costati rispettivamente 2.400 e 1.950 euro cadauno, per un totale, Iva compresa, di 33.489 euro (vedi articolo correlato sui nuovi corpi illuminanti). Ma in una notte la serie dei lampioni è stata smontata senza essere mai stata accesa e collaudata.

Ora si pone anche il problema di un eventuale ulteriore slittamento del cantiere, e dell’apertura al pubblico della piazza che era stata annunciata a febbraio, poi fissata proprio a metà marzo.
«Il progetto esecutivo della nuova piazza Kennedy fu approvato dalla Giunta comunale il 30 aprile 2013, con un cronoprogramma che ne prevedeva l’esecuzione dei lavori entro un anno – precisa il capogruppo di LpR –. Il “tempo totale per la fruibilità dell’opera”, compresi sei mesi per il collaudo, era stato invece fissato in due anni, cioè entro marzo 2015. Dopo i noti sciagurati rinvii, scade oggi, domenica 19 marzo, con singolare coincidenza, il termine ultimo dei lavori. Dopodiché il tecnico esterno, ing. Paolo Nobili, designato come collaudatore il 3 marzo scorso, dovrebbe dar corso al suo incarico. Avrà tempo 90 giorni, da quando gli uffici comunali gli avranno consegnato la documentazione tecnica e amministrativa completa. Questo termine potrà essere interrotto e ripartire dall’inizio solo una volta, qualora gli uffici debbano integrare la documentazione».

Sulla questione è intervenuto con un comunicato alla stampa anche il consigliere territoriale di Forza Italia, Manuel Colafrancesco che scrive: «Sono stato nuovamente contattato dagli esercenti, perché è ormai certissimo un ulteriore ritardo per l’inaugurazione di Piazza Kennedy. La nuova data di inaugurazione ora sembra essere stata spostata a maggio. Ma la fine dei lavori non doveva essere a giugno 2016, poi spostatasi a prima di Natale ed infine a febbraio?». E pone diversi interrogativi: «Quando verranno installati lampioni a norma? Chi paga il doppio montaggio? Che fine esatta farà il locale tecnico che ancora ingombra lo spazio? E infine: quando cavolo la inauguriamo ‘sta piazza»?

Tormentone Piazza Kennedy: rimossi anche i lampioni montati quattro mesi fa

Interrogazione di Ancisi che parla ironicamente di una situazione “oscura”. L’inaugurazione destinata a slittare ancora?

Piazza Kennedy Che fine ha fatto il nuovo sistema di illuminazione installato quattro mesi fa in piazza Kennedy e rimosso recentemente «senza spiegazioni»? Lo chiede in una interrogazione al Sindaco di Ravenna il consigliere di LpR Alvaro Ancisi. E sembra proprio l’ennesimo sfortunato capitolo della tormentata vicenda della riqualificazione della piazza centrale – che secondo l’esponente dell’opposizione – ora è «all’oscuro», illuminata solo dai pochi faretti sopravvissuti sulle due torri che per quarant’anni hanno dato luce al parcheggio.

Secondo quanto scrive Ancisi il nuovo impianto era formato da 12 “lampioni artistici” in fusione di alluminio e acciaio, variamente sparsi, di cui 9 montati su pali di 6 metri  e 3 su pali di 4,5 metri, costati rispettivamente 2.400 e 1.950 euro cadauno, per un totale, Iva compresa, di 33.489 euro (vedi articolo correlato sui nuovi corpi illuminanti). Ma in una notte la serie dei lampioni è stata smontata senza essere mai stata accesa e collaudata.

Ora si pone anche il problema di un eventuale ulteriore slittamento del cantiere, e dell’apertura al pubblico della piazza che era stata annunciata a febbraio, poi fissata proprio a metà marzo.
«Il progetto esecutivo della nuova piazza Kennedy fu approvato dalla Giunta comunale il 30 aprile 2013, con un cronoprogramma che ne prevedeva l’esecuzione dei lavori entro un anno – precisa il capogruppo di LpR –. Il “tempo totale per la fruibilità dell’opera”, compresi sei mesi per il collaudo, era stato invece fissato in due anni, cioè entro marzo 2015. Dopo i noti sciagurati rinvii, scade oggi, domenica 19 marzo, con singolare coincidenza, il termine ultimo dei lavori. Dopodiché il tecnico esterno, ing. Paolo Nobili, designato come collaudatore il 3 marzo scorso, dovrebbe dar corso al suo incarico. Avrà tempo 90 giorni, da quando gli uffici comunali gli avranno consegnato la documentazione tecnica e amministrativa completa. Questo termine potrà essere interrotto e ripartire dall’inizio solo una volta, qualora gli uffici debbano integrare la documentazione».

Sulla questione è intervenuto con un comunicato alla stampa anche il consigliere territoriale di Forza Italia, Manuel Colafrancesco che scrive: «Sono stato nuovamente contattato dagli esercenti, perché è ormai certissimo un ulteriore ritardo per l’inaugurazione di Piazza Kennedy. La nuova data di inaugurazione ora sembra essere stata spostata a maggio. Ma la fine dei lavori non doveva essere a giugno 2016, poi spostatasi a prima di Natale ed infine a febbraio?». E pone diversi interrogativi: «Quando verranno installati lampioni a norma? Chi paga il doppio montaggio? Che fine esatta farà il locale tecnico che ancora ingombra lo spazio? E infine: quando cavolo la inauguriamo ‘sta piazza»?

Tormentone Piazza Kennedy: rimossi anche i lampioni montati quattro mesi fa

Interrogazione di Ancisi che parla ironicamente di una situazione “oscura”. L’inaugurazione destinata a slittare ancora?

Piazza Kennedy Che fine ha fatto il nuovo sistema di illuminazione installato quattro mesi fa in piazza Kennedy e rimosso recentemente «senza spiegazioni»? Lo chiede in una interrogazione al Sindaco di Ravenna il consigliere di LpR Alvaro Ancisi. E sembra proprio l’ennesimo sfortunato capitolo della tormentata vicenda della riqualificazione della piazza centrale – che secondo l’esponente dell’opposizione – ora è «all’oscuro», illuminata solo dai pochi faretti sopravvissuti sulle due torri che per quarant’anni hanno dato luce al parcheggio.

Secondo quanto scrive Ancisi il nuovo impianto era formato da 12 “lampioni artistici” in fusione di alluminio e acciaio, variamente sparsi, di cui 9 montati su pali di 6 metri  e 3 su pali di 4,5 metri, costati rispettivamente 2.400 e 1.950 euro cadauno, per un totale, Iva compresa, di 33.489 euro (vedi articolo correlato sui nuovi corpi illuminanti). Ma in una notte la serie dei lampioni è stata smontata senza essere mai stata accesa e collaudata.

Ora si pone anche il problema di un eventuale ulteriore slittamento del cantiere, e dell’apertura al pubblico della piazza che era stata annunciata a febbraio, poi fissata proprio a metà marzo.
«Il progetto esecutivo della nuova piazza Kennedy fu approvato dalla Giunta comunale il 30 aprile 2013, con un cronoprogramma che ne prevedeva l’esecuzione dei lavori entro un anno – precisa il capogruppo di LpR –. Il “tempo totale per la fruibilità dell’opera”, compresi sei mesi per il collaudo, era stato invece fissato in due anni, cioè entro marzo 2015. Dopo i noti sciagurati rinvii, scade oggi, domenica 19 marzo, con singolare coincidenza, il termine ultimo dei lavori. Dopodiché il tecnico esterno, ing. Paolo Nobili, designato come collaudatore il 3 marzo scorso, dovrebbe dar corso al suo incarico. Avrà tempo 90 giorni, da quando gli uffici comunali gli avranno consegnato la documentazione tecnica e amministrativa completa. Questo termine potrà essere interrotto e ripartire dall’inizio solo una volta, qualora gli uffici debbano integrare la documentazione».

Sulla questione è intervenuto con un comunicato alla stampa anche il consigliere territoriale di Forza Italia, Manuel Colafrancesco che scrive: «Sono stato nuovamente contattato dagli esercenti, perché è ormai certissimo un ulteriore ritardo per l’inaugurazione di Piazza Kennedy. La nuova data di inaugurazione ora sembra essere stata spostata a maggio. Ma la fine dei lavori non doveva essere a giugno 2016, poi spostatasi a prima di Natale ed infine a febbraio?». E pone diversi interrogativi: «Quando verranno installati lampioni a norma? Chi paga il doppio montaggio? Che fine esatta farà il locale tecnico che ancora ingombra lo spazio? E infine: quando cavolo la inauguriamo ‘sta piazza»?

Scuola superiore: 3.259 nuovi iscritti per settembre, 4 su 10 al liceo

I dati provinciali del ministero: non decolla il corso in Trasporti e logistica dell’Itis. In totale con elementari e medie 10.255 alunni

Il liceo non ha perso appeal ed è ancora la scuola verso cui si indirizza la maggior parte degli studenti. È quanto emerge dai dati diffusi qualche giorno fa dal sito regionale del ministero dell’Istruzione riguardo ai 3.259 alunni iscritti alle superiori della provincia di Ravenna. Dati quasi definitivi, suscettibili di variazioni di poche unità, dopo quelli diffusi a febbraio che riguardavano invece le sole iscrizioni online.

I numeri raccontano che a Ravenna 1.398 ragazzi si sono iscritti ad un liceo per il primo anno. Lo scorso anno erano tre in meno. Fatto salve le variazioni, possiamo dire che le iscrizioni sono in linea con il 2016. La maggior parte degli alunni sceglie lo Scientifico (514 iscrizioni), seguito dal Linguistico (307). Terza piazza per l’Artistico che negli ultimi due anni ha avuto un trend di forte crescita, passando dai 205 “primini” del 2015 ai 236 dello scorso anno fino ai 250 che entreranno in classe il prossimo settembre. Cala il liceo delle Scienze Umane (210 iscritti, 27 in meno dello scorso anno) mentre si accomoderanno ai banchi del Classico in 117, con un discreto aumento rispetto al 2016, quando di questi tempi i moduli di iscrizione erano 92.

Gli aspiranti tecnici sono invece 1.185, con un aumento di 55 unità. In 443 sperano di diventare Ragionieri (122 dei quali iscritti al corso ad indirizzo turistico). All’Itis va forte l’Informatica (129), seguita da Elettronica-elettrotecnica (125) e dalla Meccatronica (119). Indietro Chimica (47). Per ora, nonostante la presenza del porto, solo sette ragazzi hanno optato per Trasporti e logistica che invece in altre città va benissimo (a Forlì-Cesena ci sono ad esempio 116 alunni).

Al Morigia-Perdisa (geometri-agraria) continua il boom dell’indirizzo di Grafica e Comunicazione: in 108 hanno scelto questa specializzazione (lo scorso anno gli iscritti erano addirittura 145) che ha ormai surclassato i corsi classici dei due istituti, vale a dire Agraria (86) e Costruzioni (80). Non attira invece il sistema Moda (anche qui solo sette iscritti).

Alle scuole professionali entreranno in 539, la maggior parte dei quali ha scelto l’Alberghiero (249). Il resto si divide tra le scuole ad indirizzo commerciale (165) o dedicate ad industria e artigianato (137), unite a Ravenna sotto la Callegari-Olivetti. In 90 hanno scelto invece l’indirizzo dedicato all’Agricoltura. Chiudono il quadro i 35 futuri alunni dei Servizi Socio-Sanitari.

Per quanto riguarda la scuola elementare, i nuovi iscritti a Ravenna sono 3.497 (209 alle paritarie). Di questi, in 1.877 hanno scelto il tempo pieno. Gli iscritti alle medie sono invece 3.499, e 278 hanno optato per l’indirizzo musicale

Ecco i prezzi a Ravenna con la ripresa che non c’è

Dai dati dell’Osservatorio comunale all’inflazione Istat, la più bassa di tutta l’Emilia-Romagna. A fine 2016 eravamo ancora in deflazione

Nel gennaio del 2007 andare al ristorante a Ravenna e ordinare una pizza e una bibita costava in media 7,47 euro. Dieci anni dopo il medesimo menù richiede quasi due euro in più, che in termini percentuali significa un aumento del 25 per cento. Se poi ci si ferma al bar per un caffè si spendono 16 centesimi in più rispetto ad allora, con un incremento medio del 17,78 per cento. In mezzo, dieci anni di dinamica dei prezzi sul territorio comunale che raccontano una fase di forte aumento, una stagnazione lunga tre anni (dal 2012 al 2014) e poi di nuovo un lieve incremento che coincide con la “ripresina” che stiamo vivendo.

A raccontare questa storia è uno strumento che il Comune studiò alla fine de 2006: era l’Osservatorio dei prezzi. Serviva a tenere sotto controllo il carovita nell’ambito dell’iniziativa “Brava! Ravenna”, caduta nel dimenticatoio dal 2011, quando altri problemi hanno toccato il tessuto economico locale e nazionale. L’Osservatorio è però rimasto in piedi: le imprese aderenti continuano a fornire i dati che vengono aggiornati mensilmente e caricati sul sito.
Per la nostra analisi abbiamo selezionato quattro prodotti fondamentali: acqua, latte, pane e pasta. Uno che riguarda l’igiene intima – la carta igienica – due servizi (caffè e pizza di cui parlavamo prima) e i prezzi per muoversi tramite mezzo pubblico o in auto, analizzando il costo di benzina e gasolio.

Prendendo il primo e l’ultimo dato disponibile si ha il quadro della situazione nel decennio: cali non ce ne sono stati ma ci sono alcuni casi emblematici. Il latte, ad esempio: un litro costa appena due centesimi in più rispetto al 2007. Dato da appuntare per capire le proteste degli allevatori italiani che lamentano la difficoltà ad andare avanti con questa dinamica dei prezzi. Dall’altro lato della bilancia c’è un servizio pubblico: il biglietto urbano del bus costava 85 centesimi nel 2007 mentre oggi si compra ad 1,3 euro. Il 52,94 per cento in più. Il caro carburante ha inciso: gli aumenti sono stati deliberati nel 2012 e nel 2014, quando la corsa dei prezzi di benzina e gasolio è arrivata all’apice (1,74 e 1,69 euro medi al litro). Negli ultimi anni, però, il costo del pieno è sceso ai livelli del 2011, quando il biglietto del bus costava un euro.

Tra i generi alimentari l’aumento in termini percentuali maggiore è quello della pasta (+27,13 per cento), con pane e acqua attorno al dieci percento. Quattro rotoli di carta igienica costavano 1,36 euro, oggi quasi due, con un incremento del 46,32 per cento.
Vale la pena tornare a soffermarsi sulla tazzina di caffè al bar, spesso considerata il termometro dell’inflazione. In tanti ricorderanno le mitiche 1.600 lire che nel 2002 si trasformarono in 83 centesimi, ben presto arrotondati in 85. Tale rimase il prezzo dell’espresso fino al 2007, quando aumentò a 90 centesimi. Uno scatto in vista del rilancio nel biennio successivo, in “zona euro”. La corsa della tazzina non si è fermata con le avvisaglie di crisi e tra il 2011 e il 2013 un altro ritocchino l’ha portata in molti bar a 1,1 euro, con prezzo medio attorno a 1,08. La crisi economica ha frenato lo slancio e i nuovi locali che aprono difficilmente propongono il caffè a più di un euro, con alcune attività che l’hanno riportato anche a 90 centesimi.

I dati dell’Osservatorio hanno un valore importante dal punto di vista pragmatico, ma se si vuole un’analisi scientifica dell’inflazione in città bisogna consultare la banca dati Istat che ogni mese diffonde l’indice Nic (intera collettività) tendenziale e congiunturale. Il primo riguarda il confronto con l’anno precedente, il secondo indica la variazione mensile dei prezzi. Ravenna a febbraio del 2017 ha conosciuto un aumento dello 0,1 per cento rispetto a gennaio e dello 0,3 annuo (al netto dei tabacchi). Quest’ultimo dato è il più basso dell’intera regione, pari soltanto a quello di Reggio Emilia. Nelle altre città la ripresa inflattiva è stata più forte: a Rimini dell’1,1 per cento, a Forlì-Cesena dello 0,5 per cento. A livello regionale l’inflazione più alta è a Ferrara (1,3 per cento) con il capoluogo Bologna a 0,6 per cento. Tra le voci del paniere ancora in calo i servizi ricettivi e di ristorazione (-1,2 per cento). Aumenta il peso del carrello della spesa ma ancora di poco: appena lo 0,7 per cento mentre in tutte le altre città (Reggio a parte) la crescita è stata superiore all’1 per cento, con picchi a Ferrara (3,5) e Forlì-Cesena (2,5). La scarsa inflazione indica una ripresa che ancora fatica a radicarsi in una città, Ravenna, che storicamente aveva il prezzo della vita tra i più alti in Italia. Eppure alla fine del 2016 era l’unica città capoluogo di dimensione superiore ai 150mila abitanti ad essere ancora in deflazione.

Per gli economisti, l’inflazione sana è attorno al due per cento, che a Ravenna si toccava senza difficoltà una decina di anni fa. L’indice correva anche troppo, arrivando al 4 per cento nell’estate del 2011. Tanto che, presentando l’Osservatorio dei prezzi, il Comune ricordava la “fase positiva di sviluppo” che si stava vivendo nel 2006 con il problema di un territorio che stava avvertendo “gli effetti dell’ascesa costante del carovita”. Parole di un’altra era, a leggerle oggi.

Auto sbanda alla rotatoria: muore bimbo di 5 mesi, gravi i genitori

Coinvolta solo la vettura su cui viaggiava la famiglia

Un bambino di cinque mesi è morto e i genitori di 24 e 25 anni sono ricoverati in ospedale in gravi condizioni per un incidente stradale avvenuto verso le 22 del 18 marzo alle porte di Lugo, in via De Brozzi. Non risultano coinvolti altri veicoli nell’incidente: i segni lasciati sull’asfalto lasciano ipotizzare, secondo le prime ricostruzioni, che nei pressi di una rotatoria il conducente abbia sbandato innescando una carambola conclusasi solo decine di metri più avanti. Sul posto polizia municipale e vigili del fuoco.

Ecco i prezzi a Ravenna con la ripresa che non c’è

Dai dati dall’Osservatorio comunale all’inflazione Istat, la più bassa di tutta l’Emilia-Romagna. A fine 2016 eravamo ancora in deflazione.

SpesaNel gennaio del 2007 andare al ristorante a Ravenna e ordinare una pizza e una bibita costava in media 7,47 euro. Dieci anni dopo il medesimo menù richiede quasi due euro in più, che in termini percentuali significa un aumento del 25 per cento. Se poi ci si ferma al bar per un caffè si spendono 16 centesimi in più rispetto ad allora, con un incremento medio del 17,78 per cento. In mezzo, dieci anni di dinamica dei prezzi sul territorio comunale che raccontano una fase di forte aumento, una stagnazione lunga tre anni (dal 2012 al 2014) e poi di nuovo un lieve incremento che coincide con la “ripresina” che stiamo vivendo.

A raccontare questa storia è uno strumento che il Comune studiò alla fine de 2006: era l’Osservatorio dei prezzi. Serviva a tenere sotto controllo il carovita nell’ambito dell’iniziativa “Brava! Ravenna”, caduta nel dimenticatoio dal 2011, quando altri problemi hanno toccato il tessuto economico locale e nazionale. L’Osservatorio è però rimasto in piedi: le imprese aderenti continuano a fornire i dati che vengono aggiornati mensilmente e caricati sul sito.
Per la nostra analisi abbiamo selezionato quattro prodotti fondamentali: acqua, latte, pane e pasta. Uno che riguarda l’igiene intima – la carta igienica – due servizi (caffè e pizza di cui parlavamo prima) e i prezzi per muoversi tramite mezzo pubblico o in auto, analizzando il costo di benzina e gasolio.

Prendendo il primo e l’ultimo dato disponibile si ha il quadro della situazione nel decennio: cali non ce ne sono stati ma ci sono alcuni casi emblematici. Il latte, ad esempio: un litro costa appena due centesimi in più rispetto al 2007. Dato da appuntare per capire le proteste degli allevatori italiani che lamentano la difficoltà ad andare avanti con questa dinamica dei prezzi. Dall’altro lato della bilancia c’è un servizio pubblico: il biglietto urbano del bus costava 85 centesimi nel 2007 mentre oggi si compra ad 1,3 euro. Il 52,94 per cento in più. Il caro carburante ha inciso: gli aumenti sono stati deliberati nel 2012 e nel 2014, quando la corsa dei prezzi di benzina e gasolio è arrivata all’apice (1,74 e 1,69 euro medi al litro). Negli ultimi anni, però, il costo del pieno è sceso ai livelli del 2011, quando il biglietto del bus costava un euro.

Tra i generi alimentari l’aumento in termini percentuali maggiore è quello della pasta (+27,13 per cento), con pane e acqua attorno al dieci percento. Quattro rotoli di carta igienica costavano 1,36 euro, oggi quasi due, con un incremento del 46,32 per cento.
Vale la pena tornare a soffermarsi sulla tazzina di caffè al bar, spesso considerata il termometro dell’inflazione. In tanti ricorderanno le mitiche 1.600 lire che nel 2002 si trasformarono in 83 centesimi, ben presto arrotondati in 85. Tale rimase il prezzo dell’espresso fino al 2007, quando aumentò a 90 centesimi. Uno scatto in vista del rilancio nel biennio successivo, in “zona euro”. La corsa della tazzina non si è fermata con le avvisaglie di crisi e tra il 2011 e il 2013 un altro ritocchino l’ha portata in molti bar a 1,1 euro, con prezzo medio attorno a 1,08. La crisi economica ha frenato lo slancio e i nuovi locali che aprono difficilmente propongono il caffè a più di un euro, con alcune attività che l’hanno riportato anche a 90 centesimi.

SupermarketI dati dell’Osservatorio hanno un valore importante dal punto di vista pragmatico, ma se si vuole un’analisi scientifica dell’inflazione in città bisogna consultare la banca dati Istat che ogni mese diffonde l’indice Nic (intera collettività) tendenziale e congiunturale. Il primo riguarda il confronto con l’anno precedente, il secondo indica la variazione mensile dei prezzi. Ravenna a febbraio del 2017 ha conosciuto un aumento dello 0,1 per cento rispetto a gennaio e dello 0,3 annuo (al netto dei tabacchi). Quest’ultimo dato è il più basso dell’intera regione, pari soltanto a quello di Reggio Emilia. Nelle altre città la ripresa inflattiva è stata più forte: a Rimini dell’1,1 per cento, a Forlì-Cesena dello 0,5 per cento. A livello regionale l’inflazione più alta è a Ferrara (1,3 per cento) con il capoluogo Bologna a 0,6 per cento. Tra le voci del paniere ancora in calo i servizi ricettivi e di ristorazione (-1,2 per cento). Aumenta il peso del carrello della spesa ma ancora di poco: appena lo 0,7 per cento mentre in tutte le altre città (Reggio a parte) la crescita è stata superiore all’1 per cento, con picchi a Ferrara (3,5) e Forlì-Cesena (2,5). La scarsa inflazione indica una ripresa che ancora fatica a radicarsi in una città, Ravenna, che storicamente aveva il prezzo della vita tra i più alti in Italia. Eppure alla fine del 2016 era l’unica città capoluogo di dimensione superiore ai 150mila abitanti ad essere ancora in deflazione.

Per gli economisti, l’inflazione sana è attorno al due per cento, che a Ravenna si toccava senza difficoltà una decina di anni fa. L’indice correva anche troppo, arrivando al 4 per cento nell’estate del 2011. Tanto che, presentando l’Osservatorio dei prezzi, il Comune ricordava la “fase positiva di sviluppo” che si stava vivendo nel 2006 con il problema di un territorio che stava avvertendo “gli effetti dell’ascesa costante del carovita”. Parole di un’altra era, a leggerle oggi.

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